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Tom Clancy's The Division 2 - prova

Tattiche di guerriglia all'ombra della Casa Bianca.

Nel corso del biennio successivo al lancio, il primo capitolo di The Division è cresciuto di pari passo con i suoi utenti, rispondendo pian piano alle esigenze tecniche e pescando a piene mani dai feedback, innestando contenuti aggiuntivi e rimodellando l'equilibrio dell'esperienza. Purtroppo, sono stati in pochi a tendere la mano all'universo persistente di Ubisoft fino agli ultimi battiti, e gran parte della user base aveva abbandonato Manhattan fin dalla release del primo "raid", a poche settimane di distanza dalla scoperta della Time Square contaminata.

Esodo a parte, il lavoro di Massive riusciva ad esercitare una buona dose di magnetismo, e ancora oggi ricordiamo con immenso piacere le ore trascorse nel cuore della Zona Nera. Mentre ci facevamo guidare dal sibilare dei proiettili verso un nuovo punto di interesse, le pale degli elicotteri interrompevano il silenzio delle Avenue deserte, e la tensione acquistava consistenza di fronte ad ogni singolo giocatore incontrato. Sensazioni che abbiamo ritrovato nel corso della nostra prova, avendo potuto testare non una, ma ben due Zone Nere distinte.

Cosa sapevamo di The Division 2? Abbandonata la capitale economica degli Stati Uniti, la Divisione si sarebbe trasferita a Washington, casa del potere politico ma, al tempo stesso, metropoli decisamente meno riconoscibile rispetto alla Grande Mela. Questo era il nostro primo dubbio: la sede del Campidoglio sarebbe riuscita a risultare attraente quanto la celebre New York? Per quello che abbiamo visto, le nostre incertezze si sono dimostrate infondate: la città può contare su una varietà di ambientazioni inaspettata, dai verdeggianti quartieri europei della Union Station fino ai cunicoli allagati che circondano le rive del Potomac River.

Rispetto al primo capitolo, troveremo a combattere in ambientazioni più varie.

Cosa avranno imparato Massive e Ubisoft dall'esperienza maturata con il primo episodio e dall'inglorioso debutto del "cugino" Destiny 2? È veramente possibile presentarsi fin dal primo giorno con un'offerta capace di accompagnare gli utenti per un periodo soddisfacente? Non abbiamo ancora elementi a sufficienza per darvi una risposta univoca, ma non possiamo che essere fiduciosi: all'E3 2018, infatti, è emerso che le prime iniezioni di contenuti saranno completamente gratuite.

Ancor prima di gettarci nel vivo della Zona Nera, abbiamo imparato parecchio di The Division 2 semplicemente sbirciando i menù e giocando con i loadout. Elemento cardine dell'esperienza sembra essere il sistema di progressione, questa volta piuttosto incisivo e capace di dare vita a vere e proprie build ramificate. I personaggi "endgame", ad esempio, potevano contare su una fra tre specializzazioni chiave: un cecchino dotato di fucile calibro .50, un survivalista che imbracciava una balestra e un demolitore che poteva fare affidamento nientemeno che su un lanciagranate.

Inutile dire che, utilizzando una tra le suddette armi, il gameplay riesce a premiare gli approcci più disparati, deviando efficacemente dal semplice gioco di copertura. Un fattore, questo, reso ancor più interessante dall'intelligenza artificiale, che sembra ormai distante dal modello di semplice "spugna" per proiettili; gli interminabili scontri a fuoco sono solamente un ricordo lontano, e anche i boss nominati, una volta persa la corazza, cadono dopo un paio di colpi alla testa.

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Tornano in grande spolvero anche le abilità attive, quelle tradizionalmente assegnate ai pulsanti dorsali, ricordate? Mina a ricerca, impulso e via dicendo. Alcune, come l'iniezione medica, sembrano essere uscite di scena per decentralizzare il meta-game; in ogni caso, ognuna delle skill a nostra disposizione poteva essere ulteriormente modificata: abbiamo visto una torretta robot trasformarsi in un letale lanciafiamme, un drone d'assalto convertirsi in misura di primo soccorso e il classico impulso visivo arricchirsi di una terrificante scossa elettrica.

Stando alle parole degli sviluppatori, le specializzazioni "rappresentano il primo passo della crescita post trama" e costituiscono il fulcro dei sentieri che ogni agente avrà la libertà di percorrere una volta alle porte dell'endgame. In sostanza, dimenticato il Tactical Link e le altre Ultimate Abilities, il sistema di progressione cresce attorno alla nuova arma di classe, mentre le skill complementari si possono declinare a seconda della specializzazione scelta; oltre al nostro agente, infatti, ogni strumento può essere personalizzato tanto esteticamente quanto meccanicamente.

Il feed dei colpi è soddisfacente e, dal punto di vista dello shooting, si tratta senza dubbio del migliore sistema di sparatorie prodotto da Ubisoft in epoca recente: le rose dei fucili a pompa funzionano in modo corretto (esito sempre meno scontato nel mondo dei videogiochi), i fucili semiautomatici hanno un rinculo realistico, mentre i full auto si comportano proprio come ci si dovrebbe aspettare.

L'endgame punterà molto sullo sviluppo delle specializzazioni.

Tra AUG, Scar e compagnia c'è spazio anche per varianti esotiche che monopolizzeranno l'attenzione nell'endgame, e l'AK-47 che ci ha accompagnati per le scorribande nella Union Station ci è rimasto particolarmente impresso. A questo proposito, la sensazione che si prova quando si recidono le corde cariche di loot e pronte a decollare sugli elicotteri della Divisione non ha prezzo, e il nuovo sistema di Clan punta ad incoraggiare orde di agenti a tendersi terribili imboscate.

In totale, sono tre le aree di silenzio radio all'interno dei confini di Washington DC: una a ovest, nei paraggi della Union Station, una a sud, lungo le rive del Potomac, ed un'ultima a est nella zona di Georgetown che non abbiamo potuto esplorare. Ognuna delle sopracitate può contare su una componente narrativa dedicata della quale abbiamo avuto un piccolo assaggio nella forma della misteriosa polvere gialla DC-62, agente chimico che copriva parte del territorio. Ricordate il vostro primo ingresso nella Zona Nera di Manhattan? Noi sì: l'atmosfera diventava improvvisamente più cupa nel cuore del labirinto fatto di grattacieli, mentre i tombini fumanti nascondevano la silhouette delle squadre di agenti pronti a pugnalarci alle spalle.

La situazione, in Columbia, è piuttosto diversa: fin dal primo ingresso nella Zona Nera est ci siamo trovati di fronte ad un'area aperta e luminosa, verdeggiante ed europea. Alcune piante crescevano in mezzo alle strade deserte, mentre gli edifici abbandonati cominciavano a mostrare il peso del tempo sotto i raggi di un timido sole primaverile. Insomma: uno sfondo decisamente atipico per i saccheggi degli agenti divenuti Rogue, eppure efficace nel comunicare il collasso della società tradizionale.

La sensazione che si prova entrando nella Zona Nera in Columbia è ben diversa da quella che si prova a New York.

Il blocco più a sud, vicino al Lincoln Memorial, sembrava invece una zona di guerra: l'asfalto cedevole aveva lasciato il posto a grossi crateri ormai invasi dall'acqua, mentre binari arrugginiti correvano lungo gallerie silenziose e condotti sotterranei. L'attenzione dedicata al world design è l'elemento che ci ha maggiormente colpiti: le auto abbandonate in fretta e furia in mezzo alle tipiche highway non erano semplici coperture, ma eterne testimonianze dei giorni della caduta, esaltate da un'ottima gestione dell'illuminazione. Insomma: il dedalo dei grattacieli di New York era visivamente impressionante, ma i panorami di Washington hanno dato modo a Massive di giocare con ambientazioni decisamente più duttili e diversificate, portando l'azione non solo per le strade ma anche sotto, sopra e attorno ad esse.

Cosa accade in concreto nella Zona Nera? L'esperienza cooperativa PvE ci è parsa il risultato di una semplice limatura rispetto a quella del capitolo precedente: i classici punti di interesse viola continuano ad ospitare orde di nemici capeggiate da avversari particolarmente agguerriti. L'intero processo è divenuto parte di una sorta di catena: una volta eliminato un boss, sarà segnalato un nuovo obiettivo nella costante rincorsa al drop successivo, e ripetendo l'operazione un certo numero di volte si guadagna la possibilità di partecipare a eventi unici ancor più remunerativi. Tra una disinfestazione e l'altra, capita di imbattersi in casse di rifornimenti, terminali e materiali che faranno la fortuna dei lupi solitari, essendo obiettivi decisamente più abbordabili e soprattutto lontani da sguardi indiscreti.

L'offerta, infatti, è condita dall'incognita rappresentata dalle altre squadre di agenti, e la formula PvP dormiente è senza dubbio la meccanica più piccante del gameplay. Se è vero che diventare Rogue, ovvero tradire la Divisione, è oramai un'azione ad attivazione, è anche vero che sono stati aggiunti tre diversi livelli d'infamia, ognuno con i suoi rischi e le sue ricompense. Esistono crimini meno gravi di altri, e un "Rogue grigio", indicato da un teschio del colore corrispondente, potrebbe ad esempio essersi macchiato di semplice furto o di sabotaggio. Attenzione però: fin dal grado più basso, un Rogue è libero di abbattere un collega in qualsiasi momento.

La formula PvP è al momento la meccanica più interessante del gameplay.

L'omicidio di un altro agente fa impennare la popolarità del personaggio, contrassegnandolo con un flag rosso; se poi doveste lasciarvi andare alla sete di sangue, magari sottraendo loot nel corso di un'estrazione ed abbattendo un'intera squadra, avrà inizio la vera e propria caccia all'uomo: tutti i giocatori nel server verranno a conoscenza della vostra posizione e, fidatevi, le proveranno tutte per accaparrarsi la taglia.

Al tempo stesso, il compito del Rogue consiste nel raggiungere alcuni terminali disseminati agli angoli delle mappe per azzerare lo status di ricercato ed intascare un premio particolarmente corposo. Viene da sé che si tratta di un'operazione estremamente difficile da portare a termine: sterminare almeno cinque giocatori senza morire, sfuggire alle loro grinfie e accedere indisturbati ai server della Divisione è un'impresa destinata esclusivamente ai Rogue più preparati, pertanto ci aspettiamo ricompense all'altezza dell'incalcolabile sforzo richiesto.

La parola d'ordine nella Zona Nera è normalizzazione: le caratteristiche dei personaggi sono completamente bilanciate, e il gioco appiattisce tutte le differenze tra le statistiche degli agenti nel server. Dite addio alle scuse del tipo "era ad un livello più alto del mio", perché in The Division 2 l'unica cosa che conta è la nuda abilità con le bocche da fuoco. A cosa serve, quindi, il sistema di progressione? A intervalli regolari, una Zona Nera assumerà lo status di territorio occupato diventando un'area estremamente pericolosa e pensata unicamente per mettere alla prova le build più devastanti: il fuoco amico, ad esempio, sarà attivato, e l'ambiente di gioco garantirà un livello di sfida mai incontrato nella serie.

Non vi preoccupate di incontrare nella Zona Nera un giocatore di livello troppo alto.

L'esperienza legata al PvP duro e puro, invece, corre su binari paralleli rispetto al resto dell'offerta e può contare su un sistema di ricompense esclusive. Dobbiamo ammettere che si tratta di una formula molto interessante, capace di ricordarci la filosofia TPS della tradizione: le mappe sono perfettamente simmetriche e i punti di controllo sono sapientemente posizionati per non sbilanciare la partita. L'unica pecca risiede nella possibilità di macinare spawn kill dal momento che, nella build da noi testata, era presente un'unica zona di rinascita per squadra, ed era molto facile costringere il nemico a chiudersi in difesa.

La novità più gradita risiede nel bilanciamento delle abilità, e non è mai capitato che ci sentissimo schiacciati dallo strapotere delle skill avversarie. In parole povere, non abbiamo mai incontrato nemici che diventassero invincibili alla semplice pressione di un tasto, situazione che si verificava troppo di frequente negli scontri a fuoco del primo episodio. Nel complesso, l'intera esperienza di shooting sembra uscirne rafforzata, essendo più realistica e decisamente più veloce, oltre a richiedere skill meccanica e un buon grado di gioco di squadra.

Insomma, i pochi elementi che avevamo a disposizione per dare un giudizio preliminare su The Division 2 sono stati in grado di soddisfarci pienamente. Tuttavia, si tratta di quelle stesse sezioni di gameplay che ci avevano convinti maggiormente anche all'epoca della prima release: il titolo di Massive offre un'esperienza PvPvE solida, ma non saranno certo queste meccaniche a decretarne il successo nel lungo periodo.

Gestire un Game as a Service è un'operazione estremamente delicata, al punto che nessuna software house, dopo la prematura morte di Destiny, è riuscita nuovamente a monopolizzare il mercato. Che sia The Division 2 il tanto atteso nuovo fenomeno del genere? Per il momento, è senza dubbio uno tra i candidati più quotati.

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Lorenzo Mancosu

Editor-in-Chief

Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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