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Games Industry Day: AESVI fa il punto sullo stato dell'arte del videogioco italiano - articolo

Grazie al quarto censimento degli sviluppatori italiani, scopriamo che direzione ha preso l'industria.

A più di un anno dalla sua ultima edizione, che si era tenuta nella bellissima cornice dell'Acquario Romano nel novembre del 2017, AESVI è tornata a riunire nella stessa sede sviluppatori e figure istituzionali nell'ambito del Games Industry Day 2019, incontro volto a fare il punto sullo stato dell'arte dell'industria italiana del videogioco. All'interno della Casa del Cinema di Roma, nel verde di Villa Borghese, i rappresentanti del parlamento e gli studi di sviluppo hanno potuto dialogare sulle problematiche e sulle opportunità del settore, mai così in salute come in questo momento.

L'evento è stato patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a testimonianza del fatto che l'industria è finalmente riuscita a cogliere l'attenzione e l'interesse delle istituzioni. Nel corso del Games Industry Day 2019 AESVI ha inoltre presentato i risultati del quarto censimento dei game developer italiani, commissionato a un gruppo di lavoro del CRIET, il Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio dell'Università Milano-Bicocca.

Il censimento, il quarto di questo tipo dopo quelli del 2011, 2014 e 2016, ha l'obiettivo di monitorare lo stato dell'industria dei videogiochi in Italia, che ancora una volta si dimostra però in netto ritardo rispetto a quelle di altri paesi europei come Inghilterra, Francia, Germania e Polonia. L'indagine ha coinvolto 127 soggetti e ha confermato come nel nostro paese il settore sia composto in larga parte da micro imprese (82%), con una media di 8 addetti per ciascuno studio, mentre solo il 7% delle aziende impiega più di 20 persone.

Si consolida l'età media dei game developer italiani, che passa dai 33 anni nel 2016 ai 36 nel 2018, mentre la maggior parte delle aziende attive nello sviluppo dei videogiochi è ancora molto giovane: solo 1 studio su 5 è attivo da più di 8 anni, e ben il 50% di tutte le aziende intervistate è in attività da un periodo compreso tra 1 e 3 anni. La Lombardia si propone ancora una volta come vero e proprio polo dello sviluppo italiano, ospitando 41 imprese (solo a Milano hanno sede il 23% degli studi). Al secondo posto troviamo il Lazio (18 aziende) seguito dall'Emilia-Romagna (13) e dalla Campania (10).

Le modeste dimensioni degli studi operanti in Italia si rispecchiano inoltre nel loro stesso fatturato, che solo in rarissimi casi (11%) supera i 500 mila euro annui. Nel 2017, infatti, il 66% degli intervistati ha dichiarato di aver registrato un fatturato inferiore a 100 mila euro e solo 5 aziende sull'intero campione hanno incassato più di 2 milioni di euro, sintomo di come il tessuto produttivo italiano, anche nel settore dei videogiochi, sia dominato dalle PMI.

Thalita Malagò (direttore generale di AESVI) e Mauro Fanelli (rappresentante developer di AESVI) hanno affrontato durante il primo panel del giorno alcune macro criticità del settore segnalate dallo studio, che rischiano di rallentare inevitabilmente lo sviluppo dell'industria nei prossimi anni. Tra i problemi principali affrontati dai developer vi è sicuramente la carenza di cultura imprenditoriale all'interno del management, spesso ricco di conoscenze tecniche ed artistiche ma con ridotte nozioni di marketing e di gestione d'impresa.

Questo fattore viene evidenziato all'interno del censimento, nella sezione che parla del background formativo degli sviluppatori: gli ambiti prevalenti di studio sono di natura tecnico-ingegneristica, laddove il personale che proviene da facoltà di economia e giurisprudenza rappresenta l'8% del campione. Diventa evidente che il settore necessiti di figure professionali dedicate al management aziendale, che possano favorire la sopravvivenza degli studi italiani all'interno dell'ambiente internazionale e ultra competitivo dello sviluppo di videogiochi.

Tra le altre criticità, i developer lamentano una generale difficoltà nell'attrarre investitori internazionali che possano, ad esempio, occuparsi della pubblicazione. Grazie al censimento apprendiamo che la stragrande maggioranza delle aziende, il 65% di loro, è stata costretta ad affidarsi al self publishing, e solo il 22% ha potuto contare sul supporto di un publisher. A questo problema hanno risposto in due diversi panel i rappresentanti delle istituzioni, la senatrice Lucia Borgonzoni, l'onorevole Francesco D'Uva e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il senatore Vito Claudio Crimi.

Le istituzioni hanno ascoltato le testimonianze di alcune figure di spicco dell'industria italiana come Dario Migliavacca (Ubisoft Milano), Daniele Azara (101%), Tommaso Bonanni (Caracal Games), Marco Massarutto (KUNOS Simulazioni) e Gerardo Verna (Trinity Team), dialogando sulle possibili soluzioni al ritardo che la nostra industria ha accumulato nei confronti di quelle concorrenti. La prima linea d'intervento riguarda nient'altro che la definizione di programmi strutturali di sostegno alla produzione di videogiochi. Se paesi europei come Germania e Romania adibiscono fondi da decine e decine di milioni di euro per le aziende di sviluppo, le istituzioni italiane sono sempre apparse sorde alle richieste delle imprese.

Interventi come sgravi fiscali, riduzione del costo del lavoro e semplificazione burocratica potrebbero avere un impatto immediato sui risultati delle aziende italiane, che in questo modo potrebbero essere nettamente più competitive sul campo internazionale. D'altro canto, anche missioni istituzionali volte ad esportare e a pubblicizzare le produzioni italiane all'estero o ad attrarre capitali provenienti dai big player del settore potrebbero fare una sostanziale differenza negli anni a venire. Molto sta nella reale collaborazione che gli attori istituzionali garantiranno ai developer, fondamentale e necessaria per lo sviluppo dell'industria.

Ma il Game Industry Day non è solo numeri, statistiche e dibattiti, ma soprattutto videogiochi italiani. Nelle stanze della Casa del Cinema alcuni studi hanno portato le proprie opere, che sono state a disposizione di tutti i partecipanti per tutta la durata dell'evento. Oltre a titoli già usciti sul mercato come Assetto Corsa Competizione, OkunoKA, Mario + Rabbids Kingdom Battle e Last Day of June, abbiamo potuto avere un assaggio di altri videogiochi in fase di sviluppo come Dusk, The Suicide of Rachel Foster e Wunderbo.

Il quadro che emerge dal Games Industry Day tenuto da AESVI è che il settore, nel nostro paese, dovrà fare ancora molta strada per affermarsi in Europa e nel mondo. Molto, se non tutto, dipenderà dalle istituzioni il cui intervento è cruciale e lo dimostrano gli esempi di Germania e Polonia. Le potenzialità ci sono tutte, soprattutto in termini di creatività e di talento, anche se spesso mancano le conoscenze manageriali adeguate per gestire un'azienda complessa come uno studio di sviluppo. In Italia aumentano anno dopo anno i consumatori, quasi vertiginosamente, e sarebbe da irresponsabili per le istituzioni ignorare il trend bollando i videogiochi come semplici forme d'intrattenimento, a volte anche nocive.

Un'industria in salute, una delle poche in questi anni di crisi, che ha enormi margini di crescita e che in Italia potrebbe generare un indotto fondamentale per lo sviluppo economico del paese: nuovi posti di lavoro, nuove opportunità, tecnologie e conoscenze, tutte a portata di mano. La passione c'è ed è evidente, ed è arrivato il momento di farla fruttare. I developer italiani non possono rimanere ancora soli dopo anni di indifferenza, e la speranza è che questo messaggio sia finalmente arrivato alle istituzioni, una volta per tutte.