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Golf Peaks - recensione

Il golf in veste d'enigma.

È ormai assodato che terze parti, grandi e piccole, vedano in Switch una console sulla quale investire, non tanto in esclusive ma in rilanci: Dark Souls, i Final Fantasy, Assassin's Creed III ne sono un esempio. Quel che è ancora più evidente, per somiglianza, è il modo in cui il mercato mobile stia cercando di allungare le proprie appendici per ritagliarsi un piccolo spazio in casa Nintendo, incrementando il comparto ludico della console con prodotti di qualità eccessivamente altalenante, ma anche con perle nascoste.

Golf Peaks è un gioco del 2018 (da Afterburn) che si iscrive in questa tendenza. Col suo prezzo irrisorio e la sua natura puzzle si presenta senza troppo scalpore nel colorato eShop. Fortunatamente non è un prodotto mediocre, anche se breve e di passaggio, proprio come una pallina in volo su un campo enorme e destinata a perdersi. È da sottolineare inoltre come questa versione includa anche i recenti aggiornamenti (ultimo di febbraio), che includono la traduzione italiana fatta dalla community su Discord.

La bandierina sul Putt ammicca al giocatore distratto, che se immagina di trovarsi di fronte a un titolo sportivo è prontamente smentito; qui il golf è soltanto un pretesto per presentare un rompicapo rilassante, basato sull'organizzazione consequenziale di comandi espressi in forma di carte, da impartire alla pallina per farle raggiungere la buca. Una meccanica che ci costringe a calcolare attentamente le risorse in nostro possesso, prima di tentare un Ace.

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Avremo infatti un set dal numero variabile, e ogni singola voce può essere utilizzata una singola volta. La gestione oculata della nostra "mano di gioco" determina vari approcci ai livelli: si può andare di trial & error o di oculata pianificazione, di materia grigia o di intuito. Per dare un'idea della varietà di movimenti a nostra disposizione, ci sono carte che permettono il lancio in direzione diagonale, a distanza variabile misurata in quadrati; altre permettono balzi, necessari per liberare la palla da zone sabbiose. E chiaramente è anche possibile cimentarsi in tiri ad effetto, ma tenendo a mente che non c'è alcun indicatore di potenza, direzioni di vento, o altri valori che ci aspetteremmo di trovare in un gioco per golfisti.

La curva di difficoltà è ben calibrata, mai troppo elevata. La bellezza strategica del titolo sta nel bisogno di calcolare in anticipo variabili e tragitto, rimbalzi e altre interazioni con le pareti. Ottima anche la responsività globale, evidente dalla possibilità di giocare con i comandi touch, dall'implementazione del rumble, dalla rapidità con cui si viene catapultati in gioco e si può tornare sui propri passi, annullando un'azione errata alla volta oppure resettando l'intero livello. Il difetto più grande, e altra faccia della medaglia, è che tutti i livelli "tutorial" tolgono spazio alla longevità, già di per sé troppo breve: gran parte dei primi mondi (9 in totale, per 12 livelli ciascuno) si completa in un batter di ciglia, anche se dopo alcuni livelli si sbloccano sempre tre scenari di difficoltà più elevata e dal game design decisamente interessante.

I simboli sulle carte permettono di capire tipologia e lunghezza del lancio: l'ultima carta a destra, per esempio, permette di compiere un balzo di due quadrati, e due passi per terra.

Il terreno è di varie tipologie, dalle piattaforme direzionali che ci costringono in una direzione ai piani inclinati, in cui è facile scivolare risparmiando sull'uso di carte. L'obiettivo non sarà tanto evitare le zone più impervie e in cui è facile arenarsi, ma gestire le carte giuste al momento giusto: di fronte a certi pavimenti speciali è più efficace usare i balzi, e così diventa vitale gestire tutti i movimenti in attesa di quel fatidico momento in cui campo da gioco e carte trovano la sinergia perfetta. Come se dovessimo scegliere la mazza giusta e il caddie fosse già lì sul posto, pronto a fornircela.

Le aree di gioco sono sezioni isometriche, divise in blocchi, dal tocco grafico piacevolmente geometrico e disegnato a mano. Ogni mondo ha la sua atmosfera e la propria colonna sonora, piacevole e minimale, che prosegue senza interruzioni in un continuum davvero di buon gusto. Purtroppo, anche la dovizia artistica si scontra con il suddetto problema della longevità: nove mondi, nove temi.

Alcune buche permettono uno spostamento rapido, come se fossero i varchi di Portal.

In sintesi: ricetta semplice, comparto elegante, risultato apprezzabile. Ma l'offerta ludica finisce qui, in cento otto livelli, comunque abbastanza se consideriamo il rapporto qualità-prezzo. Su console portatile ha più speranze di trovare la giusta utenza, forse proprio negli orfani del Professor Layton. Sebbene si percepisca la mancanza di follie alla Escher, anche chi ha amato Monument Valley o i titoli Square-Enix GO, tra le perle del gioco mobile riflessivo, potrebbe apprezzare.

7 / 10
Avatar di Antonino Fiore
Antonino Fiore: Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.

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