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Perché i giochi a turno raccontano le storie così bene? - articolo

Lento, lento, veloce.

È stato Superhot il primo gioco che mi ha fatto pensare a un vecchio adagio, secondo cui facciamo velocemente le cose che dovremmo fare lentamente e invece facciamo lentamente le cose che dovremmo fare velocemente. È il tipo di ragionamento alla base dei romanzi di Jack Reacher, per esempio: Lee Child parla spesso di questo trucco e con grande chiarezza. Quando Reacher sta svolgendo delle ricerche, il tutto viene sbrigato in un paio di righe. Se invece Reacher è fuori da un bar e un gruppo di persone lo accerchia, il tempo rallenta finché non forma una sorta di appiccicosa sostanza minerale che intrappola tutti al suo interno.

I secondi successivi includeranno la rottura di colli di bottiglia e le bruciature all'aorta (sempre che l'aorta possa essere bruciata: ho cercato online, ma non ne sono ancora convinto). I secondi successivi saranno violenti e memorabili. Ancora più cruciale, i secondi successivi si dipaneranno attraverso otto o nove pagine perché ogni movimento sarà analizzato con grande dettaglio. Conteremo le scintille nell'aria e saremo assordati dal fragore di una cartuccia di proiettili vuota che cade sull'asfalto. Saremo profondamente presenti e reattivi in quei terribili e gloriosi momenti.

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Superhot è un gioco a turni? Non proprio ma è senz'altro unico, è il lavoro di un ludico Dave Brubeck. È strano che così tanti videogiochi siano disinteressati al tempo, considerato come spesso giochino con le altre variabili che tengono insieme l'universo. Certo, lo spezzettano in vari cicli con le morti e il sistema di salvataggio. Possono anche rallentarlo, proprio come Reacher, quando vengono estratte le pistole. Ma idee originali genuine, come il mondo di Superhot dove il tempo scorre soltanto quando ci muoviamo? Queste idee sono piuttosto rare.

Ho pensato a lungo a queste cose nelle ultime settimane mentre stavo giocando, per pura coincidenza, a una serie di brillanti giochi tattici a turni, alcuni dei quali sono già disponibili mentre altri devono ancora essere pubblicati. I giochi tattici a turni difficilmente riescono ormai a proporre qualcosa di nuovo, ma senz'altro obbligano a pensare al tempo, a com'è composto e a cosa succede quando lo metti in pausa, fai un passo indietro e inizi a ponderare le tue azioni.

Più nello specifico i titoli a cui ho giocato mi hanno fatto riflettere al modo in cui il tempo influenzi la narrazione e penso di essere pronto a presentare le mie conclusioni. I giochi a turni, a mio avviso, sono perfetti per mettere in campo storie incredibili. Sono molto più cinematici, in senso narrativo, di giochi che in modo piuttosto pigro si autoproclamano cinematografici. E penso che ciò sia dovuto al tempo.

Scrivere una storia significa essere in totale controllo del tempo, anche se non ci si pensa davvero. Anche quando inizi ad andare all'indietro, magari sguinzagliando dei flashback, anche solo ogni volta che fai riferimento a un momento passato, stai tagliuzzando in un certo senso il tempo, modificando il normale flusso degli eventi. Scrivere significa compiere delle scelte: anche questo è un vecchio detto, esattamente come lo è l'espressione “vecchio detto”.

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Ma stai scegliendo come spendere il tempo, su cosa indugiare, cosa esplorare al di fuori del normale scorrere degli eventi e come e quando tornare al momento che è appena stato superato. (Sto rileggendo Angelmaker ultimamente e Nick Harkaway usa il tempo in modo affascinante. Poiché il suo narratore onniscente risiede in una piccola parte della mente di ogni personaggio, dopo alcune righe di dialogo parlato ci sono questi momenti di riflessione: inizia una disgressione per un periodo di tempo che sembra incredibilmente lungo all'interno della coscienza di una persona che poi ritorna a parlare di nuovo, e solo a quel punto il lettore realizza che fra una riga di parlato e l'altra, in realtà, non è passato neanche un secondo)

Penso che questa intensa consapevolezza riguardo al tempo, questo assoluto controllo su quando farlo partire, quando fermarlo se non addirittura il totale controllo su cosa fare quando è fermo, è ciò che rende i giochi a turni ideali per partorire storie memorabili. Ho centinaia di storie che riguardano Invisible Inc, per dire, un gioco a turni che parla di spie che viaggiano per il mondo e s'infiltrano in sinistre multinazionali (un altro vecchio detto: esistono altri tipi di multinazionali?). E se prima pensavo che ciò fosse dovuto al sistematico rigore del gioco (se posso hackerare un robot per controllarlo come se fosse un'arma, perché non posso scegliere di parcheggiarlo di fronte alla porta d'ingresso e bloccarla mentre sono in fuga?), ora sospetto che sia anche e soprattutto dovuto alla possibilità di fermare il tempo e ponderare le varie opzioni.

Diventi molto più consapevole di ciò che fai e anche più inventivo nel modo in cui agisci. Noti una vasta gamma di opzioni che possono essere presenti anche in altri giochi, ma che si perdono nel costante fluire dei 24 fps o qualunque sia la loro velocità. Il tempo rallenta e ciò significa che puoi anche pensare più lentamente, puoi esplorare tutto lo spazio delle varie biforcazioni di fronte a te e scartare le scelte che, dopo un'attenta riflessione, non risultano ideali. E riesci a ricordare, in questo modo, non soltanto ciò che hai deciso, ma anche cosa stavi pensando, cosa stavi sperando e come ti sei poi sentito quando tutte le tue speranze sono cadute a pezzi. E tutto ciò, francamente, suona come una storia.

Fra i titoli che ho giocato nelle ultime settimane, uno su tutti rende questa caratteristica gloriosamente esplicita. In All Walls Must Fall, alterni una borbottante forma di giocabilità in tempo reale con un sistema a turni ogn qualvolta che parte una sparatoria e, per qualche minuto o qualche ora o persino qualche giorno se sei davvero indeciso, puoi fermare la scena dopo ogni azione e pianificare con precisione la danza fra una piastrella all'altra mentre fai esplodere le zucche dei nemici, fai saltare in aria le persone e fai tutte quelle cosa che in genere esaltano i lettori di Jack Reacher.

E a quel punto, in un atto di assoluta brillantezza, concludi la sparatoria e poi clicchi sul tasto “drop it”. Il gioco ti riporta immediatamente indietro all'inizio della sparatoria e, proprio come in Superhot, vedi prendere forma il passaggio, scandito come se fosse un orologio, delle scelte che hai compiuto in un flusso in tempo reale che non viene interrotto. Hai raccontato una storia attraverso il gioco e ora il gioco te la sta rileggendo. Voilà.

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Invisible, Inc.

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Christian Donlan

Features Editor

Christian Donlan is a features editor for Eurogamer. He is the author of The Unmapped Mind, published as The Inward Empire in the US.
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