Se clicchi sul link ed completi l'acquisto potremmo ricevere una commissione. Leggi la nostra policy editoriale.

No, Apple Arcade non è un investimento nei videogiochi - editoriale

Apple Arcade è l'ingresso dell'azienda nel mondo del gaming? Non esattamente né era sua intenzione farlo.

Basta raccogliere il lavoro degli altri, impacchettarlo con un fiocchetto rosso e metterci un cartellino del prezzo per parlare di un impegno a lungo termine? Apple Arcade è stato annunciato dalla società come parte dei servizi che le permetteranno di navigare nelle acque del post-iPhone, ora che il giro d'affari attorno al "melafonino" non crescerà più. Notizie, carte di credito, streaming fanno parte della "nuova" Apple e con essi anche i videogiochi. Almeno così parrebbe, ma parlare di Apple Arcade come di un ingresso nell'industria videoludica sarebbe fargli un complimento: la casa di Cupertino non è improvvisamente diventata una società attiva in questo segmento commerciale né, molto probabilmente, era suo interesse farlo.

Nel giro di una settimana circa abbiamo avuto due esempi distinti. Il primo è stato Google con Stadia, servizio di streaming che - lo ricordiamo per chi ha vissuto in una grotta nell'ultimo periodo - permetterà di giocare su ogni tipo di dispositivo connesso a internet. Il fulcro dell'investimento, però, non sono unicamente gli accordi che la società di Mountain View ha siglato e siglerà con le aziende terze, bensì aver messo in piedi Stadia Games and Entertainment, una branca dell'azienda specificamente ideata per creare esclusive per Stadia oltre che per lavorare insieme alle terze parti. A capo di Games and Entertainment Google ha messo Jade Raymond, veterana dell'industria con esperienza in Electronic Arts e Ubisoft.

I principali sviluppatori mobile sono saliti a bordo.

L'idea è quindi quella di creare un'ecosistema in crescita contribuendo attivamente alla produzione di contenuti (si spera all'altezza dei tripla A dei produttori "tradizionali) per accattivare i potenziali utenti di Stadia. Prima ancora di Raymond, Google aveva assunto come vicepresidente Phil Harrison, un altro nome noto per il suo lavoro al vertice di Sony e Microsoft. Sul merito di tutto ciò, bisognerà ancora aspettare, ma la dichiarazione di intenti è netta.

Dall'altra parte, Apple non ha dimostrato di voler attivamente inserirsi in questo segmento commerciale. Non più di quanto un servizio come Feedly o Flipboard può essere definito una testata giornalistica. Arcade mira a rendere più appetibile l'enorme pacchetto di giochi disponibili sull'App Store. Tanti di questi sono gratis, ma con le pubblicità; altri sono privi di pubblicità, ma richiedono un pagamento iniziale. La società di Cupertino oggi guidata da Tim Cook ha pensare di offrire un pacchetto unico su abbonamento per poter fruire tutto ciò su iPhone, iPad, Mac o Apple TV. Fruire di qualcosa, però, che già c'era; semplicemente ora viene offerto in una salsa diversa dopo essere stato miscelato a dovere. Gli ingredienti non cambiano. Ed è qui la differenza essenziale tra Google e Apple: la prima ha attivamente investito in un'ecosistema, anche software; Apple no.

Apple finanzierà e commissionerà alcuni videogiochi che saranno disponibili solo su Apple Arcade; non arriveranno neanche sull'App Store a pagamento, ma saranno inclusi solo nel catalogo del servizio su abbonamento. Grazie a tale incentivo economico la casa di Cupertino è riuscita ad attirare veterani dell'industria come Will Wright e Hironobu Sakaguchi. Ma basta “comprare” alcune esclusive per diventare un produttore di videogiochi?

Apple deve ancora spiegare che tipo di rapporto economico ha previsto per i creatori di contenuti che accettano di proporre i loro giochi in Arcade.

Apple Arcade, semmai, è da vedere come il tentativo - bisognerebbe capire quanto volontario - di superare il modello freemium (giochi gratuiti, ma con acquisti interni spesso forzati per avere un'esperienza più ampia) che lo stesso App Store ha contribuito ad alimentare.

Resta da capire, semmai, l'impatto che Apple Arcade avrà sui tanti sviluppatori mobile. A un prezzo non ancora annunciato (ipotizziamo tra i 7 e i 12 euro al mese) l'azienda offrirà il suo intero catalogo di videogiochi. Da tali produzioni i creatori guadagno o per mezzo delle pubblicità o per mezzo di una versione a pagamento. La quota dell'azienda di Cupertino sugli acquisti all'interno dell'App Store è del 30% (motivo per cui servizi come Netflix chiedono agli utenti di creare o rinnovare l'abbonamento da un PC, così da circumnavigare tale "tassa"). Senza Apple Arcade, si potrà ancora fruire dei videogiochi su iOS nel modo consueto, ma tanti utenti sicuramente si sposteranno verso un servizio su abbonamento che permette di godere di tutto senza pubblicità. Il che oprterà a nuovi equilibri nel mondo mobile su iOS; per Android non è previsto ancora niente del genere.

Apple ha scelto di spingere contenuti di maggiore qualità per il proprio servizio anziché rimanere passiva mentre i tanti sviluppatori mobile (escono centinaia di nuovi giochi ogni mese sull'App Store) si scontrano per non finire nell'oblio, ma dare l'etichetta di produttore di videogiochi ad Apple sembra ancora prematuro.

Sign in and unlock a world of features

Get access to commenting, newsletters, and more!

Related topics
A proposito dell'autore
Avatar di Massimiliano Di Marco

Massimiliano Di Marco

Contributor

Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.

Commenti