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Daymare 1998 - recensione

Un incubo a occhi aperti, nel bene e nel male.

I più grandi fan di Resident Evil avranno sicuramente già sentito parlare di Invader Studios: si tratta di un piccolo e italianissimo studio indipendente, per anni impegnato nella realizzazione di Resident Evil 2: Reborn, progetto fanmade finalizzato a ricreare l'iconico secondo capitolo della saga con l'estetica e il gameplay di Resident Evil 4, il tutto utilizzando il motore Unreal Engine 4.

Dopo l'annuncio del remake ufficiale, Invader Studios ha ovviamente interrotto i lavori (guadagnandosi comunque un invito ufficiale da parte di Capcom a visitare gli uffici di Osaka dell'azienda, oltre a un sentito ringraziamento nei titoli di coda del nuovo Resident Evil!), e ha declinato i propri impegno e attenzione in Daymare 1998, gioco che avrebbe raccolto l'eredità di Resident Evil 2: Reborn, proponendo dunque un'esperienza fortemente tradizionale, ma con una storia e un setting più o meno originali, grazie anche al contributo artistico di Satoshi Nakai, uno storico designer della saga.

Abbiamo una potente organizzazione militare e biofarmaceutica senza scrupoli, abbiamo una terribile arma biochimica in grado di trasformare gli esseri umani in mutazioni violente, potenti e disgustose; abbiamo l'immancabile "incidente" che fa diffondere l'infezione nella sperduta cittadina fittizia e, ovviamente, abbiamo degli "eroi" che daranno il tutto per tutto per fermare il disastro.

La prima, principale differenza fra la trama di Daymare 1998 e la saga Resident Evil è proprio la caratterizzazione dei protagonisti, che in questo caso sono ben lontani dal classico portabandiera di giustizia e/o buoni sentimenti e, anzi, sono mossi da interessi personalissimi e spesso e volentieri neppure troppo nobili.

Cover image for YouTube videoDaymare: 1998 - "Welcome to Keen Sight" Cinematic Trailer

Purtroppo la scrittura difficilmente coinvolgerà il giocatore sino a spingerlo a interessarsi per davvero della sorte di questa o quella persona, complici anche dei filmati dalla regia più che buona, ma in cui i personaggi a schermo hanno espressioni facciali limitate e movimenti piuttosto rigidi, oltre alla tendenza a parlare davvero, ma davvero tanto, anche in momenti poco opportuni o credibili.

È folle anche solo pensare di fare un paragone qualitativo tra Daymare 1998 e un progetto AAA realizzato in motore proprietario e con forza lavoro e budget stellari, ma fortunatamente il buon doppiaggio in lingua inglese (interfaccia e sottotitoli sono disponibili anche in Italiano) riesce a compensare il tutto e a regalare la giusta dose di emotività ai comprimari.

Sempre nei riguardi della trama, dobbiamo far presente che gli eventi successivi allo scontro finale riescono a porre l'intera vicenda di Daymare 1998 sotto una luce del tutto diversa, con rivelazioni su rivelazioni e cliffhanger in grado di far invidia al più folle film della saga Saw L'Enigmista.

Qualche indizio qua e là è possibile reperirlo nel corso dell'avventura attraverso i numerosissimi e ben fatti documenti e audio sparsi fra i livelli, ma non nascondiamo un certo retrogusto agrodolce nello scoprire che i ragazzi di Invader Studios avessero così tante idee (per buona parte poco originali, ma comunque ben congegnate) e che abbiano scelto di renderne "giocabili" solo una metà scarsa, relegando il resto della narrativa a dialoghi e registrazioni "spiegone" di cosa sia realmente accaduto prima, dopo e durante il gioco.

L'impegno posto nella realizzazione degli ambienti e del level design è senza dubbio la punta di diamante di Daymare 1998, tanto per qualità, quanto per varietà.

Va detto che nemmeno la famosa saga horror nipponica brilla di una narrativa memorabile e che questo elemento sia stato ripreso solo da poco in minima considerazione attraverso Resident Evil 2 Remake, ma la scrittura sarebbe potuta essere uno dei punti di svolta di Daymare 1998, un mezzo (relativamente) poco costoso per alzare l'asticella della qualità complessiva. Si è invece deciso di attenersi a una sceneggiatura a dir poco scolastica e con un "supercattivo" abbastanza insipido la cui disfatta non regala particolare soddisfazione... ammesso che riusciate a sconfiggerlo.

Daymare 1998 è infatti un gioco piuttosto difficile, un titolo "old school" in cui ogni accezione della definizione viene massimizzata, sia in positivo che in negativo. I tre protagonisti giocabili nel corso della storia posseggono armi e inventario indipendenti e ciascuno di essi affronta un viaggio suddiviso in "livelli", in un classico stile survival horror con visuale sopra la spalla, in terza persona.

Il titolo recupera diverse meccaniche dai primi titoli di casa Capcom, regalando piccole gioie ai giocatori nostalgici e grandi sfide ai neofiti. Difficile trovare suggerimenti più saggi di quelli mostrati durante le schermate di caricamento: a meno di cecchinare con chirurgica precisione ogni testa zombificata del gioco, i proiettili non bastano a far fuori tutte le creature ostili e per questo, molte volte, è preferibile una ritirata strategica a una morte ingloriosa.

Siamo ben lontani dalle "epiche" e infauste scazzottate nella lava tra supersoldati e supercattivi, e in questo caso gli zombie sono tanti, sono duri e sono pervicaci come e quanto solo una creatura putrefatta riesce ad essere. Inoltre gli affamati mutanti sono anche piuttosto rapidi e silenziosi, specialmente quando appostati con non-morta pazienza dietro un tattico angolo cieco, pronti ad abbracciare il malcapitato protagonista per vomitargli addosso la loro bile acida e far precipitare i suoi punti ferita.

Le creature ostili ripropongono i design horror “tradizionali”, ma questo non li rende certo meno spaventosi o pericolosi.

I tipi di nemici presenti all'interno di Daymare 1998 non sono moltissimi e si tratta esclusivamente di creature antropomorfe, con spostamenti e velocità - quasi sempre - completamente umane: la godibilità del gioco però non ne risulta danneggiata, vista invece la grande varietà di ambienti, realizzati con cura sotto ogni punto di vista, pieni di dettagli e dal level design tutto sommato ispirato.

Se escludiamo una breve sezione della fase iniziale del titolo, forse un poco più ripetitiva del necessario, il gioco scorre piacevolmente dall'inizio alla fine e invoglia a esplorare ogni angolo, armadietto e porta alla ricerca di segreti e collezionabili.

Va senza dubbio lodata la capacità degli sviluppatori di creare una sensazione claustrofobica anche in spazi relativamente aperti, senza mai forzare la mano creando situazioni poco credibili; va detto che in aiuto della linearità dell'esperienza sopraggiunge l'assenza d'interazione con l'ambiente circostante, che impedisce al giocatore di scavalcare finestre o macerie, strisciare o accovacciarsi.

Per quanto riguarda le meccaniche di gioco, ci troviamo davanti a un classicissimo third person shooter con visuale over the shoulder: le armi a disposizione di ogni protagonista saranno fino a un massimo di tre, ognuna dotata del proprio caricatore (quando necessario) e di diversi tipi di munizioni da utilizzare.

A dispetto di una buona regia, i filmati sono il fianco scoperto del gioco, con modelli dall'espressività fiacca e una realizzazione dei volti poco curata, se confrontata all'impegno dedicato al resto del titolo.

Come già accennato durante la nostra prova dedicata al gioco, per sopravvivere in Daymare 1998 è assolutamente necessario tenere sempre sotto controllo le proprie munizioni, che vanno posizionate di volta in volta all'interno dei caricatori vuoti prima di poter essere utilizzate. La ricarica dell'arma può essere effettuata velocemente, lasciando cadere il contenitore in uso (da recuperare in un secondo momento) o in maniera standard, con un processo che richiede più tempo e va quindi attuato nei momenti più opportuni.

Balistica e hitbox, specialmente nel caso del corpo a corpo, hanno la tendenza a favorire più gli attacchi nemici che quelli dell'eroe di turno, ma "morendo s'impara": dopo un paio d'ore di gioco (e schermate di game over) anche i giocatori meno smaliziati riusciranno sicuramente a capire come avventurarsi senza troppi intoppi tra strade, corsie ospedaliere e condotti fognari della sventurata città di Keen Sight.

Oltre alla gestione delle munizioni, anche l'inventario dei protagonisti è composto da uno spazio limitato, mai eccessivamente come nei primi titoli della saga Resident Evil, ma comunque abbastanza impegnativo da richiedere scelte oculate nella combinazione degli oggetti curativi e di potenziamento, che in questo caso non saranno misteriose piantine da tritare, ma ben più credibili siringhe e/o iniettori.

In determinati punti della storia è possibile salvare manualmente i progressi e depositare gli oggetti in eccesso; durante il resto della partita, i salvataggi saranno gestiti da checkpoint automatici, anche fin troppo generosi e frequenti vista la tendenza di Daymare 1998 a punire il giocatore frettoloso e poco accorto. Altre azioni possibili dai "terminali" di salvataggio sono il baratto di alcune risorse e la consegna dei microchip dell'Hexacore Biogenetics, recuperati sui corpi di alcuni membri malcapitati e in grado di fornire retroscena interessanti sul disastro di Keen Sight.

Gli enigmi e i segreti di Daymare 1998 ricalcano il più classico degli stili puzzle: servono colpo d'occhio per osservare l'ambiente circostante, cervello acceso e un pizzico (o forse più) di pazienza.

Fin troppo old school, però, risultano le boss fight del titolo, senza dubbio l'aspetto meno riuscito dell'intero progetto: con una sola eccezione, gli scontri di Daymare 1998 mancano del tutto di tattica e si limitano a una corsa in tondo lungo il perimetro dell'area in pieno stile Benvenuti a Zombieland, per seminare la minaccia quanto basta per voltarsi e scaricare un paio di colpi.

Il tutto va ripetuto in maniera ciclica, senza alcuna differenza rilevante tra un'arena e l'altra, e con una durata complessiva degli scontri decisamente troppo elevata e frustrante, se confrontata alla piattezza della sfida. Tutto questo è davvero un peccato e cozza tremendamente con il già citato level design delle mappe, che di fatto stupisce in positivo per l'intera durata del gioco.

A tal proposito, la longevità di Daymare 1998 si attesta intorno alle 8 - 10 ore nel caso di una prima run a difficoltà standard. Ovviamente la seconda partita riduce la durata di un paio d'ore, ma trattandosi di un titolo storydriven e dai livelli lineari, a far la differenza è più la memorizzazione di percorso e il posizionamento dei nemici, rispetto alla possibilità d'intraprendere un tragitto più breve.

Considerando il budget e la forza lavoro limitati, Daymare 1998 è fuor di dubbio un incredibile lavoro, portato avanti da un team italiano tanto appassionato quanto talentuoso e che presenta sul mercato uno dei più interessanti, ma soprattutto ambiziosi, fra i progetti nostrani.

I collezionabili nascosti tra i vari capitoli sono cervi bobblehead in stile cartoon, ciascuno caratterizzato da un design unico.

C'è da domandarsi, però, se sia stato fatto un passo leggermente troppo più lungo della gamba, se un progetto simile possa brillare anche di luce non riflessa o sia destinato a rimanere un satellite della celebre saga horror di Capcom, visto come la pesantissima ispirazione a tutto tondo si accompagna spesso a un polishing e a un bilanciamento del gameplay accettabili, ma di certo non eccezionali.

Se siete fan sfegatati dell'horror portato avanti da Resident Evil, nostalgici dell'approccio più ragionato e meno action della saga, e se il recente annuncio di Project Resistance vi ha lasciati con l'amaro in bocca, Daymare 1998 potrebbe essere il titolo che fa per voi, in grado di placare il vostro bisogno di sangue infetto, carne putrefatta e complotti apocalittici di losche multinazionali.

Per tutti gli altri, approcciarsi al genere horror partendo da questo titolo potrebbe rivelarsi una barriera all'entrata molto ardua, per quanto non impossibile da superare e a suo modo appagante.

7 / 10

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Daymare: 1998

PS4, Xbox One, PC

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Lara Arlotta

Contributor

Scrive, blatera e videogioca, spesso contemporaneamente e da oltre due decenni. L'unico modo per fermarla è darle da mangiare, ma l'effetto è solo temporaneo. Sono ancora in corso delle indagini confidenziali per comprendere se si tratti di un essere umano o di una credibile riproduzione, inviata nell'era contemporanea da una civiltà eternauta.

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