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Gli inquietanti corridoi dei videogiochi - editoriale

Perché proviamo tanta ansia nei meandri di un corridoio di un videogioco? Il motivo è più complesso di quanto vi sareste aspettati.

Attraversiamo passaggi e corridoi ogni giorno senza sosta. Sono spazi morti, noiosi, vuoti, monotoni e non degni di considerazione, in quanto non rappresentano degli elementi architettonici in cui fermarsi per poterli apprezzare, ma delle infrastrutture da attraversare velocemente. Tutto ciò che fanno è di incanalare i passaggi degli edifici, per permettere di spostarci da una stanza all'altra. Ma sebbene queste aree intermedie si diano frequentemente per scontate, sorpassandole rapidamente per raggiungere i luoghi di reale importanza, spesso possono essere incredibilmente evocative.

I corridoi sono luoghi ansiosi e inquietanti e l'horror, per tradizione, li utilizza per metterci alle strette. Raramente infatti essi rappresentano il luogo esplicito in cui si manifesta il terrore o la violenza, ma ci conducono ad essi. In quanto zone anticipatrici di paura, i corridoi favorisce l'orrore grazie alla loro capacità di aumentare la suspense e il senso dell'ignoto. Cosa c'è dietro l'angolo o oltre quella porta? Ogni corridoio è un mondo di possibilità indeterminate.

Roger Luckhurst, professore all'Università di Londra ed esperto di tutto ciò che riguarda l'horror ha recentemente scritto un libro riguardante i corridoi. Al suo interno, menziona la serie di Resident Evil e le varie strutture della Umbrella Corporation, in cui l'orrore è a volte confinato e compresso in una forma particolarmente pura. In molte occasioni, il corridoio del videogioco è un vero e proprio percorso ad ostacoli (negli spin-off di Resident Evil, ad esempio). In questi sparatutto a corridoi, la forma costrittiva del corridoio horror diventa un condensatore per un assalto adrenalinico in cui siamo costretti a crearci un passaggio o a farci strada attraverso uno spazio stretto e infestato da zombie.

P.T.

All'estremo opposto abbiamo invece i terribili corridoi del teaser giocabile del titolo cancellato di Kojima e Del Toro, P.T., che rappresentano la vera definizione di spazio ristretto. Il breve teaser offre ai giocatori un loop essenziale: un singolo corridoio domestico che curva a 90°, dal quale sembrano scaturire infinite possibilità. Gareth Damian Martin, nel suo articolo sui corridoi e sugli angoli duplicati di P.T., identifica la fonte dell'orrore architettonico proprio in queste curve. È l'incapacità del giocatore di riuscire a vedere la fine del corridoio e l'incertezza che si amplifica in questa mancanza a rendere l'esperienza così ansiosa.

L'angolo non è l'unico modo in cui i corridoi possono creare tensione, anche il far presagire l'ignoto o il creare degli shock improvvisi o dei colpi di scena aumentano il timore. Prendiamo ad esempio un corridoio orizzontale senza fine, uno di quelli che sembra mancare di un un punto di fuga: esso si estende semplicemente fino a quando non si riesce a vedere cosa ci aspetta. Luckhurst indica come fonte di ansia anche il “terrore dell'anticipazione che sopraggiunge ad ogni porta che il giocatore sorpassa”. Se il corridoio ci porta semplicemente da una stanza o da un evento a quello successivo, allora ciascun passaggio e soglia superati sono un'occasione per un incontro terrificante. Si afferma spesso che l'orrore è più efficace quando la sua reale fonte viene nascosta.

La maggior parte del libro di Luckhurst descrive la lunga storia dei corridoi dagli inizi utopici alle sue moderne associazioni distopiche. Se da un lato ritengo che la struttura spaziale del corridoio sia importante, è il contesto storico di questa forma architettonica maligna a consentire davvero al terrore di ingigantirsi. Ed è proprio così che nasce la minacciosa atmosfera dei corridoi che conosciamo tutti così bene.

Nel mondo antico, i complessi di templi possedevano ciò che Luckhurst chiama “imponenti strutture di corridoi”, ovvero passaggi che anticipano l'imminente incontro con il divino. Sin dall'inizio dei tempi, i corridoi sono stati intrinsecamente degli elementi anticipatori e rivelatori. Sono inoltre intrisi delle “mitiche risonanze del labirinto", luogo che allude all'idea di anime perdute e mostri erranti. Allo stesso modo, i videogiochi utilizzano i corridoi per isolare, disorientare e, occasionalmente, aggredire il giocatore.

P.T.

Il termine “corridoio” deriva dal latino “correre”, un verbo a cui tutti i giocatori saranno abituati. I corridoi originali, come sostiene Luckhurst, erano perimetri cittadini realizzati per consentire ai corrieri di corrervi attraverso nei periodi di crisi. Molto prima che il corridoio diventasse un archetipo per le scene di inseguimento nell'horror, furono costruiti allo scopo di essere percorsi di corsa.

Nel XVIII secolo l'architetto John Vanbrugh costruì il Blenheim Palace, uno dei primi edifici ad utilizzare corridoi interni per collegare le stanze. Il palazzo barocco, con la sua disposizione organizzata e simmetrica, fu costruito per il duca e la duchessa di Marlborough. Questi nomi saranno familiari a tutti coloro che hanno visto il film del 2018, La Favorita, che mostra la faida tra una duchessa e sua cugina più giovane, in lotta per diventare le favorite della corte della regina. Sebbene il film non sia ambientato o girato nel Blenheim Palace, le sue lunghe gallerie oscurate e i passaggi segreti sembrano essere permeati di tutte le stesse qualità del corridoio moderno. “Nell'ombra, l'anonimato amorale, le trame illecite e la corruzione sessuale” sembrano prosperare, scrive Luckhurst.

E mentre i ricchi implementavano il corridoio nelle loro grandi case e nei palazzi per distinguere il loro spazio privato e le aree dei servitori, il corridoio divenne anche uno strumento statale per l'organizzazione razionale. Nel XVIII secolo, nelle prigioni di nuova concezione, negli ospedali e nei manicomi, il corridoio regnava sovrano. Queste strutture architettoniche divennero un modo per distribuire logicamente gli spazi e si iniziò persino a credere che tramite luoghi come i riformatori si potesse “ridisegnare la soggettività stessa”. Nei manicomi “le tassonomie della malattia mentale” venivano “ascritte all'architettura”, mentre gli Stati in crescita cominciavano a riconoscere il potere psichico di mattoni e malta.

Se da un lato la storia del corridoio è iniziata come parte di un progetto utopico volto a migliorare la salute della società, dall'altro, i corridoi del potere e della disciplina s'iniziarono a guardare con sempre maggiore sospetto. Luckhurst spiega che luoghi come i manicomi iniziarono ad essere “visti come ambienti che inducevano la pazzia anziché curarla”.

"Il corridoio anonimo e senza limiti è una delle immagini tipiche che rappresentano la condizione di totalitarismo, in cui l'individuo è inghiottito dalle enormi strutture dello Stato."

Questi corridoi spogli e disumanizzati sono potenti fonti di terrore. C'è qualcosa di davvero inquietante nelle sale vuote di una scuola con l'arrivo dell'oscurità o nel vagare per i reparti ospedalieri infiniti e asettici, ma è il “manicomio” a comparire ancora e ancora nella finzione dell'horror. Titoli interamente horror come Outlast e The Evil Within sfruttano questo luogo, ma ci sono anche titoli stealth e giochi action come Thief: Deadly Shadows e Batman: Arkham Asylum che prosperano in queste atmosfere opprimenti e che evocano naturalmente i corridoi dei manicomi.

Con l'ingresso nel XX secolo, abbiamo iniziato a diffidare, se non addirittura a disprezzare, questi labirinti burocratici. Il corridoio monotono ed austero era un “annientamento kafkiano dell'io”: un'architettura che ci ha freddamente categorizzati e trasformati in strumenti da spostare e manipolare. È questo contesto storico che crea il disagio che proviamo quando camminiamo lungo un corridoio, anche quando sappiamo che non ci sono mostri in agguato. Guardiamo i corridoi con sospetto, li attraversiamo nervosamente, diffidiamo di coloro che incontriamo lungo il percorso e armeggiamo con ogni maniglia delle porte con profonda apprensione.

Resident Evil 2.

Resident Evil 2, che da poco è stato ripubblicato, ha fatto un ottimo lavoro nel costruire l'ansia attraverso i suoi corridoi claustrofobici, ma è il contesto specifico della sua ambientazione a renderlo interessante. L'originale Villa Spencer di Resident Evil, così come la residenza della famiglia Baker di Resident Evil 7, sono spazi casalinghi che si addentrano nel regno del mistero. Mentre quegli edifici rendevano strano qualcosa che doveva essere familiare, indugiando nel dramma psicologico della vita familiare, Resident Evil 2 si svolge in un freddo edificio municipale. La Stazione di Polizia di Raccoon è un labirinto burocratico, proprio come una prigione o un ospedale del XIX secolo.

Basata sulla Osaka City Central Public Hall costruita nel 1918, la stazione di polizia di Resident Evil 2 è un grande edificio pubblico pensato per evidenziare il potere dello Stato e sopraffare l'individuo. Questo è il motivo per cui quando si cammina nelle sale della stazione qualcosa non ci convince. Non ci sentiamo mai a nostro agio nei suoi disumani corridoi. A differenza delle infestazioni e delle ripetizioni temporali viste negli scantinati e nelle soffitte dell'originale, i corridoi del sequel rappresentano una modernità insulsa e superficiale. Questa è la differenza tra la tradizionale casa stregata, con le sue metafore per la mente conscia e inconscia e i temuti corridoi dell'Overlook Hotel in The Shining di Stanley Kubrick.

Secondo Luckhurst, la pianta del corridoio dell'Overlook Hotel è “uno spazio ininterrotto e dispiegato che limita l'azione, ma moltiplica la minaccia di un pericolo imminente fuori dallo schermo”. Il corridoio dell'hotel “anonimo e senza distorsioni” cattura perfettamente il nostro terrore esistenziale. È uno spazio totalmente alienante in cui tutte le “vite individuali sono standardizzate” e porte identiche, carte da parati insignificanti e moquette decorate si estendono all'infinito. Non c'è da meravigliarsi che ci sentiamo così ansiosi in questi luoghi transitori.

Layers of Fear 2.

Lo sviluppatore polacco Bloober Team ha ricreato dettagliatamente questi temuti corridoi nei suo più recente titolo, Layers of Fear 2. Fortemente ispirato dalla storia del cinema, il gioco ci vede interpretare un attore in una bizzarra nuova produzione di un regista pazzo. Gli eventi si svolgono su una nave da crociera: un hotel galleggiante, in pratica. Gli sviluppatori piegano e avvolgono i loro corridoi, proprio come accadeva in P.T., sebbene in combinazioni molto più lunghe. Si tratta di mille diverse varianti del corridoio inquietante e angosciante dell'hotel: è sorprendente e contorto, anche se, a mio avviso, è il gioco precedente di Bloober, Observer, ad aver creato un vero e proprio “ambiente a corridoi”.

Observer, che è più un titolo fantascientifico che un vero e proprio horror, è ambientato in un grande complesso di appartamenti in Polonia, in una Cracovia del futuro. Secondo Roger Luckhurst, noi stiamo vivendo in un mondo “anti-corridoio”. Negli ultimi decenni abbiamo evitato i corridoi, preferendo invece spazi abitativi a pianta aperta, grandi atri di vetro e spazi di lavoro composti da uffici a cubicolo. Questa non è soltanto una presa di posizione contro gli spazi istituzionali prepotenti come i manicomi, ma anche contro l'edilizia pubblica. In altre parole, si tratta di una scelta politica.

Observer.

L'ex primo ministro David Cameron una volta ha descritto “i tremendi grattacieli e i vicoli bui” inglesi “come un dono per criminali e spacciatori”. Questa percezione non è nuova. L'architetto Oscar Newman ha descritto i grattacieli nel suo studio del 1970 come un “oltremondo fatto di paura e criminalità”. Anziché essere quindi un'accusa ad una pianificazione urbana povera o all'aumento della povertà, l'evoluzione dell'orrore è stata imputata alla vita sociale e comunitaria e persino al design architettonico dei corridoi stessi.

Proprio come in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, in cui il nuovo e brutalista Southmere Estate di Thamesmead faceva da sfondo distopico ad Alex e alla sua furiosa gang di strada, l'unità abitativa della Cracovia di Observer è una decrepita città di cemento piena di attività criminali illecite. Un serial killer mutato vaga per i corridoi, che diventano una terra di nessuno, antisociale e vuota.

Devotion.

Un'altra recente uscita che approfondisce gli inquietanti interni di un blocco di edifici popolari è il titolo di Red Candle Games, Devotion. Ambientato nella Taiwan degli anni '80, il gioco ci fa non solo esplorare gli angusti confini della nostra vecchia abitazione, con il tipico corridoio a “L” uscito fuori da P.T., ma anche con i corridoi più lunghi e contorti di quel complesso di abitazioni in cui si trovava il nostro appartamento. Ci avvicineremo sempre di più a casa nostra a partire dall'esterno, dalla tromba delle scale e dal temuto corridoio anonimo dell'atrio che sembra spostarsi intorno a noi.

Il complesso abitativo di Devotion è oscuro, squallido e abbandonato, e rappresenta anche il contesto storico dell'opprimente controllo statale: la classificazione e compartimentazione della vita umana su larga scala, che ci rende così irrequieti quando attraversiamo i suoi corridoi. Red Candle Games però, ora deve affrontare un diverso tipo di oppressione: il suo gioco è stato rimosso dagli store con una pulizia fatta dallo Stato e una licenza commerciale revocata.

È nel fallimento istituzionale del corridoio e nel suo passaggio da elemento utopico a distopico che comprendiamo la fonte dell'angoscia di questo tipo di architettura. Gli sviluppatori possono fare miracoli con la struttura stretta e vincolante del corridoio, ma è la sua lunga storia a rendere questi spazi così profondamente inquietanti. Graffiando sotto la nuda superficie delle pareti e della moquette decorata, si rivela qualcosa di oscuro e orribile.

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Ewan Wilson

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Ewan is a writer from London. He's interested in game environments, science fiction, literature and all things wild and weird.

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