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20 anni di Resident Evil 3: Nemesis - speciale

Il Tyrant che ci ha fatto vedere le… S.T.A.R.S.

Il remake di Resident Evil 2 ha riaperto le danze. Un valzer che speriamo arrivi presto al terzo tempo. È un balletto particolare: bisogna poggiare i piedi con attenzione, c'è il rischio di calpestare il cadavere di uno zombie, risvegliarlo e... In fondo è questo che speriamo, no? Il risveglio di Nemesis, il ritorno del mercenario Carlos e di Jill Valentine. Intanto Project Resistance fa discutere: erede di Outbreak? Compagno di Left4Dead e Dead by Deadlight? Il problema non è la sua identità, il problema - per gli appassionati - semmai è che stia rimandando l'atteso ritorno del Tyrant più famoso di sempre, la cui uscita è stata accennata in caso di forte richiesta.

Resident Evil 3 ha già vent'anni sul groppone; tolto l'antico e sempre affascinante espediente dei loading screen con le porte, i movimenti a carro armato e una narrazione che lo rende l'Aliens della prima trilogia, li porta benissimo. Dopotutto che fretta c'è? Se pensiamo a tutte le aree aperte di Racoon City, al susseguirsi di esplosioni e terremoti, è sensata un po' di prudenza da parte di Capcom, pe rendere al meglio angolazioni e minacce urbane; non è detto, inoltre, che il grande annuncio non sia dietro l'angolo o già sopra le nostre teste, come amavano muoversi i ragni velenosi della torre orologio.

Nemesis appare in Resident Evil: Apocalypse (Alexander Witt, 2004), interpretato da Matthew G. Taylor.

Non a caso ho parlato di valzer: la prima trilogia ha qualcosa di speciale per noi videogiocatori, nulla togliendo a Code: Veronica e Zero, titoli per la generazione successiva che ancora portavano con sé gran parte della struttura e delle meccaniche classiche. Dalle solide fondamenta di Alone in the Dark, Shinji Mikami ha ricreato un mood che tanto ha fatto la fortuna del genere horror (Silent Hill e Project Zero su tutti). Se penso al primo Biohazard, alla villa Spencer, ho quasi la memoria di un'avventura grafica. Quadri abbandonati, statue polverose, specchi che si intrecciano in sfondi pre-renderizzati, enigmi a base di pietre preziose, trappole mortali, macchinari segreti e una moltitudine di chiavi differenti.

Ricordo però anche i primi jump scare della mia vita, speciali perché, alla rottura di un vetro o all'apertura di una porta, seguiva una minaccia concreta: cerberi che abbaiano (e mordono), serpenti, api enormi. Insomma, ricordo quando l'espediente più classico del cinema horror veniva accompagnato da un ostacolo inaspettato per il videogiocatore. Con il sussulto, con l'urlo, non finiva niente, anzi, cominciava la corsa. Un crescendo che portava alla lotta per la propria incolumità, per il proprio tempo e le proprie risorse. La formula survival ("welcome to the survival horror") lasciava il segno, con tanto di inventari striminziti e know-how da acquisire per massimizzare gli effetti delle erbe e dei percorsi intrapresi.

Di RE:2 mi piace ricordare invece il passaggio all'interno del pullman. La claustrofobia dei corridoi (un marchio di fabbrica fino al treno di Zero), l'impossibilità di aggirare sempre e comunque le minacce, si scontrava con la presenza del terribile Mr. X: impassibile e apparentemente invincibile arma biologica T-00, dai passi roboanti come le palpitazioni del cuore del giocatore. Penso alle piante infettate dal T-Virus e all'influenza che il re ha avuto su The Last of Us; a quanto Il giorno dei Trifidi, romanzo di fantascienza di John Wyndham (1951), abbia segnato l'industria per tramite di RE. O ancora alla varietà di scenari e ai piccoli cambiamenti di trama durante l'esplorazione, ai piccoli dettagli che cambiano l'esperienza di gioco tanto quanto cambiava il punto di vista sulle vicende la scelta tra Chris e Jill nel titolo precedente.

Alcuni zombie appaiono in momenti clou e scriptati; altri vengono generati casualmente.

Tutto questo per dire che, giunti a RE:3, tutto ciò abbia trovato un'ottima sintesi, nonostante il tono più action-militaresco delle vicende e gli ambienti da guerriglia, rugginosi e sempre in fiamme. Nessuna villa infestata, nessun segreto (l'Umbrella è ormai svelata): a spaventare è la minaccia fisica, la paura del contagio e del purulento body horror. Ai jump scare seguono fiotte di zombie che si lanciano dalle finestre e abbattono grate, cani che appaiono dal fuoco come vessilli apocalittici, mostri dal sottosuolo. Il pericolo aumenta in quantità. E con l'arrivo del Nemesis (evoluzione diretta di Mr. X), aumenta in intelligenza, possanza e testardaggine: famoso il momento in cui, per impedire la fuga di Jill, questi decide di colpire un elicottero invece della protagonista.

Al contrario degli scontri con G (in RE:2), questa volta non c'è nessuna arena - studiata per essere un'arena - a guidarci. Il Nemesis ci raggiunge ovunque, e lo si può combattere anche in zone molto strette, balconi o piccoli cortiletti che siano, come quello di fronte alla stazione di polizia. L'elemento claustrofobico ritorna quindi più ostile che mai, ma Nemesis può e deve essere sterminato, perché di volta in volta ci lascia armi preziose. Ecco che alla fuga si sostituisce la lotta. Avevo citato Aliens, in riferimento proprio alla quantità e alla frequenza delle lotte, ma il paragone migliore è con Predator. Dalla paura del luogo chiuso, alla consapevolezza che un acerrimo nemico ci sta braccando in tutta la città (incredibilmente e inaspettatamente stretta).

Nemesis, nonostante la sua breve capatina nella serie (riappare solo in Operation Racoon City e nel film RE: Apocalypse), ha insegnato molto agli sviluppatori dei giochi horror, tanto che è lecito rivederlo in Pyramid Head, in Slender Man, e in altri grandi inseguitori. Ovviamente l'ascendenza anche in questo caso è cinematografica: da Jason Voorhees a Nightmare, non si contano da quanto sono numerosi gli arcinemici di questo genere. Comunque sia, quasi come una mascotte, abbiamo visto il cacciatore di S.T.A.R.S. anche in PlayStation All-Stars e in Marvel vs. Capcom 3.

In alcuni casi è consigliato un approccio action, ma il sostrato Survival Horror impone comunque di conservare quante più munizioni possibile.

Racoon City è anche il teatro delle vicende del casanova Carlos e della sua squadra, mercenari assoldati dalla Umbrella. La modalità 'The Mercenaries - Operation: Mad Jackal' permetteva di utilizzarli per una sfida a tempo, contando i punti (come Gimli e Legolas) all'uccisione di ogni zombie, simile alla modalità '4th Survivor' del predecessore. Un minigioco extra che tanto evidenzia l'attenzione rivolta al combattimento, insieme all'aggiunta del dodge e della possibilità di voltarsi di 180°, e che sottilmente (molto sottilmente) poteva far intuire la deriva che avrebbe rischiato (e che poi ha preso) la serie, tra retcon e ritorni più cheesy che mai (Wesker!). Ovviamente si parla con il senno di poi.

Ultima nota, che chi ha giocato l'originale molto tempo addietro forse non ricorda, è che per garantire una certa rigiocabilità - pur non fornendo personaggi alternativi da selezionare a inizio storia - è stato introdotto il sistema Live Selection. Questo permetteva, in momenti clou, di operare delle scelte e cambiare l'andazzo della storia. Dalla decisione di affrontare o fuggire il Nemesis a scelte più profonde, tali da cambiare il finale, la sorte di alcuni personaggi, o la posizione di partenza in alcune strutture. Insomma, una narrativa a rami che prendeva, ancora una volta, a piene mani dalle avventure grafiche/testuali.

Quando ritornerà, il Nemesis sarà impietoso, mentre sarà emozionante assistere al tramonto farsi alba sui vicoli della città più amata dagli zombie. Se è vero che questo titolo, per Shinji Mikami, doveva nascere come spin-off, è anche vero che l'accoglienza e la qualità è stata tale da giustificarne l'appartenenza alla saga principale. Intanto, lo si può trovare facilmente su Ps Vita, PSP e PS3 grazie allo store, purtroppo in una versione mai ottimizzata per display moderni. Doveste sentire il rantolo dell'arma biologica evocare gli S.T.A.R.S. non resterà che fare una cosa: correte, scappate!

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Resident Evil 3: Nemesis

Nintendo GameCube, PS1

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Antonino Fiore

Contributor

Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.

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