Skip to main content
Se clicchi sul link ed completi l'acquisto potremmo ricevere una commissione. Leggi la nostra policy editoriale.

Death Stranding: Hideo Kojima si mette a nudo parlando del suo vissuto che ha ispirato il tema della connessione nel gioco

Hideo Kojima ha spiegato vari aspetti del design e dello sviluppo di Death Stranding ispirandosi alle sue esperienze di vita.

Attraverso una particolare ed intima intervista, Hideo Kojima ha illustrato gli aspetti più oscuri e meno noti dello sviluppo di Death Stranding, arrivando a toccare argomenti personali come la solitudine e la morte dei suoi genitori. Come ormai sappiamo, lo scopo di Death Stranding è di riconnettere le persone. Nei panni di Sam, i giocatori scalano montagne frastagliate, battute dalla pioggia, inciampando, cadendo e talvolta danneggiando il carico che è la chiave per ripristinare la comunicazione tra città isolate. Secondo Kojima in questo modo, attraverso errori, i giocatori impareranno a lavorare nel modo giusto, "proprio come un bambino che impara a camminare".

In un'intervista a Venture, Kojima ripercorre parte del suo passato, che lo ha aiutato a sviluppare il gioco: in particolare il creatore si focalizza sulla solitudine. "Mi sentivo solo quando parlavo con i miei amici perché non riuscivano a capire. Volevo andare a casa, e accendere le luci perché ero spaventato" ha svelato "Avevo così tanti amici a scuola, ma ero solo. Non l'ho detto a nessuno. Pensavo di essere malato". A scuola era il comico della classe, ma dentro di sé si sentiva isolato. Poi il creatore ha visto Taxi Driver: "Travis Bickle in un certo senso era come me. Pensavo che ogni ragazzo americano non avesse mai provato la solitudine, ma quando ho visto Taxi Driver, sono rimasto sorpreso e mi ci sono immerso, mi sono sentito sollevato. Ecco perché ho aggiunto questa connessione online indiretta al gioco, in modo che le persone si sentano sollevate perché sanno di non essere sole".

Anche la morte e la memoria fanno parte del gioco sin dal suo concepimento, purtroppo collegato ad un brutto periodo per Kojima, ovvero la morte della madre. "Mio padre morì quando avevo 13 anni, perciò ha lasciato mia madre single ad occuparsi di tutto. Mia madre ha sviluppato un sentimento di protezione nei miei confronti e quando ho lanciato il mio studio ed ho iniziato a sviluppare Death Stranding lei non sapeva nulla. Ho pensato 'glielo dirò quando avremo un po' di successo', ma è morta durante lo sviluppo del gioco. In un certo qual modo i fantasmi nel gioco rappresentano i miei genitori. Volevo che tutti sentissero quel tipo di connessione con le persone che sono scomparse".

Sebbene la maggior parte delle storie all'interno di Death Stranding abbiano, come osserva Kojima, "lieti fine", sono le sfide strazianti di Reedus nei panni di Sam Porter Bridges che risultano essere più toccanti. Questo tema è già stato trattato in tutti i giochi di Kojima, ma è in Death Stranding che il modo attento e toccante di trattare la famiglia e le connessioni con la vita e la morte è perfettamente realizzato.

Death Stranding è disponibile per PlayStation 4, mentre la versione per PC arriverà il prossimo anno. Se vi trovate in difficoltà potete dare uno sguardo alla nostra guida completa.

Fonte: Vulture