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Bernardo Antoniazzi: vi racconto Call of Duty - intervista

Ecco quanto è difficile imprigionare la realtà in un videogioco.

Classe '80, quarant'anni da compiere quest'anno, eppure sembra poco più che adolescente. Bernardo Antoniazzi lavora nel mondo dei videogiochi dal 2007, da quando Activision lo nota per la qualità delle sue "cinematiche" (animazioni) e lo chiama ad occuparsi di Marvel Ultimate Alliance prima, e poi di Wolverine, Spiderman, Prototype, Skylanders, Guitar Hero e 007 Legends. Quest'anno, infine, si è occupato dell'ultimo Call of Duty.

Ora vive stabilmente a San Francisco e, negli ultimi cinque anni, ha "cambiato lavoro": pur continuando a lavorare in Activision, infatti, Bernardo ora si occupa di "sistemi di cattura", dispositivi che consentono letteralmente di trasformare in codice digitale qualsiasi oggetto fisico inanimato o qualsiasi essere vivente, mantenendone la massima verosimiglianza e lo medesima elasticità, o le proprietà dei materiali di cui è composto, sia esso un vestito, un'arma, un viso umano o un bicchiere di whisky, in modo tale da poter disporre di modelli realistici da inserire e utilizzare nel codice di un videogioco.

È un lavoro relativamente nuovo, in cui la tecnologia si mischia con l'arte ma che Bernardo svolge con una passione quasi maniacale. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di parlarcene un po'...

Tu ti occupi prevalentemente di scansioni, cioè di un aspetto molto specialistico. Qual è la parte più sfidante di questo lavoro?

Bernardo Antoniazzi, 39 anni, specialista di sistemi di scansione digitale al laser per Infinity Ward, ha lavorato all'ultimo Call of Duty: Modern Warfare.

È disegnare le facce, i volti delle persone. Può sembrare una cosa banale ma realizzare il modello, la scansione digitale di un volto fatto bene, è una cosa complicatissima. Noi non ci facciamo caso ma passiamo la maggior parte della nostra vita a guardare le facce delle persone e perciò il nostro cervello è espertissimo di volti, che però sono una superficie molto più dinamica di quanto possiamo percepire a livello conscio. Ad esempio ci sono micromovimenti che non notiamo a livello razionale ma che, invece, a livello inconscio il nostro cervello registra.

Quando andiamo a replicare un volto in un modello digitale, se quei micromovimenti non vengono replicati il nostro cervello se ne accorge e quando guardiamo il viso di un personaggio digitale capiamo che c'è qualcosa che non va; capiamo che non è realistico, che è una brutta copia, ma non perché. Perciò ricreare i volti è sempre la parte più difficile. Anche ricreare i capelli è estremamente difficile: con la pelle e gli occhi abbiamo fatto degli enormi progressi e sono ormai fotorealistici, invece coi capelli secondo me ancora non ci siamo: ogni capello ha tante curvature e se pensi ad un intero scalpo, sono milioni e milioni di curvature da gestire in tempo reale. Ovviamente non riusciamo a gestirli e ricorriamo a degli espedienti più o meno accettabili ma se li guardi bene ti accorgi che sono finti; su quello c'è ancora tanto da migliorare.

Questo è il tuo decimo Call of Duty, in cosa si è evoluto il brand e, più in generale, il panorama degli FPS in questo perido?

Stiamo parlando di un periodo di più di dieci anni che, nel mondo dei videogame, sono un'eternità. Provo a spiegartelo con un aneddoto: dieci anni fa ero in ufficio con Joel Emslie che ai tempi era un semplice "character artist" di Modern Warfare 2 (e oggi è diventato invece l'Art Director di Infinity Ward) e già ai tempi facevo delle scansioni coi laser e avevo realizzato una scansione di un paio di pantaloni. Gliel'avevo mostrata, sperando di poterli mettere nel gioco, ma Joel mi aveva subito scoraggiato perché la tecnologia ai tempi era inadeguata e quel tipo di modello digitale, con milioni di poligoni, era del tutto inutilizzabile e sarebbe stato tempo perso.

Poi Joel se n'è andato a Respwan per fare Titanfall e poi, un paio di anni fa, è tornato. Quando ci siamo rivisti si è ricordato di quell'episodio e si è reso conto che, benché visionaria ai tempi, quella era la strada buona da seguire, quella era la tecnica che avremmo utilizzato un decennio dopo per realizzare modelli velocemente e con un livello di dettaglio ai tempi impensabile. Oggi il tempo per realizzare questi modelli è un decimo rispetto a quello speso dieci anni fa, e con una qualità dieci volte superiore. Ai tempi per realizzare dei semplici pantaloni verosimili un artist doveva perdere ore e ore a disegnarli direttamente al PC, con risultati talvolta discutibili.

Bernardo all'interno del sistema di scansione digitale al laser da lui stesso creato. È grazie a questa macchina che i personaggi e gli oggetti in Modern Warfare appaiono così realistici.

In Italia, nonostante le cose siano cambiate notevolmente negli ultimi anni, i videogiochi mantengono ancora una patina di fenomeno culturalmente "cheap". Qual è la percezione, nella tua esperienza californiana, del pubblico statunitense? In cosa è diverso rispetto alla community dei giocatori italiani?

Negli Stati Uniti, secondo me, l'impatto del videogioco online, multiplayer, è stato molto più forte che in Europa in genere, e in Italia in particolare. Complice forse uno sviluppo tecnologico più rapido (le reti si sono sviluppate più precocemente e più velocemente negli USA) e un approccio da parte dei giovani più familiare con la tecnologia e i computer, molto più diffusi che da noi, il gioco online è diventato un vero e proprio fenomeno sociale, soprattutto nella generazione dei millennial.

Nei bar californiani, già anni fa, non era insolito sentire ragazzi parlare dei membri del clan con cui giocavano online esattamente nello stesso modo con cui noi, quand'eravamo giovani, parlavamo del gruppetto di amici con cui andavamo a giocare al campetto. Eppure nel loro caso erano persone che, spesso, non avevano mai incontrato in real life. Questa cosa in Italia è più difficile da vedere, se non nei giocatori più "hardcore". Questo, credo, ha fatto la differenza.

Hai collaborato a un Call of Duty che si basava su un'accurata ricostruzione storica di alcune drammatiche battaglie della Seconda Guerra Mondiale. Modern Warfare invece perde il lato storico del gioco. Pensi che non avere particolari vincoli storici renda gli sviluppatori più liberi di realizzare il gioco come piace a loro, rendendolo quindi migliore?

Uno studio grafico del personaggio di Farah Karim. Le uniformi e gli abiti indossati dai personaggi in Modern Warfare non sono stati disegnati (come si faceva una volta), ma sono costumi veri, fatti indossare agli attori e poi scansionati da Bernardo per ricrearne una perfetta replica digitale.

Beh, il Call of Duty (con poche eccezioni) si è staccato dalla storia, dalla realtà, da tanto tempo. In senso stretto non è una scelta di Activision: noi cerchiamo di offrire al pubblico ciò che vuole e l'FPS storico non è più tra i trend di maggior interesse per i giovani giocatori. Le ambientazioni fantascientifiche, molto banalmente, tirano molto di più. Detto ciò, non fare giochi che abbiano una base storica non toglie qualsiasi vincolo: è più semplice ma non si ha comunque una libertà totale. Ti faccio un esempio: se io devo realizzare una missione che si svolge a Mosca (a prescindere dal periodo storico) o che ha per protagonisti dei personaggi russi, devo sforzarmi di inserire nel gioco dei "figuranti digitali" che abbiano la fisionomia spiccatamente russa, i lineamenti tipici delle etnie che abitano quell'area.

Ti assicuro che inserire dei personaggi con l'aspetto tipico dei cittadini americani in una missione che si svolge a Mosca rovinerebbe l'intero livello, rendendolo poco verosimile; mentre ci giochi magari non ci faresti caso ma a livello inconscio capiresti che c'è qualcosa che non va, anche se non sai cos'è. Noi spendiamo molto tempo per fare questo tipo di ricerche e per digitalizzare le persone, gli animali, gli oggetti giusti e inserirli, nel gioco, nel posto giusto e nel modo giusto.

Una domanda un po' spinosa: Infinity Ward ha dichiarato che i DLC di Modern Warfare saranno distribuiti gratuitamente, suscitando una prevedibile ondata di approvazione da parte dei fan. Cosa pensi dei DLC a pagamento?

Una foto dell'attrice australiana Claudia Doumit che ha interpretato, in Modern Warfare, il ruolo della ribelle Farah Karim.

La risposta è puramente personale, legata più alla mia esperienza di videogiocatore che di "addetto ai lavori". Ovviamente condivido la scelta di Infinity Ward, così come di altre aziende che hanno adottato la medesima politica come ad esempio CD Projekt Red, e capisco che questo susciti l'euforia dei fan. Dall'altro lato, però, va detto che spesso dietro a un DLC c'è tanto lavoro, non diverso da quello svolto quando ci si occupa dello sviluppo del gioco "principale". Perciò in senso assoluto io non sono contrario a pagare (come giocatore) e a far pagare (come sviluppatore) un DLC. Certo, dipende dal contenuto: se si tratta di qualcosa che offre quantitativamente poco, è giusto offrirlo in maniera gratuita; nuovi livelli, nuove espansioni, nuove trame, non hanno invece una dignità inferiore al titolo "main" ed è più che comprensibile che le case di sviluppo chiedano un compenso, magari piccolo, per poterci giocare.

La domanda classica: cosa rispondi a chi accolla agli FPS parte delle responsabilità degli episodi di violenza balzati agli onori della cronaca e che talvolta avvengono negli USA? Oppure è possibile che un videogioco possa addirittura trasmettere dei messaggi etici, senza diventare per forza pedante o noioso?

Francamente non so bene cosa rispondere su un tema così controverso: posso solo dire che in Activision c'è grandissima attenzione ai contenuti e al fatto che tali contenuti non debbano in alcun modo suscitare emozioni o reazioni diverse rispetto a quelle per cui tali contenuti sono stati realizzati: cioè, il puro intrattenimento. Quest'attenzione si declina anche con il rispetto rigoroso del rating per il pubblico cui il gioco si rivolge: il PEGI è una cosa molto importante e molto seria per noi.

Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, la mia posizione strettamente personale è "sì". Non è detto che "debba" averli (ci sono giochi che non trasmettono messaggi etici e rimangono ottimi) ma dei contenuti etici possono stare tranquillamente in un videogioco senza affossarne il livello di divertimento. Ovviamente mi viene facile prendere l'esempio di Modern Warfare: una delle cose che sin dal principio Jacob e Taylor (Jacob Minkoff e Taylor Kurosaki: rispettivamente Gameplay Director e Narrative Director di Infinity Ward, ndR) hanno avuto ben chiaro era il desiderio di rappresentare, in quel gioco, il realismo della guerra in ogni suo aspetto, anche quello delle vittime innocenti. Trasmettendo così senza censure la drammaticità della guerra. Se non è un contenuto etico questo...

Claudia Doumit trasposta digitalmente in Modern Warfare.

Prosecco a parte, quando sei in California, cosa ti manca di Vittorio Veneto e, più in generale, dell'Italia?

Mi manca tanto la famiglia, oltre naturalmente alla soppressa, al prosecco e a un po' tutte le ghiottonerie delle mie parti. Va detto che adesso in California è un po' più facile, rispetto a prima, trovare prodotti italiani di qualità: a Los Angeles, ad esempio, trovo abbastanza facilmente del buon radicchio trevigiano. È ottimo ma costa uno sproposito.

A me però piace cucinare, sono un buon cuoco, cresciuto sempre attaccato a mia nonna da cui ho carpito molti segreti, e ho capito che fare del cibo buono se non ci sono dei buoni ingredienti è una scommessa persa in partenza: un po' come per i videogiochi...

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Paolo Cupola

Contributor

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