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Per l'OMS i videogiochi possono salvare delle vite. Ma non creavano dipendenza? - editoriale

“Giocate online e restate a casa”: eppure, solo pochi mesi fa sosteneva che possono causare problemi fisici e mentali.

Ricordarsi delle potenzialità sociali dei videogiochi solo quando fa comodo: lo stai facendo bene. Il trofeo sbloccato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è a dir poco curioso. Alla fine dello scorso anno, l'OMS ha riconosciuto ufficialmente la dipendenza da videogiochi come una malattia.

Ora in tempo di quarantena sta supportando l'iniziativa "PlayApartTogether" dell'industria videoludica: giocare online per restare vicini ma rispettando la distanza sociale a cui siamo obbligati per questioni sanitarie. I videogiochi diventano uno strumento sociale perfetto per far rispettare le raccomandazioni. Quegli stessi videogiochi che, però, secondo l'OMS possono causare una dipendenza che rischia di rovinare la vita delle persone.

L'iniziativa "PlayApartTogether" è stata presa indipendentemente da 18 attori dell'industria videoludica. Tra questi ci sono Activision Blizzard, Riot Games, Unity, Glu Mobile e Zynga, oltre che piattaforme come Twitch e YouTube. Tramite questa campagna i produttori vogliono "incoraggiare la loro vasta rete di utenti a seguire le linee guida dell'OMS". Una spinta comunicativa che ha trovato sostegno persino dal direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, secondo cui "dobbiamo tutti giocare distanti ma uniti per sconfiggere il coronavirus".

Il direttore generale dell'OMS ha sostenuto pubblicamente l'iniziativa PlayApartTogether dell'industria videoludica.

"Le società videoludiche hanno un pubblico mondiale e incoraggiamo tutti a giocare distanti ma uniti", ha scritto su Twitter Ray Chambers, ambassador per la strategia globale dell'OMS. Un'incoerenza fortissima con l'inclusione dei videogiochi nell'International Classification of Diseases (ICD), che ha aggravato l'immagine del mondo videoludico mettendola a fianco del gioco d'azzardo.

Per altre dipendenze riconosciute, come il fumo e l'alcol, l'OMS ha mantenuto la propria posizione nonostante la quarantena e l'isolamento. Per esempio, smentendo la bufala secondo cui l'alcol possa proteggere contro il COVID-19, l'OMS ha ricordato che "un consumo frequente o eccessivo di alcol può aumentare il rischio di problemi alla salute". Altrettanto non è stato per i videogiochi che, anzi, vengono sfruttati per far rispettare le norme e mantenere le persone in casa, ma contemporaneamente unirle attraverso un'esperienza condivisa: giocare online, appunto. Ma non creavano dipendenza?

Non sembra però che l'OMS intenda cambiare idea sui videogiochi tanto presto. Eurogamer.it ha contattato l'OMS per avere un chiarimento rispetto all'attuale posizione dell'organizzazione, che sembra andare in senso contrario rispetto all'inclusione della dipendenza da videogiochi nell'ICD. "L'OMS sta usando tutti i canali disponibili per far arrivare i suoi messaggi salvavita riguardanti la salute pubblica per il COVID-19 alle varie comunità in tutto il mondo", ha risposto un portavoce. "La posizione dell'OMS sui videogiochi non è cambiata".

Animal Crossing è uno dei giochi più popolari di queste settimane in cui coppie distanti possono ritrovarsi su un'isola virtuale.

L'OMS quindi sembra non riuscire a decidersi: giocare troppo ai videogiochi può causare dipendenza, ma se serve a mantenere le persone a casa, allora si può chiudere un occhio? Forse l'OMS dovrebbe rivalutare la sua posizione, già ampiamente criticata ai tempi dell'inclusione del "gaming disorder" nell'ICD. Perché se i videogiochi possono diventare uno strumento importante al punto da salvare vite - non solo da un punto di vista fisico mantenendo le persone a casa, ma anche sotto quello psicologico, aiutandole a tenere vive le relazioni - allora la discrepanza con quanto professato dall'OMS fino a pochi giorni fa è talmente forte da rompere i vetri che ora ci barricano nelle nostre stanze.

Ora che è necessario far arrivare il messaggio a milioni di persone, è comodo che i videogiochi riescano a raggiungere un pubblico tanto vasto. La stessa considerazione, però, è stata fatta per valutare il possibile impatto dei videogiochi sulla salute fisica e mentale dei giovani che passano ore di fronte allo schermo in un'avventura virtuale. Ed è stato fatto dimenticando, a suo tempo, che online si tessono relazioni, ricordi e storie.

A oggi non è credibile che la situazione in Italia e nel resto del mondo possa tornare alla normalità tanto rapidamente. Da sempre più parti viene ipotizzato che anche quando l'emergenza sarà rientrata, le abitudini delle persone e il loro stile di vita non sarà più lo stesso.

Nel 2019 l'OMS ha riconosciuto la dipendenza da videogiochi come malattia. Oggi li fa rientrare nelle sue linee guida per proteggersi dal COVID-19.

Potrebbe, per esempio, continuare a esistere un certo scetticismo verso il contatto fisico, mentre interi settori (come la sharing economy) potrebbero subire un contraccolpo fortissimo. I videogiochi online, in poche parole, potrebbero restare a lungo un salvavita per tante persone e tenerle connesse agli affetti distanti.

Questo salvavita, però, secondo l'OMS può anche rovinarti l'esistenza. Una dicotomia tanto triste quanto frequente: a chi non importa dei videogiochi fanno comodo solo al bisogno.

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A proposito dell'autore
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Massimiliano Di Marco

Contributor

Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.
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