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Space Force (s. 01) - recensione

“So di non essere perfetto, ma so che c'è di peggio”.

Il Generale 4 stelle Naird (nome nella pronuncia pericolosamente vicino a Nerd) non è un topo da Pentagono, che ha fatto carriera nelle stanze del Potere.

Naird è uno che ha pilotato aerei da combattimento, che è stato abbattuto in Bosnia e braccato per mesi nelle foreste cibandosi di vermi. Sarà per questo che viene sbeffeggiato dai suoi pari grado, tutti però tronfi e arroganti burocrati delle varie branche dell'apparato militare statunitense.

A sorpresa riceve un incarico di altissimo livello: organizzare una Space Force capace di portare di nuovo l'uomo sulla Luna, come proclama il Presidente (intenzione realmente manifestata con lo stanziamento di 40 milioni di dollari). Il Commander in Chief invece che "boots on the Moon" avrebbe detto "boobs on the Moon", ma quella è un'altra storia.

Naird è un vero militare nell'anima, ricco di esperienza sul campo, uno che obbedisce tacendo anche agli ordini più assurdi, anche quando non ci crede. Quindi senza fare una piega si getta nell'impresa. E in una base segretissima in Colorado, costosissima naturalmente, alla quale si accede con il solito portale camuffato in una parete rocciosa, dà inizio all'impresa.

A collaborare sul lato tecnico si ritrova Mallory, un eccentrico scienziato, un civile molto dandy (un'esilarante caratterizzazione di John Malkovich), che non perde occasione per manifestare il suo disprezzo nei confronti della mentalità militare, per lui ottusa. È ricambiato da Naird che lo tiene a bada con un certo scetticismo, perché "la scienza è leale alla ragione, e perciò lo scienziato è infido".

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Intorno gravitano vari altri personaggi: il fallimentare attendente di Naird; il giovane scienziato cinese, aiutante di Mallory; la figlia di Naird, tipica adolescente insofferente, e l'amatissima moglie (Lisa Cudrow), che però non vive alla base; una giovane donna afroamericana, pilota di elicotteri che vorrebbe essere la prima "Black on the Moon". E il gruppetto di Generali ostili, che non perdono l'occasione per ridere alle sue spalle.

L'impresa sembra davvero impossibile, i fallimenti si susseguono, da Washington cercano di bloccare il progetto, considerato inutile e costoso, ci si mettono anche i cinesi (i nuovi "cattivi" anche per ridere). Tutti, anche quelli che sembrano animati dalle migliori intenzioni, gli remano contro.

Il povero Naird cerca di superare ogni ostacolo, di tappare ogni falla, sforzandosi nel contempo di non affossare la sua famigliola dai complicati equilibri, mentre subisce le pressioni dall'Altissimo, che incita a ogni più folle azione. Come fare a portare a termine l'incarico, salvando il mondo e la sua famiglia? Ad un certo punto Naird non saprà quale sia la cosa giusta da fare, ma saprà bene quale sarebbe quella sbagliata.

La commedia è scritta dal duo Steve Carell/Greg Daniels, già responsabili della versione americana di The Office, e in Naird ritroviamo un po' del famoso capufficio, che nella sua versione era meno sgradevole e imbarazzante dell'equivalente inglese (che era interpretato da Ricky Gervais).

Il protagonista in un raro momento di gratificazione.

Naird si disegna poco alla volta come un uomo integro, onesto anche se un poco ottuso su certi argomenti, dedito a una ferrea disciplina anche interiore, marito innamoratissimo di una moglie che si porta appresso un enorme problema. Riesce anche a essere un padre affettuoso, pur obbligatoriamente distratto dai suoi impegnativi compiti.

Quindi nella satira scontata, ma con qualche finezza, di un sistema che abbiamo visto messo alla berlina in infiniti film (nella follia generale c'è qualche eco di MASH), il personaggio si forma poco alla volt, acquisendo uno spessore che alla fine comunica una tenerezza inattesa.

Che è la caratteristica dei personaggi che Carell si è scritto o che gli sono stati assegnati negli anni della sua lunga carriera, in cui è partito con ruoli da imbarazzante imbranato cronico, come nel suo primo successo, 'Una settimana da Dio', per proseguire con serie e film minori.

É arrivato a una certa notorietà con '40 anni vergine', sempre stralunato e complessato, per decollare con il successo di 'The Office' made in USA e i film sono un poco migliorati, anche se sempre all'interno di una certa tipologia di personaggio (Un'impresa da dio, L'amore secondo Dan, Notte folle a Manhattan).

Il Generale in uno dei frequenti momenti in cui viene bullizzato.

Con il ruolo in 'Crazy Stupid Love' e specialmente con 'Cercasi amore alla fine del mondo', si è vista balenare una possibilità per una strada diversa che lo ha portato a 'Foxcatcher', 'La grande scommessa', 'La battaglia dei sessi', 'Last Flag Flying', 'Beautiful Boy', 'Vice', 'Benvenuti a Marwen', la serie 'The Morning Show', permettendogli di dimostrare quale bravo attore potesse essere dopo circa vent'anni di carriera.

La serie non sarebbe lo stessa senza la presenza dell'ineffabile Malkovich, inarrivabile spalla comica da ascoltare in originale per la sua tonalità e la dizione. La sceneggiatura è un fuoco di fila di battute e battutine, e senza mai ammazzarsi di risate si sorride tanto e la sghignazzata spontanea scappa ogni tanto.

Del resto la serie si pone garbatamente come il suo autore-interprete, con 10 episodi da meno di mezz'ora ciascuno, che sono l'ideale per godersi un prodotto come questo.

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A proposito dell'autore

Giuliana Molteni

Contributor

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