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Possessor - recensione

Due anime in un corpo.

Una organizzazione criminale mette a disposizione un servizio di assassinio su commissione. Che viene effettuato in totale sicurezza, infatti a eseguire l'uccisione richiesta sarà volta per volta una persona sconosciuta, senza il minimo aggancio con la vittima. Siamo infatti in un prossimo futuro e, tramite un impianto cerebrale, la mente dell'assassino dell'organizzazione entra materialmente nel corpo dell'esecutore, "possedendolo" e facendogli eseguire l'incarico. Dopo aver completato l'incarico, il soggetto si suicida e così dal corpo morto viene estratta da remoto la mente dell'assassino, che torna nel suo corpo attraverso un bizzarro macchinario.

Questo spietato assassino, preziosa arma dell'organizzazione, è Tasya, una fragile ragazza che, nonostante il suo mostruoso lavoro, mantiene dei forti legami affettivi con l'ex marito e il figlioletto e fatica a mantenere questa doppia vita. Ad ogni missione, il "rientro" è più problematico e dopo il "risveglio" balenano nella sua mente sempre più tracce di quanto avvenuto. Ma Tasya è una risorsa troppo preziosa per la sua responsabile (Jennifer Jason Leigh), che la invia in una missione più complessa. Per uccidere un magnate della tecnologia bisogna però passare attraverso la sua famiglia e Tasya deve "incarnarsi" nel corpo del fidanzato della figlia. La cui personalità sarà però un osso duro da governare e complicherà drammaticamente la missione. In un imprevisto e tragico sdoppiamento, alterni barlumi di coscienza, come progressivi stati di allucinazione, porteranno a completare la missione in condizioni sempre più tragiche.

Ghost in the Machine.

Raccontata così sembra una versione fantascientifica di qualche storia stile Va' e uccidi (o The Manchurian Candidate). Quello che fa la differenza, ricordandoci tanta fantascienza "umanista" del passato, è la figura dell'assassina e la crudele conclusione. Che è crudele come gli ammazzamenti, che sono di uno splatter sadico e compiaciuto, anche visivamente disturbanti. E tutto questo ci porta al secondo motivo di interesse del film. Perché Possessor è la seconda regia di Brandon Cronenberg, quarantenne figlio di David, regista del quale è superfluo elencare la filmografia, tutti prodotti visionari improntati alla sua morbosa ossessione per la fusione organica fra uomo e macchina, per il rapporto fra uomo e tecnologia.

Il suo film precedente, il sorprendente Antivral che risale al 2012, è stato mostrato in qualche festival, ma poi è uscito solo in homevideo all'estero (e questo mostra una volta di più i problemi che affliggono la nostra distribuzione). A questo punto ci sarebbe davvero da iniziare una riflessione sui geni ereditari, sulla forza del lascito paterno, sull'influsso dell'ambiente famigliare e dell'educazione in generale.

Perché Brandon che anche scrive le sue storie, fin dai primi fotogrammi mostra con chiarezza un piacere per il dettaglio disturbante, una propensione allo splatter mai gratuito, un senso estetico particolare, un'eleganza dell'indirizzare la fotografia (che è di Karim Hussain, già con lui per Antiviral) e un gusto particolare nella scelta delle musiche, bellissime, che sono dell'inglese Jim Williams. Ma anche un piacere nel mostrare la modificazione della materia, la deformazione della carne, la violazione dei corpi da parte di congegni meccanici/tecnologici. E nel creare macchinari dall'aspetto antiquato, da era analogica, e scenografie laccatissime, come la casa del magnate, di splendore rinascimentale contaminato da un gusto alla Paul Getty.

L'allucinatoria modificazione della carne.

La storia può avere più letture, fra cui una molto attuale. Il film è ambientato una decina di anni fa quando l'invasività della tecnologia nelle nostre vite era appena iniziata, complice la nostra entusiastica adesione. Il magnate della Company già spia le vite dei suoi clienti attraverso dei dispositivi che possono essere l'attuale Alexa o Google e Apple Home, e una schiera di dipendenti osserva le loro case per trarne informazioni di interesse commerciale, infischiandosene di quanto avviene intanto fra gli abitanti, sesso compreso.

E sappiamo bene come questa sia oggi una concreta ipotesi. E il tema della "possessione" da parte di una forza esterna, che ci fa compiere azioni inconsce, come un condizionamento all'ennesima potenza, anche può rimandare al tema "social", con la subdola influenza sui nostri comportamenti. Se già ai tempi del primo consumismo degli anni '50/60 si lamentava questo progressivo condizionamento, oggi con metodi ben più subdoli l'effetto è ancora più pervasivo. Quanto viviamo le nostre vite. compiamo le nostre azioni in totale libertà e quanto invece siamo "modificati" dal sempre più invadente influsso della tecnologia?

Ma personalmente questa deriva ci interessa meno. Per noi Possessor è un ottimo thriller/horror, con efferati ammazzamenti, con un finale sorprendente e "cattivo", come oggi non usa più, nello stile degli anni '70 anni d'ora per entrambi i generi, sia l'horror che la fantascienza (quella pessimista). Quanto al cast, la presenza di Jennifer Jason Leigh sembra davvero un omaggio generazionale, perché la ricordiamo in EXistenZ, film diretto nel 1999 da Cronenberg padre, in cui si parlava di videogame e realtà virtuale, dopo aver già realizzato nel 1983 Videodrome. che si poneva gli stessi estremizzati interrogativi nei confronti della televisione.

L'ospite recalcitrante.

L'assassina è Andrea Riseborough, sanguinaria omicida a contratto, cui lo sforzo di "interpretare" la normalità famigliare riesce sempre più faticoso, dopo troppo tempo passato in corpi altrui a commettere atroci uccisioni. La delicatezza e fragilità dell'attrice sembrerebbero essere all'opposto di un ruolo simile e invece rendono più umano il suo personaggio. Proprio questa sua caratteristica risaltava anche nella recentissima serie tv Zerozerozero, che pure consigliamo. L'ospite involontario del suo carattere è Christopher Abbott, giovane attore scoperto nella serie tv Girls e che ricordiamo anche in It Comes at Night e come protagonista della serie Catch 22. Sean Bean è il capitalista arrogante, attore che tutti ormai ricordano solo come lo sventurato Ned Stark di Game of Thrones, ma che ha una lunghissima carriera di titoli interessanti alle spalle.

Il film è stato proiettato al Sundance Festival di quest'anno e, visti anche i tempi attuali, uscirà probabilmente solo in home video, confidiamo nello streaming.

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A proposito dell'autore

Giuliana Molteni

Contributor

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