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Da Blade Runner a Cyberpunk 2077: storia breve dei videogiochi cyberpunk

Chip dappertutto!

Il tanto atteso lancio di Cyberpunk 2077 ha scritto la parola fine ad anni di febbrile trepidazione per coloro che non vedevano l'ora di camminare per le strade di Night City, ma è solo l'ultimo esempio del legame che i videogiochi hanno stretto con la simbologia del genere cyberpunk.

Forse è inevitabile che i videogiochi e il cyberpunk siano così strettamente interconnessi, dato che entrambi sono nati durante il boom degli anni '50 e hanno ottenuto una presenza all'interno della cultura pop di massa negli stessi anni tra la fine dei '70 e l'inizio degli '80. Il difficile è capire come separare i videogiochi che hanno scelto accuratamente solo alcuni aspetti dell'estetica cyberpunk, ovvero letteralmente un centinaio, da quelli che sono o hanno tentato di essere esempi genuini di opere di fiction cyberpunk.

Per farlo dobbiamo definire con precisione gli elementi chiave del genere, vale a dire una visione distopica di un futuro non troppo lontano, l'interesse nei confronti di realtà alternative digitali, modifiche agli esseri umani basate su tecnologia o medicinali e droghe, e un ambiente culturale in cui l'interesse delle corporazioni ha da tempo soppiantato l'antiquata nozione di governo eletto.

Tutto è iniziato piuttosto presto, negli anni '80, con gli adattamenti di film cyberpunk per computer 8 bit come lo ZX Spectrum. Il videogioco di Blade Runner, piuttosto astutamente, prendeva la propria licenza dall'angosciosa colonna sonora tutta sintetizzatori di Vangelis piuttosto che dalla più costosa del film, nonostante chiedesse ai giocatori di volare sul loro Spinner al di sopra di Los Angeles individuando replicanti per poi inseguirli con semplici sezioni a piedi. Una distrazione divertente ma che fallì nell'afferrare i temi del cyberpunk in un modo anche solo vagamente significativo.

D/Generation segnò uno dei primi attecchimenti del cyberpunk all'interno dei videogiochi

Il gioco dedicato a Max Headroom, pubblicato nel 1986 e basato non sullo show di MTV ma sul film originale di Channel 4 TV (una delle opere cyberpunk più dolorosamente sottovalutate), vi faceva vestire i panni di un hacker mentre si infiltrava negli uffici di una sinistra corporazione del campo dell'informazione. La compagnia dedita al lavaggio del cervello teneva imprigionata all'interno del proprio mainframe Max, la prima intelligenza digitale mai creata, ed era vostro il compito di liberarla. Salite attraverso tutti i piani, sconfiggete i sistemi di sicurezza, hackerate ascensori e verrete ricompensati con una scena animata di Max che vi ringrazia personalmente attraverso un discorso distorto e robotico, qualcosa di rivoluzionario ai tempi.

Le idee fondanti del cyberpunk furono una parte cruciale del debutto TV di Max Headroom ma non erano davvero esplorate all'interno del suo gioco. E fu lo stesso nel D/Generation del 1991 per PC e Commodore, un gioco che era molto simile a Max Headroom sia nel concept che nell'effettiva esecuzione. Ancora una volta vestivate i panni di uno sfortunato intruso (questa volta un corriere) intrappolato all'interno del grattacielo di Genoq, ancora una volta una corporazione distopica, in cui si ritrovava costretto a combattere piano per piano per raggiungere il finale contro un'armata di bio-armi gelatinose. Il gameplay era leggermente più complesso, la trama un pizzico più pretenziosa (il vostro personaggio prende il suo nome dal filosofo Jacques Derrida) ma in definitiva tutto ciò che dovevate fare era comunque sparare a mostri e risolvere puzzle. Il Cyberpunk come filosofia era ancora solo una facciata per un divertimento famigliare.

Tutto finalmente cambiò negli anni '90 con l'ascesa di internet in combo con la sempre più vasta diffusione di titoli anime come Akira e Ghost in the Shell, un mix che creò una perfetta piastra di Petri in cui i concetti del cyberpunk potessero arrivare a un impatto culturalmente rilevante. Come risultato di ciò, solo nel 1993 e nel 1994 vedemmo il lancio di quattro giochi cyberpunk chiave le cui influenze si fanno sentire ancora oggi.

Beneath a Steel Sky offriva dei colpi di scena macabri e una commedia dai torni sardonici.

Il Syndicate uscito nel 1993, lo strategico di squadra ultraviolento di Bullfrog, è stato probabilmente il primo videogioco a essere cyberpunk sia nel concept che nei contenuti. Ambientato nel 2096, Syndicate immaginava uno scenario in cui i governi del mondo erano stati inglobati da megacorporazioni gigantesche e la popolazione veniva mantenuta accondiscendente attraverso l'uso di impianti che lasciavano le persone ignare nei confronti dell'inferno distopico che abitavano.

Dove Syndicate ha deviato dalle storie cyberpunk scritte e live action in questo caso è legato al lato più sanguinoso dei videogiochi dato che si vestivano i panni di un sostenitore entusiasta dei cattivi. Controllando un quartetto di agenti bio-potenziati attraverso una visuale isometrica dall'alto, il vostro compito era quello di avventurarvi in desolati panorami cittadini per completare missioni per il vostro datore di lavoro appartenente alle corporazioni, sabotando megacorporazioni rivali e generalmente seminando distruzione con un arsenale di armi e gadget utili per portare avanti i vostri scopi. Tra i gadget disponibili il famigerato Persuadertron, che permetteva di modificare l'alleanza degli NPC grazie ai propri chip, un'idea cyberpunk davvero oscura e brillante

La stessa annata ha visto l'uscita su SNES di un franchise cyberpunk seminale per i videogiochi: Shadowrun. Intrecciando un pizzico di DNA da gioco di ruolo giapponese nel genere, con elementi da high fantasy alla Tolkien, Shadowrun era anche un esempio di crossover tra i giochi da tavolo e i videogiochi.

Giocando nei panni del protagonista affetto da amnesia Jake Armitage, vi ritrovavate nella Seattle del 2050 ma nella realtà di Shadowrun creature mitiche come orchi ed elfi condividono le nostre città, e innesti cibernetici coesistono con la magia. È uno di quei mix di generi che avrebbe potuto facilmente rivelarsi liquame ma il risultato si è dimostrato genuinamente affascinante sfruttando un altro tema cyberpunk post-Blade Runner molto popolare, il mistero da film detective noir intrecciato con il sci-fi, per immergervi in un mondo inusuale. Il videogioco offriva anche un'altra idea cyberpunk ricorrente resa popolare dal racconto breve del 1981 ad opera di William Gibson, Johnny Mnemonic, con Jake che si rivelava un "corriere di dati" che trasportava informazioni sensibili attraverso un hard drive nel suo cervello.

Deus Ex, il gioco in cui il cyberpunk si fece supereroe.

Johnny Mnemonic ricevette un adattamento cinematografico nel 1995, un film in cui Keanu Reeves comunicava con un delfino cyborg e che ispirò anche un gioco punta e clicca nello stesso anno ma prima, due storie cyberpunk più seminali (e originali) vennero raccontate attraverso i videogiochi.

Uscito nel 1994, Beneath a Steel Sky era una collaborazione tra il leggendario designer di avventure Charles Cecil, famoso per il lavoro su Broken Sword, e l'artista noto tra le tante opere per Watchmen, Dave Gibbons. Ambientato ancora una volta in una visione distopica del nostro futuro con il mondo diviso in vaste città-stato sparse per continenti desolati, Beneath a Steel Sky bilanciava il prevedibile nichilismo del genere cyberpunk con un ironico senso dell'umorismo vicino ai giocatori avvezzi alle avventure Lucasarts. Cosa da notare, il videogioco esplorava l'idea delle macchine senzienti, sia attraverso una spalla con l'aspetto di un robot aspirapolvere che attraverso una rivelazione piuttosto lugubre nelle parti finali del gioco legata alla natura del LINC, l'IA che controlla la città da dietro le quinte.

In quanto avventura grafica, Beneath a Steel Sky era in grado di porre in primo piano la storia in modi che i precedenti giochi di stampo cyberpunk non avevano mai realizzato con un'enfasi che continuò anche nell'altro gioco chiave del genere del 1994: System Shock.

Ambientato nel 2072, System Shock vi faceva giocare nei panni di un hacker anonimo ricattato da un dirigente della TriOptimum Corporation al fine di estrarre informazioni su una nuova bio-arma da SHODAN, l'IA che controllava la Citadel Station. Solo quella sinossi poneva già System Shock esattamente nel territorio cyberpunk e la prospettiva in prima persona e la costruzione non lineare dava ai giocatori parecchie libertà di azione nel muoversi per il mondo di gioco ed esplorare le implicazioni legate alle azioni effettive. Il titolo si dedicava anche al mondo reale ("meatspace") oltre che al regno digitale del cyberspazio. In un periodo in cui la sola nozione di siti web veniva vista come intrigante e nuova questo aspetto non può essere sottovalutato.

Acquisizione aziendale ostile, in pieno stile Syndicate.

Ancora più importante era la libertà che il titolo dava ai giocatori quando si trattava di autodefinirsi e migliorarsi nel corso dell'avventura in base allo stile di gioco preferito. È una meccanica che oggi diamo per scontata, vista in ogni brawler storico fino agli RPG fantasy ma System Shock fu pioniere in questa nozione del personaggio del giocatore in quanto tela vivente su cui poter aggiungere abilità e skill diverse attraverso gli impianti. Ciò che era stato un concetto sullo sfondo nei titoli precedenti ora era un'idea di gameplay centrale e non è una esagerazione affermare che il gaming non fu più lo stesso una volta che System Shock la normalizzò. Sono pochi i videogiochi AAA che oggigiorno non propongono upgrade e skill tree e il concetto stesso è profondamente cyberpunk. Non puoi fare qualcosa? Migliorati fino a quando ne avrai l'occasione.

Temi come corporazioni incontrollate, sotterfugi tecnologici e futuri distopici erano ben innestati nel gaming in generale anche in videogiochi che non erano immersi nella cultura cyberpunk come dimostrato da G-Police, un'esclusiva PlayStation del 1997 in cui controllavate una sorta di elicottero futuristico attraverso le colonie di Callisto. Il gameplay era pura realizzazione della fantasia di potere ma il debito concettuale nei confronti dei panorami cittadini di Blade Runner e una storia che portava successivamente ai tipici illeciti corporativi sono sufficienti per inserire il gioco nei confini del genere cyberpunk. Anche se l'idea narrativa che velivoli di sorveglianza pesantemente armati siano qualcosa di negativo mal si lega con il fatto che in termini di gameplay siano in realtà fantastici.

Stranamente, mentre il nuovo millennio vide una nuova infornata di film ispirati al cyberpunk (specialmente The Matrix e Strange Days) il genere nel gaming si placò o quanto meno l'innovazione che ebbe il suo picco nella metà degli anni '90 era evidentemente assente. Deus Ex, pubblicato nel 2000 e creato da Warren Spector, producer di System Shock, è il solo faro luminoso di quegli anni. Decisamente un fratello spirituale di System Shock sia in concept che esecuzione, questa volta giocavate nei panni di JC Denton, un agente della United Nations Anti-Terrorist Coalition (UNATCO), sulle tracce di una letale nano-piaga.

Auto-miglioramenti modulari nel seminale System Shock.

L'aspetto del potenziamento di System Shock qui poté correre a briglia sciolta. Tradizionalmente nel cyberpunk l'idea degli impianti e degli upgrade era legata al fornire all'underdog di turno una possibilità di combattere contro uno stato corrotto e oppressivo, o permetteva azioni criminali come il contrabbando di dati. Nel mondo di Deus Ex, erano la porta di ingresso verso superpoteri (forza, velocità, stealth) che avrebbero fatto impallidire il supereroe da fumetti medio.

Deus Ex entrava con decisione anche nel reame delle teorie cospirazioniste prendendo il sospetto nei confronti dell'autorità intrinseco nel genere ed esasperandolo con ampi riferimenti all'Area 51, agli Illuminati e ad altro ancora. La storia si fonda su una scelta morale con implicazioni globali ma fu solo nel 2011, con Deus Ex: Mankind Divided, che la serie scavò in profondità nelle filosofie dietro al cyberpunk, esplorando a pieno le ramificazioni che stanno dietro all'avere super uomini potenziati in giro per il mondo.

In seguito a Deus Ex e al suo sequel immediato, il cyberpunk nel gaming regredì fino al diventare una scelta estetica piuttosto che una ossessione tematica. Titoli come Fear Effect e il suo sequel puntavano sullo stile ma sembravano più interessati ad affrontare la questione della copertura dei media attraverso i suoi personaggi principali. L'action tra sci-fi e demoni Oni, una collaborazione tra gli sviluppatori di Bungie e il publisher Rockstar, non era niente male in termini di azione ma in definitiva prendeva solamente in prestito i vestiti di Ghost in the Shell per coprire vecchi concetti di gameplay.

Sorprendentemente il gioco che ha meglio esplorato le tematiche cyberpunk negli anni 2000 prima di Cyberpunk 2077 è stato uno che ha abbandonato quasi completamente gli aspetti visivi tipici del genere. Con protagonista ancora una volta un corriere che fugge da forze autoritarie, Mirror's Edge si è distinto immaginando un mondo in cui il controllo delle corporazioni ha dato vita a una sorta di luogo di pace opprimente con i suoi maestosi grattacieli presentati in un brillante bianco che si staglia contro uno splendido cielo azzurro e delle spruzzate di rosso per mostrare i percorsi da parkour con cui scappare dal sistema.

Senza insegne al neon, figure con cavi nel cervello in strade battute da una pioggia scrosciante, Mirror's Edge non ha per niente l'aspetto di un classico gioco cyberpunk eppure la sua storia incentrata sul controllo soffocante e su una ribellione sostenuta digitalmente è stata senza dubbio uno dei più recenti approcci, da parte di un grande publisher, alle tematiche che hanno definito il genere tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli '80.

Il che ci porta a questi ultimi giorni e all'uscita di Cyberpunk 2077. Il gioco è arrivato con sulle sue spalle bionicamente potenziate un enorme quantitativo di hype e con la sua visuale in prima persona, le tantissime opzioni di personalizzazioni e l'enfasi sulla libertà di scelta si presentava come un tentativo di unirsi al pantheon di nomi iconici come System Shock e Deus Ex.

Allo stesso tempo è anche un prodotto di intrattenimento AAA da parecchi milioni di dollari, sviluppato e pubblicato da quelle che sono le grandi corporazioni di oggi. Tale è la dicotomia insita nell'esplorazione del cyberpunk attraverso l'intrattenimento. La speranza è che Cyberpunk 2077 riesca a dimostrare, nonostante le legittime critiche e polemiche, di essere all'altezza dei suoi antenati e della promessa che risiede nel suo stesso nome.

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Dan Whitehead

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Dan has been writing for Eurogamer since 2006 and specialises in RPGs, shooters and games for children. His bestest game ever is Julian Gollop's Chaos.
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