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Dietro il videogioco: la storia di Capcom

Grandi autori perduti, grandi serie ritrovate.

Capcom è la casa videoludica che ha cresciuto e dato il via a molti grandi autori del panorama nipponico, da Keiji Inafune a Shinji Mikami, passando per Hideki Kamiya e Suda51. È stata una fornace di innovazioni e IP mastodontiche, oramai storiche e che non hanno certo bisogno di presentazioni: Resident Evil, Devil May Cry, Monster Hunter. Cavalli di battaglia che ancora oggi capitalizzano l'attenzione dei giocatori e del mercato.

La compagnia giallo-blu, con il blue bomber Mega Man a fare da mascotte, aiuto nella ripresa del settore dopo la grande crisi del 1983, di cui l'evento simbolo sono le cartucce invendute dell'Atari, sepolte (anzi seppellite) in una discarica di Alamogordo, New Mexico. Capcom è importante anche per quanto riguarda la crescita e lo sviluppo dell'ambiente eSport dei picchiaduro, con la combo Street Fighter, Capcom Pro Tour, l'annuale Capcom Cup e la nuova Street Fighter League.

Per vedere il finale di Ghosts 'n Goblins era necessario completarlo ben due volte.

L'origine della compagnia è legata all'affollatissima città di Osaka, prefettura dal bellissimo skyline notturno e dagli evocativi ristoranti, affacciati sul fiume dell'area di Dotonbori, che forse ricorderete dalla rivisitazione di Yakuza Kiwami 2. Qui Kenzo Tsujimoto, fulminato da un'intuizione alla vista dei pachinko, comprende le potenzialità economiche del settore videoludico e nel 1974 fonda la società che diventerà l'Irem (e da cui sarà licenziato per basso rendimento), per poi cominciare a immaginare la futura Capcom.

Nel 1979, in pieno boom di giochi ispirati a Space Invaders, Tsujimoto dà vita alla IRM (successivamente Sanbi) e la sussidiaria Capsule Computer Corporation, collaborando con Taito per la realizzazione di IPM Invaders e Capsule Invaders. La divisione Capcom nasce nel 1983 e in un primo tempo si occupa soltanto di distribuzione. La fusione effettiva e completa di tutte queste teste d'Idra avviene nel 1989 e oggi la sede centrale è nel quartiere di Chuo-Ku, vicino allo storico castello di Osaka, tra alberi di ciliegio, pagode e luci al neon in stile Night City.

Quello che quest'elenco un po' freddo di nomi aziendali e sedi per "sarariman" possono far perdere di vista, è che tra la nascita di una filiale occidentale e l'altra, i videogiochi della compagnia si sono trasformati, evoluti e a volte hanno anticipato e plasmato il mercato. Come è possibile, se il primo cabinato di Capcom risale al 1983 ed è un anonimo Little League basato sul baseball?

Intorno a Street Fighter è nata l'EVO e l'attuale Capcom Cup. È del 2019 invece la Street Fighter League.

Semplice. Capcom ha trovato un'anima; aveva tra le sue menti Tokuro Fujiwara (che aveva appena lasciato Konami e che sarà fondamentale per Mega Man) e Toshio Arima. Non a caso nascono shoot 'em up arcade come Vulgus e 1942. Capcom faceva fede al suo nome: creava "CAP-sule" di divertimento compatto, prodotti unici e protetti da un guscio metaforico da qualunque tentativo di imitazione poco ispirata. Ma se neanche Vulgus e 1942 vi dicono nulla, basti pensare che del 1985 sono Bionic Commando e Ghosts 'n Goblins, uno dei giochi più difficili e iconici mai realizzati.

"Durante lo sviluppo dell'originale Ghosts 'n Goblins ho fatto fatica a capire come i giocatori potessero apprezzare questo gioco come titolo arcade", dice Tokuro Fujiwara in un'intervista su Gameinformer, "Il mio obiettivo era determinare come trasmettere il senso di realizzazione e soddisfazione entro la durata di un gettone. La 'difficoltà' è stata solamente il risultato finale. Indipendentemente dalla generazione o dalla piattaforma a cui si rivolge, penso che la maggior parte delle persone, me compreso, ritenga che una sfida che porta a un senso di realizzazione sia divertente e che valga la pena affrontarla."

Nel 1987, con Takashi Nishiyama e Keiji Inafune che ingrossano le fila dell'azienda, è la volta di Street Fighter e Mega Man. I picchiaduro e i platform non saranno più gli stessi. Street Fighter, consacrato con il secondo capitolo del 1991, sdogana il concetto di combo (inventati dal videogioco Shangai Kid) e propone un cast che da Ryu a Blanka è ormai parte del bagaglio culturale di qualsiasi giocatore. Cabinato, per qualcuno, è sinonimo di una perfetta mezzaluna per eseguire un Hadouken.

Gran parte della saga di Mega Man è facilmente recuperabile grazie alle molte Collection e riedizioni, incluse quelle dedicate alla saga di Zero.

Per dare un'idea della portata del fenomeno, ricordiamo che il film di Street Fighter del 1994 è stata una delle prime trasposizione cinematografiche del nostro medium (con Mortal Kombat e Super Mario). Ma al di là dell'importanza per la cultura pop, è per ospitare un torneo di Super Street Fighter II Turbo e Alpha 2 che è nata l'EVO (Evolution Championship Series), a oggi il più grande torneo di picchiaduro esistente e un momento cardine dell'evoluzione dell'ambiente competitivo. Così importante che Sony l'ha recentemente acquisito a fini strategici.

Nobuhiko Shimizu: "L'ha detto anche il presidente di Capcom Haruhiro Tsujimoto, ma credo che gli eSport abbiano il potenziale per essere più di una semplice moda passeggera. Innanzitutto, rispetto agli sport tradizionali, gli eSport sono più egualitari: tutti, indipendentemente dalle condizioni fisiche o dal sesso, possono partecipare e competere ai massimi livelli di gioco. Capcom organizza tornei di Street Fighter da quasi 30 anni ormai, sin dal nostro torneo al Ryogoku Kokugikan nel 1992. Sentiamo il forte obbligo di continuare a promuovere gli eSport come prodotto economico e culturale."

Per Mega Man bisogna fare un discorso simile. Innanzitutto ha promosso un gameplay non lineare, con la possibilità di affrontare i livelli in ordine sparso e utilizzare un sistema di password per mantenere i propri progressi. In secondo luogo, con il suo alto tasso di sfida e la sua pulizia in termini di game design, per molti giocatori (specie del Sol Levante) s'è configurato come una sfida personale quasi catartica, diversa dal gioco di soli riflessi di un Ghosts 'n Goblins. Per comprendere come affrontare certi boss bisognava studiarne i moveset e intuirne le debolezze. Oppure giocare d'anticipo e raccogliere quanti più E Tank segreti. Giochi di questo tipo nascono ancora oggi, in forme diverse e apparentemente distanti in termini di meccaniche: sono i nostri Sekiro e Returnal.

Dino Crisis (1999) è tra i remake più attesi e richiesti del momento.

Nel 1993 esce Breath of Fire, gioco di ruolo classico ma che attraversa la Quinta Gen con capitoli dalle atmosfere retro, oggi irrecuperabili se non con imitazioni fuori dal tempo e prive dello stesso pathos. Nel 1996 Resident Evil stravolge le carte in tavola e aiuta a definire un genere in quegli anni un po' fumoso, il survival horror. Dino Crisis mette i puntini sulle i. Dal tradizionale percorso che passa da Clock Tower e Alone in the Dark, grazie a Capcom il genere viene incapsulato, pronto per essere offerto a chi ne avesse di bisogno: da Silent Hill a The Medium. Ancora una volta c'è lo zampino di Fujiwara, insieme a uno degli attuali pilastri di Platinum Games, Shinji Mikami.

Keiji Inafune: "La mia speranza è che quando le persone pensano a Capcom, pensino a un'azienda che produce un'ampia varietà di giochi per tutte le età. In questo senso, ritengo che concentrarsi sullo sviluppo di giochi per giovani e bambini sia molto importante. Al momento sto lavorando su Onimusha, e anche lì, sento che la mia capacità di creare un buon gioco per adulti sia stata influenzata dal lavoro che ho fatto per i bambini. Persino Shinji Mikami ha realizzato giochi come Aladdin, molto tempo fa..."

Da questo momento in poi, Capcom ha compreso i suoi punti di forza, tanto che nel 2000 pubblica 49 giochi in un solo anno (per lo più picchiaduro) e raggiunge la prima sezione della borsa di Tokyo. Sono gli anni della sicurezza economica, del picco qualitativo, degli sperimentalismi e del lancio del suo Clover Studio, che sforna giochi interessanti come Okami e Viewtiful Joe. Insomma, è il tempo dei Marvel vs. Capcom, di Onimusha e Devil May Cry, con Hideki Kamiya (fondatore di Platinum) come ennesima autorialità al servizio dell'azienda di Osaka.

Killer 7 è uno dei capolavori di Suda51 ed era parte dei Capcom Five, esclusive temporanee per Game Cube di cui facevano parte anche Resident Evil 4 e Viewtiful Joe.

In un ventennio, Capcom non ha mostrato un solo tentennamento. È il 2002 quando nasce un'altra IP fortunata: Phoenix Wright (Ace Attorney), la saga dell'avvocato più sfortunato e acuto del Giappone, capace di conquistare grazie a una narrazione cervellotica nonostante fosse imprigionato in semplici cartucce per Game Boy Advance. In questi stessi anni viene realizzata un'altra trasposizione cinematografica, quella di Resident Evil con Milla Jovovich, capace di guadagnare 102 milioni di dollari in tutto il mondo e che impermeabile alle critiche ha ricevuto ben cinque sequel (e si parla di un reboot).

L'ascesa sembrava destinata a durare in eterno. Non scenderemo nei dettagli, perché si tratta di snocciolare quasi tutta la storia di Game Cube, PlayStation e PSP. Diciamo, come carrellata, che con la sua telecamera a spalla Resident Evil 4 fu in grado di modellare alcuni TPS del futuro (Dead Space e Gears of War); Killer 7 lanciava Suda51 nel panorama dei bizzarri game designer da tenere d'occhio; Monster Hunter modellava le abitudini dei videogiocatori su console portatile; Sengoku Basara si conquistava la sua fetta di appassionati recidivi mentre Dead Rising e Lost Planet aprivano le porte a una collaborazione con gli studi occidentali e a un futuro roseo su Settima Gen... Un futuro che non è arrivato.

Per comprendere la crisi di Capcom è sufficiente soffermarsi su un singolo segnale di allarme, la fuga di cervelli che la colpisce. Nel 2006 Mikami e Kamiya lasciano Capcom e fondano Platinum Games. Nel 2007 chiude Clover Studio. Ma, forse più grave, nel 2012 Keiji Inafune, dopo una trentina di giochi appartenenti al franchise di Mega Man, lascia a sua volta la compagnia. Mega Man Legends 3, annunciato su 3DS, viene cancellato. Capcom ha perso la sua anima, le sue anime.

Okami è un platform di Clover Studio, oggi in gran parte inglobato in Platinum Games.

Intanto Jun Takeuchi diventa capo della prima divisione, che cura i giochi più importanti dell'azienda, e continuano ad accadere quelle che per il pubblico di appassionati sono stranezze incomprensibili: giochi come Umbrella Corps e Operation Racoon City, irrisori e dal gameplay ripetitivo e sporco, terrorizzano (ma non come vorrebbero) migliaia di giocatori. Resident Evil 6, nonostante le vendite siano state soddisfacenti, è poco apprezzato e divide pubblico e critica. DMC, reboot di Devil May Cry, alienava con scelte estetiche discutibili e un level design troppo lineare.

Intanto si scopre che Capcom non ha chissà che etica pro-consumatori, e intorno al 2012 includeva già nel codice dei suoi giochi (come Resident Evil 5) i contenuti "da scaricare", cioè DLC sviluppati preventivamente e semplicemente bloccati agli occhi degli utenti. Sul fronte dei guadagni, Lost Planet conferma che lavorare con studi occidentali non è sempre garanzia di successo globale (Spark Unlimited chiude nel 2015). Nel 2013 Remember Me rischia di porre fine, prematuramente, alle avventure firmate Dontnod, tanto che Capcom decide di non investire su un sequel.

Nel 2014 Ultra Street Fighter IV viene ritirato dal Capcom Pro Tour per via dei suoi bug, al 2016 non raggiunge i due milioni di copie vendute. Neppure Street Fighter V e i "nuovi" Marvel vs. Capcom vengono accolti con gli allori. Nel 2018 chiude lo studio di Vancouver, che si occupava dei Dead Rising. Insomma, uno tsunami che colpisce indiscriminatamente tutte quelle IP che sembravano inscalfibili e sicura garanzia di successo.

La saga di Onimusha si serviva di attori per realizzare i suoi personaggi principali.

Le eccezioni, come Monster Hunter, Strider e Dragon's Dogma, sono le mosche bianche di un panorama disastroso, le eccezioni che confermano la regola. Ma Capcom non si arrende, attende e premedita la sua storia di rivalsa. Affidato a Masachika Kawata e Koshi Nakanishi, nel 2017 Resident Evil VII e il suo RE Engine riescono ad essere tanto un caposaldo dell'esperienza VR che un ottimo action-horror, vicino alle origini della saga.

Mega Man 11 è un insperato, dolceamaro ma grande ritorno. Rinascita più fortunata tocca a Devil May Cry 5. Monster Hunter World conquista giocatori meno hardcore del solito ed è un ottimo assist per Monster Hunter Rise. Si apre l'era dei remake e delle remaster, con Resident Evil 2, 3, Onimusha e operazioni a cavallo tra l'omaggio e la novità come Ghosts 'n Goblins Resurrection.

Questi sono gli anni in cui Capcom sta ricostruendo la sua anima. Non solo riprendendo le redini dei suoi figli al prodigo, ma sondando quale spazio di manovra ci sia per la rinascita di quei personaggi ormai classici, come Mega Man e Sir Arthur. Certo, il rischio di puntare alla nostalgia e non cercare nuove strade è dietro l'angolo, ma tra combattimenti più verticali che mai contro un Kushala Daora, licantropi e vampiri in un villaggio da esplorare in prima persona, la strada sembra quella giusta e oramai tutt'altro che in salita.

Capcom ha plasmato i gusti di molti giocatori, ha creato eroi e personaggi indimenticabili. Ancora oggi, con i suoi tornei, richiama a sé community di agguerriti combattenti. Ha diffuso il know-how di sviluppatori pionieri dell'industry. Dopotutto, per il quarto anno consecutivo, Capcom ha registrato profitti record. Nonostante gli errori e nonostante le nuove condizioni del mercato, potrebbe quindi tornare ad essere una palestra per autori bizzarri e immersi nell'aura tecno-mitologica del Giappone.

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Antonino Fiore

Contributor

Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.
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