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L'evoluzione delle presentazioni all'E3 - editoriale

Il leggendario evento e la sua inedita accessibilità a tutti.

Eraclito diede vita a uno dei miei aforismi preferiti: "panta rei". Se ci pensate questa brevissima espressione può essere contestualizzata ovunque, perfino nel mondo videoludico. Tutto scorre, tutto si rinnova e porta con sé sfaccettature inedite. Potremmo dire che il mercato ludico sia un ruscello che porta con sé nuove, costanti, idee. A volte però quel limpido specchio d'acqua viene ostacolato da dinamiche e cause specifiche.

L'elemento più lampante che, ovviamente, ha cambiato il modo di presentare i nuovi giochi è la pandemia. Quest'ultima ha inferto numerose ferite di varia natura: inevitabilmente sia dal punto di vista prettamente sanitario, quanto economico e commerciale. Lo scorso anno molti eventi sono stati infatti annullati per rispettare le norme anti-Covid, così come l'uscita di molti titoli è stata inevitabilmente posticipata.

Il lato positivo di tutto ciò, tuttavia, è stato il modo di rialzarsi nonostante tutto, nonché di plasmare le situazioni in base a ciò che si ha avuto a disposizione. Per ora dobbiamo dimenticarci di quelle meravigliose e nostalgiche occasioni tra gli stand dei grandi publisher. Lì dove, tra una postazione e l'altra, permeavano emozioni comuni: adrenalina e curiosità. Certo, c'era anche la visibile stanchezza marcata sui volti delle persone, ma ne valeva certamente la pena.

Un singolo trailer poteva farti venire la pelle d'oca ancor prima di scoprirne il gameplay.Guarda su YouTube

Vorrei piuttosto esporvi alcuni ricordi legati all'E3 e, di conseguenza, analizzare il modo in cui quest'evento si è evoluto nel corso degli anni. La presentazione dei giochi è stata sicuramente oggetto di cambiamenti, alcuni dovuti a una semplice evoluzione che va di pari passo con la nostra generazione. Ricordo quell'anno in cui scoprii il trailer di Assassin's Creed Revelations; ne rimasi estasiata, un po' per il montaggio che in quegli anni sembrava essere chissà cosa di innovativo, un po' per la perla musicale di Woodkid.

Ecco, esiste una linea sottile fra trailer cinematici e gameplay, una linea che a volte riesce a incuriosire i giocatori, mentre altre volte reca quasi frustrazione. Adesso i trailer, presenti come perno principale ad ogni evento, non sempre riescono ad essere davvero gratificanti, eccezione fatta per quella fascia di giocatori che attende nuovi capitoli di serie colossali o eventuali Remake; in quel caso anche solo il logo ufficiale può destare uno straordinario scalpore. Tuttavia non è sempre così, ed è giusto focalizzarci su quest'ultimo aspetto: ciò che conta è sicuramente il gameplay reveal. Giustamente, aggiungerei.

Nella conferenza di Microsoft del 2010, ad esempio, sono stati mostrati prevalentemente gameplay, tra l'altro di giochi di un certo spessore come Call of Duty: Black Ops, Gears of War 3 e Halo Reach. Le cose sono indubbiamente cambiate da allora; i tempi e i costi di sviluppo sono decisamente aumentati, di conseguenza ciò a cui abbiamo assistito ultimamente sono dei piacevolissimi assaggi, una sorta di aperitivo per scatenare quell'irresistibile fame riconducibile all'hype.

Quando Sony era presente alla kermesse di Los Angeles e, soprattutto, quando la pandemia non esisteva ancora.

Come vedete ciò è un mix tra strategia e, giustamente, mancanza materiale di tempo in occasione di certi eventi come l'E3. Da qui si spiega appunto la causa di contenuti così striminziti nella maggior parte dei casi, e soprattutto la necessità di prendersi i propri spazi in modo da poter comunicare col pubblico quando si è realmente pronti. Si potrebbe quindi comprendere il motivo per cui Sony abbia scelto di defilarsi, magari prediligendo uno spazio esclusivamente per sé con i suoi State of Play.

Del grande publisher, comunque, ne parlerà in maniera più approfondita il nostro Riccardo Cantù in un articolo specifico. Ad ogni modo, se da un lato sono subentrati alcuni lati negativi o comunque non troppo gratificanti, dall'altro bisogna riconoscere l'ormai totale accessibilità a questi eventi. Si tratta di una sfaccettatura estremamente importante: questi eventi digitali hanno infatti permesso una migliore organizzazione, nonché suddivisione delle varie presentazioni. In questo modo tantissimi titoli hanno potuto godere di maggiore visibilità, e noi giocatori e redattori possiamo vivere quest'esperienza quasi a 360 gradi. Tutto a portata di click.

Ne è conseguita una comunicazione molto più diretta ed efficace, garantendo una grande quantità di contenuti con una buona gestione delle tempistiche, a differenza delle conferenze precedenti in cui i tempi erano incredibilmente stretti. Un altro elemento che credo sia davvero importante, inoltre, è lo spazio che il mondo indie si sta meravigliosamente guadagnando. Ne ho parlato a fondo col collega Marco Procida, e siamo giunti alla conclusione di quanto questo sia un passo importante e rivoluzionario.

I nostalgici momenti topici di Nintendo all'E3 del 2015. Non abbiate paura: anche quest'anno sarà presente con un Nintendo Direct!Guarda su YouTube

"Gli indie nel tempo sono diventati sempre più importanti e acclamati", ha spiegato. "La Summer Game Fest di Keighley, nata l'anno scorso per sopperire all'assenza della stessa E3 per via della pandemia, ha sicuramente aiutato a svecchiare la classica formula della fiera, in cui tutto veniva mostrato freneticamente al grande pubblico mondiale per mantenere alti attenzione e interesse. Ora c'è più tempo per mostrare i prodotti con calma e più nel dettaglio". Ed è proprio il tempo che ha assunto un ruolo essenziale nella presentazione dei videogiochi e, soprattutto, che ha creato degli importanti spazi per piazzare i riflettori su nuove e interessanti sfaccettature.

"Ora Keighley offre numerosi eventi streaming, ogni giorno per circa un mese, dando la possibilità a tutti di vedere i giochi provati. Ciò dà visibilità a questi prodotti, soprattutto agli indie", ha aggiunto Marco. Abbiamo parlato anche della pandemia, dell'evoluzione di questi eventi digitali e dei cambiamenti verificatisi, in un certo senso, in seguito all'assenza di alcuni publisher e plaftform holder. Una situazione che ha privilegiato eventi diversi ma piacevolmente importanti, di cui fanno parte anche i titoli indipendenti.

"Il cambiamento dei tempi e la pandemia hanno favorito la creazione di spazi, e questi sono stati in parte riempiti dagli indie, che contestualmente erano già cresciuti di importanza e interesse". Chi ha avuto modo di leggere le nostre recensioni sa quanto siamo interessati a queste opere che, ad oggi, stanno guadagnando un'importanza davvero meritata. Non fraintendetemi, paragonare lo sviluppo di un gioco tripla A a un indie sarebbe assurdo. La differenza tra i due, però, è indubbiamente palese anche nelle presentazioni vere e proprie dei giochi.

Quando un palco riusciva a regalare indescrivibili emozioni.

"Proprio per i tempi super serrati a cui le press conference E3 degli ultimi anni ci hanno abituati, i titoli tripla A venivano spesso mostrati con trailer d'impatto che tenessero alta l'attenzione e l'hype per tutta la durata degli stessi, dando poco spazio al gameplay e di conseguenza alla comprensione della natura del gioco" ha raccontato. "Capita spesso che una volta mostrato il primo trailer, i primi gameplay arrivino a distanza di mesi o anni, finendo per disattendere le aspettative che i trailer stessi avevano generato nei fan (come non pensare a Death Stranding?)".

Questa dinamica si è presentata in numerose occasioni, generando spesso polemiche e accese discussioni tra i fan, o persino attacchi diretti agli stessi sviluppatori e publisher. L'esempio più ovvio è sicuramente Cyberpunk 2077, ma perfino nel 2013 si erano presentate delle situazioni non troppo gradevoli. Durante l'E3 di quell'anno, infatti, si scoprì che le demo destinate a Xbox One erano in realtà giocate su PC con una Nvidia GeForce 700-series GTX.

Ma sono davvero cambiate le presentazioni o quest'ultime, a prescindere da tutto, si sono adeguate e plasmate attorno alle necessità dei giocatori? Una cosa è sicura: la maggior parte dei video mostrati è decisamente più breve rispetto agli anni precedenti. Ciò permette di mandare un messaggio chiaro e accattivante, ma viene in contro anche a quella fascia di giocatori troppo "stanca" per guardare montaggi più lunghi del solito. Lo stesso discorso vale per i nostri articoli, dopotutto: quanti lettori guardano solo il voto e quanti leggono scrupolosamente quanto abbiamo da dire?

Quando potremo rivivere queste esperienze dal vivo?

Nel caso degli eventi digitali, quindi, è necessario trasformare quell'unico minuto di reveal per conquistare il giocatore quanto più possibile. Attrarlo, ammaliarlo, conquistarlo. Diversi anni fa, a questo proposito, avrebbero contribuito anche le mistiche booth-babes, ma di questo ne parlerò in un altro articolo con Virginia.

Insomma, gli anni passano e portano diversi cambiamenti. Alcuni non sono particolarmente piacevoli, altri dimostrano quanto si possa migliorare e garantire accessibilità a chiunque. L'E3, ad ogni modo, è un evento di straordinaria importanza e finalmente possiamo viverlo a 360 gradi dando uno sguardo alle innumerevoli sfaccettature del mondo videoludico.