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50 Cent: Blood on the Sand

Musica e pallottole.

Secondo quanto dichiarato da 50 Cent, pare che il rapper stesso abbia collaborato attivamente alla realizzazione di del game design di Blood on the Sand. A occhio e croce il simpatico Curtis deve essere un fan terminale di Gears of War e The Club o, per lo meno, qualcuno del team di sviluppo lo era certamente. Blood on the Sand mutua infatti molti elementi da entrambi i giochi e appartiene quindi a pieno titolo al filone degli shooter con copertura, connettendo le varie sezioni o i pochi buchi di gameplay con combo per i combattimenti ravvicinati a mani nude, un arsenale bello ciccio e musica esclusiva.

Il debito appare evidente fin dal termine della prima cutscene, quando comincerete a controllare il modello virtuale di 50 Cent con visuale sopra alla spalla, potrete utilizzare le coperture come in GoW e sporgervi per sparare utilizzando gli stessi controlli usati nel capolavoro targato Epic. Che vi stiate nascondendo all'interno di edifici in rovina o che stiate esplorando altre zone dell'ambientazione, premendo il grilletto sinistro entrerete in modalità di mira zoomando nell'inquadratura al centro della quale potrete notare un bel mirino. Per sparare? Grilletto destro e tutti a casa.

I titoli che utilizzano l'Unreal Engine 3 raramente hanno la medesima grafica a dispetto delle caratteristiche similari che possono condividere, ma Blood on the Sand è davvero bello da vedere, in alcune occasioni addirittura meglio di GoW. Ambientato in un fittizio Paese del Medio Oriente, il gioco presenta location che mostrano tutte le ferite di una brutale guerra in atto con blocchi di cemento e varie (quanto utili) rovine sparpagliate per i livelli. Il dettaglio grafico, come detto, è notevole e non mancano piccoli tocchi di classe che rendono il tutto ancora più drammatico. Come in Gears, avrete un percorso predeterminato da seguire e che sarà composto da stretti "corridoi" che si aprono talvolta in aree più aperte progettate apposta per diventare teatro di combattimento a distanza ravvicinata e dove il gioco delle coperture ha possibilità di sviluppare tutte le sue potenzialità. Non capita mai di avere incertezze circa la direzione nella quale proseguire, anche grazie a utili suggerimenti della scenografia o direttamente sullo schermo.

C'è un sacco di sangue, ma il tutto è così paradossale da sembrare cartoonesco e, quindi, quasi innocuo.

Il design di Blood on the Sand si allontana da quello di Gears in alcuni momenti, ma solo per avvicinarsi a quello di The Club. Uccisioni consequenziali, per vostra mano diretta o per mano di uno dei vostri tre "homie" controllati dall'IA, sbloccheranno bonus di vario genere, da casse piene zeppe di soldini a poster nascosti, fino alla possibilità di sbloccare un via via il totale delle oltre 40 canzoni che compongono la colonna sonora. Il denaro che ccumulerete, invece vi tornerà utile per arricchire il vostro bagaglio di combo per gli scontri i mischia, nuovi pack di insulti e provocazioni o, più prosaicamente, per acquistare nuove armi con crescente "potere d'arresto".

Niente di particolarmente originale, ma gli sviluppatori di Swordfish Studios hanno centrato due obiettivi particolarmente importanti: il primo riguarda il combattimento che risulta veloce, intuitivo e dotato di una "grazia" particolare (se si può parlare in questi termini del tentativo di ammazzare un nemico...) decisamente più convincente di quella che caratterizzava Kane & Lynch. Il secondo, semplice solo in apparenza, è quello di risultare eccessivo, volgare e cafone senza tuttavia scadere nel banale. 50 Cent è infatti alla ricerca di un teschio tempestato di diamanti che si trova nelle rapaci mani di un locale signore della droga. Per entrarne in possesso non si crea alcun tipo di problema o scrupolo nell'ammazzare centinaia terroristi e mercenari armati come Rambo 1, 2 e 3 messi insieme, il tutto mentre lui e i suoi tre amigos non la smettono un secondo di urlare oscenità contro i malcapitati (e morituri) nemici. Parole lievi come "mother****er" e aggettivi che mettono in dubbio la mascolinità degli avversari a nastro. Insomma: per dirla con parole mie "olè, facciamogli il culo".