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Brothers in Arms: Double Time

Missing in action.

Il genere degli shooter in prima persona ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale deve ancora trovare i suoi must buy per quanto riguarda il Wii, dal momento che i migliori sforzi in questa prospettiva sulla console -Call of Duty 3 e Medal of Honor: Heroes 2- si sono aggiudicati dei miseri 5/10. Ora è dunque giunto il turno di Ubisoft , che raccoglie la sfida col suo Brother in Arms: Double Time.

Sbarcato su Wii dopo oltre un anno dall'annuncio iniziale. Double Time è la conversione sia dell'originale Road to Hill 30 che del relativo seguito, Earned in Blood. Il pack contiene i due giochi separatamente, dando così l'impressione di un'esperienza assai ricca e completa. Ad ogni modo, dato che entrambi i titoli condividono sia il soggetto (il D-Day) e che il setting (le zone rurali della Francia) e che presentano addirittura personaggi in comune impegnati pure in situazioni assai simili, risulta difficile considerarli come vere e proprie entità distinte.

Teoricamente i titoli dovrebbero dare una significativa importanza alla trama -dopotutto sono “basati su fatti realmente accaduti”, come ci ricorda orgogliosamente la copertina...- ma all'atto pratico il tutto si traduce nel vedere l'azione di gioco costantemente spezzettata da squallide cut-scene girate con una regia mediocre e realizzate con l'ancor più mediocre motore grafico del prodotto in questione. La grafica è infatti semplicemente piuttosto brutta e finisce per intristire ulteriormente la già disarmante banalità della trama, coi suoi tentativi di rendere la narrazione più emozionale e profonda che non si rivelano che poco convinte scopiazzature di quanto ammirato in Salvate il Soldato Ryan. Nulla dunque che possa davvero distinguere Double Time dalla moltitudine di competitor che offrono il frivolo brivido di impallinare nazisti virtuali per poi finire con facce tristi e frasi ad effetto, illudendoci per quanto possibile che le nostre immaginarie guerre da divano siano in qualche modo rispettose nei confronti degli uomini che hanno davvero combattuto anni fa.

Si è molto discusso di come l'interfaccia del Wii dovrebbe rivelarsi ideale per i First Person Shooter, ma forse vale la pena di riconoscere che l'unico gioco davvero capace di dare credibilità a questa tesi è stato Metroid, che poi a ben vedere non è nemmeno un FPS nudo e crudo. La buona notizia è che Brothers in Arms non si comporta poi tanto male nel suo rimappare i controlli attorno a telecomando e Nunchuck. I movimenti e lo strafe sono assegnati al Nunchuck, mentre la mira è controllata tramite il Wiimote. Si preme B per sparare, con pure l'opzione di inclinare il Nunchuck per inginocchiarsi e colpire con precisione maggiore. Si tratta di un set-up già visto in altri shooter su Wii, e anche se inizialmente la mira ha un che di leggermente “scivoloso”, dopo qualche minuto vi ritroverete completamente a vostro agio.

I puntini rossi indicano gruppi di nemici ancora da eliminare. O forse dei clown, chi può saperlo.

I comandi da impartire al resto della squadra sono basilari, ma c'è dire che la discreta IA degli alleati aiuta a riempire i vuoti lasciati da ordini un po' generici. Premendo il tasto A è possibile dirigere i propri artiglieri verso una direzione specifica. Sono abbastanza intelligenti da trovare autonomamente riparo dietro ad una posizione protetta, rispondendo al fuoco senza che sia l'utente a dover indicare loro l'attitudine nei confronti del nemico, anche se è possibile (puntando il cursore contro un dato avversario) indirizzare i loro attacchi verso target specifici. I compagni di squadra possono poi ulteriormente fornire fuoco di copertura o incalzare il nemico, sempre con la semplice pressione di un tasto. Non è certo l'interazione di squadra più evoluta vistasi in un videogame, eppure appare adeguata per le esigenze del titolo Ubisoft. Verso la fine dell'avventura avrete anche l'occasione di comandare dei carri armati, in modo da offrire un po' di varietà alle costanti manovre di affiancamento su cui vi affiderete pressoché sempre.

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Marco Mottura

Contributor

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