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Killzone 3

Digital Foundry analizza il gioco dei Guerrilla.

Abbiamo seguito da vicino lo sviluppo di Killzone 3, con livelli di entusiasmo sempre maggiori. Il precedente capitolo, che costò a Guerrilla Games uno sviluppo di ben cinque anni, era un ottimo esempio di shooter ben costruito sin dalle fondamenta, che si concentrava sui punti forti dell’hardware PlayStation 3. All’epoca della sua uscita, nel febbraio del 2009, si trattava dell’esempio più spettacolare e convincente di cosa era possibile ottenere quando la potenza del chip RSX si univa all’architettura della CPU Cell.

In un genere in cui la tecnologia ha un ruolo così importante nell’esperienza di gioco, Killzone 2 era su un altro pianeta rispetto alla concorrenza. Il sistema di deferred rendering adottato dallo sviluppatore permetteva al titolo di gestire molte più fonti di luce rispetto agli sparatutto dell’epoca, donandogli un aspetto unico. Il pre-processing gestito dal Cell ottimizzava la quantità di poligoni da calcolare per l’RSX, permettendo di ottenere ambienti più ricchi e dettagliati, così come per i personaggi e gli oggetti. Inoltre venivano aggiunti effetti di post-processing come il motion blur applicato alla telecamera e agli elementi, gestito dai processori-satellite SPU; un ulteriore esempio di come la CPU fosse utilizzata come coprocessore grafico, con il lavoro per gli effetti visivi distribuito tra il processore centrale e la GPU.

Ma naturalmente Killzone 2 aveva anche dei difetti: infatti la gestione del single player si prestava a forti critiche e la sua lenta risposta ai controlli era un aspetto particolarmente additato dai giocatori.

Questo nuovo sequel è importante per diversi motivi, basti ricordare le varie presentazioni di Guerrilla di Killzone 2 in cui si annunciava di sfruttare risorse della PlayStation 3 mai usate prima. Considerando che tali scoperte non erano state ancora utilizzate appieno dallo sviluppatore, il tempo di calcolo inutilizzato delle SPU, unito a ottimizzazioni del motore di base, potrebbero spingere Killzone 3 verso traguardi grafici ancora più grandi ed eliminare alcuni dei problemi di performance del suo predecessore.

In secondo luogo, lo stesso brand PS3 si è evoluto significativamente in questi due anni passati dall’uscita di Killzone 2: PlayStation Move rappresenta il controller più preciso e flessibile sul mercato e deve ancora essere utilizzato come si deve in un first-person shooter, una sfida questa che Guerrilla Games ha preso molto sul serio. Anche la tecnologia 3DTV di Sony ha bisogno di essere supportata il più possibile da titoli di alto livello, e nonostante la cosa sembri impossibile, lo studio ha elaborato una soluzione ingegnosa nell’implementare il supporto stereoscopico al suo engine preesistente.

Killzone 3 sfrutta davvero a fondo l’architettura PS3 nella modalità 2D; il fatto che esista anche l’opzione del 3D stereoscopico è un miracolo tecnologico. Qui potete vedere il framebuffer 3D come viene generato da PS3: in alto c’è la visuale dell’occhio sinistro e in basso quella del destro.

Infine, Killzone 3 ha dato a Guerrilla Games l’opportunità di rispondere a tutte le critiche mosse alla modalità single player, e nel frattempo di creare un multiplayer altamente competitivo e nuovo di zecca. Tenendo in mente che allo stato attuale l’offerta online di Call of Duty mostra il fianco a parecchie critiche su PlayStation 3, e aggiungendo le debolezze tecniche del prodotto se confrontato all’edizione X360, possiamo dire che difficilmente Sony avrà un’opportunità migliore per primeggiare nel campo degli FPS.

Le prime impressioni di questo sequel sono indubbiamente positive: dal punto di vista visivo c’è ancora lo stile tipico di Killzone ma ora appare più nitido e rifinito. I controlli sono enormemente migliorati, più snelli, reattivi e meno inclini al lag di cui soffriva il predecessore. Ciò significa che i combattimenti intensi e adrenalinici tipici di Killzone si giocano meglio che mai.

QUALITÀ D’IMMAGINE: PIÙ DETTAGLIATO, LUMINOSO E NITIDO

Che sia a causa di una migliore direzione artistica, di un engine migliorato o di una combinazione delle due cose (ipotesi più probabile), non si può negare che l’ultima fatica di Guerrilla rappresenti un notevole miglioramento grafico rispetto a Killzone 2.

Probabilmente la differenza più grande di questo sequel è che la grafica appare più dettagliata, luminosa e nitida in confronto al suo predecessore. L’atmosfera oscura e opprimente a cui eravamo abituati c’è ancora in diversi livelli, ma stavolta la combinazione di una nuova tecnica di anti-alias e un post-processing ridotto permettono di far risaltare di più le texture e i modelli. Quando l’ambientazione passa alle locazioni più esotiche del gioco, il livello di dettaglio è fenomenale: dopo il livello della giungla, quello della discarica risalta in particolare per la sua magnificenza visiva.

Anche se il nuovo approccio di Guerrilla per Killzone 3 fa risaltare i dettagli grafici, crediamo che anche il motore sia stato significativamente ottimizzato in modo da permettere ambienti più definiti: l’anti-alias hardware di Killzone 2 ora ha lasciato il posto a un’alternativa gestita dalla SPU, e non saremmo sorpresi di sapere che questo cambiamento, unito a una miglior ottimizzazione del carico di lavoro sulla CPU, permette di gestire una maggior quantità di poligoni.

L’anti-alias morfologico (MLAA) di Sony, che funzionava così bene in God of War III e LittleBigPlanet 2, è stato applicato anche a Killzone 3 e il suo effetto sul look globale del gioco non dev’essere sottovalutato. Nelle condizioni migliori, il MLAA può produrre risultati superiori a quelli ottenuti da un multi-sampling anti-aliasing 8x, ma al contrario del MSAA è un effetto che calcola solo i dati del framebuffer corrente.

Dal momento che non ha accesso alle informazioni di profondità, presenta problemi specifici con i bordi sub-pixel: le piccole strutture negli sfondi sono spesso delle aree problematiche. Anche se l’implementazione di Sony è una delle migliori (se non la migliore), essa non è ancora perfetta e la qualità dell’AA in Killzone 3 è probabilmente la più variabile che abbiamo visto in tutti i titoli usciti che fanno uso del MLAA.

Il MLAA funziona magnificamente negli ambienti più organici di Killzone 3 ma effetti di pixel-popping o shimmering sono un problema sui bordi molto estesi.

Possiamo dire che ci sono aspetti positivi e negativi. Nel livello della giungla, i risultati sono assolutamente fenomenali, risultando virtualmente privi di aliasing sui bordi. Il post-processing MLAA funziona magnificamente in congiunzione con l’atmosfera organica del livello mentre, al contrario, nei livelli più industriali, i bordi netti e i riflessi producono un effetto di pixel-crawling tutt’altro che ideale.

Il codice MLAA è interamente gestito da cinque SPU del processore Cell che operano in parallelo, le quali impiegano generalmente 4-5ms per calcolare un’immagine di 720p (con 33.3ms disponibili per calcolare ciascun frame). Le presentazioni di Guerrilla suggeriscono che i potenti processori satellite abbiano un avanzo di circa il 40% del tempo di calcolo, quindi il processo di spostare l’anti-aliasing dalla GPU alla CPU è un buon metodo per liberare preziose risorse RSX, senza contare il risparmio di preziosi 18MB della RAM.

Killzone 2 utilizzava l’anti-alias Quincunx in modo molto efficace. In genere non siamo dei grandi estimatori del QAA: anche se la sua efficacia nello smussare i bordi è palese, l’effetto collaterale di sfocare tutta l’immagine non è proprio il massimo. Ma in Killzone 2 ciò calza a pennello con l’aspetto generale, sporco, granuloso, con un forte post-processing. Non ci si può in alcun modo lamentare della presenza di “scalette” nello scorso titolo Guerrilla: tra QA, post-processing e un grosso uso del motion blur applicato sia alla telecamera che agli oggetti, non ce n’era traccia.

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Richard Leadbetter

Technology Editor, Digital Foundry

Rich has been a games journalist since the days of 16-bit and specialises in technical analysis. He's commonly known around Eurogamer as the Blacksmith of the Future.

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