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C'era una volta il Dreamcast

L'ultimo sogno di SEGA.

Uno dei meriti che però indiscutibilmente va riconosciuto a SEGA è ad ogni modo quello di aver saputo precorrere in maniera entusiasmante (e purtroppo forse troppo marcata) i tempi del mercato dei videogames; se si pensa che alcune delle intuizioni della casa giapponese sono infatti ancora oggi dei punti di forza delle attuali generazioni di console, non si può far meno di sorridere al destino che le è stato assegnato: un sistema internet perennemente connesso, la possibilità di navigare nella rete, periferiche in grado di leggere i movimenti del corpo, la possibilità di patchare i giochi, memory card polifunzionali, sono tutti fulgidi esempi della mentalità avanguardista di SEGA.

Una sintetica disamina di alcune sue periferiche e delle principali caratteristiche tecniche può probabilmente fra comprendere appieno quelle che erano le visionistiche capacità di questa, probabilmente mai davvero apprezzata, console. Fin dal cuore pulsante del Dreamcast emergono infatti all’occhio attento due feature particolarmente interessant. La prima riguarda la semplice “forza bruta”, essendo infatti la prima console sul mercato a 128 bit, la seconda la possibilità di poter fornire un servizio di rete integrato.

Come non parlare poi di una perla mai più eguagliata dalle successive console, la memory card che nel Dreamcast prende il nome di VMU, Virtual Memory Unit. Questo piccolo apparecchio era infatti un gioiello di tecnologia e innovazione in grado di coniugare in un unico, semplice congegno più funzioni.

Ecco l'assassina dei nostri sogni...ma va bene così.

La VMU svolgeva, una volta montata sul peculiare gamepad del Dreamcast, allo stesso tempo infatti il ruolo di memory card (in grado di memorizzare circa 200 salvataggi), di display informativo e di schermo supplementare durante i giochi. Offline offriva anche altre funzionalità: era possibile utilizzarla come mini console portatile grazie ad alcuni mini giochi scaricabili da un discreto numero di titoli per la console madre; era possibile scambiare file e informazioni con altre VMU semplicemente collegandole fra di loro; infine era possibile scambiare dati con i coin-op basati su schede Naomi.

Altre periferiche strizzano l'occhio a quanto visto sul mercato negli ultimi tempi: è facile vedere ad esempio nell'Eye Toy di Ps2 una sorta di figlioccio del DreamEye, la fotocamere digitale la cui diffusione si è limitata al Giappone; nel controller “Fishing Rod”, un prozio del moderno Wiimote; nel Maraca di Samba de Amigo un anticipatore dei moderni Guitar Hero e parenti. A conti fatti Sega, in quanto a catalizzatore dei segnali del mercato, era probabilmente ineguagliabile.

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Roberto Bertoni

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Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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