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Grand Theft Auto IV: The Lost and Damned

Rockstar stupisce ancora una volta.

Nel momento in cui i DLC a pagamento stanno mostrando una nuova via all'industria per superare un momento generale particolarmente difficile e tanto XBL quanto PSN offrono un crescente ventaglio di proposte arcade, gli add-on e le espansioni seguono a ruota. Il motivo? Semplice: da un lato i pack e le nuove ambientazioni danno ossigeno a titoli che possono aver già concluso il loro "ciclo vitale", generando contemporanemente fatturati interessanti e costando molto meno in fase di sviluppo. Dall'altro sono ben visti dai giocatori che, proprio in virtù del costo minore rispetto a un titolo completo, possono acquistarne con maggiore frequenza e mantenere vivi i loro giochi preferiti, titoli per i quali (tra l'altro) hanno sborsato bei soldini. Se questo è il modello di business del futuro è ancora difficile da decifrare con certezza, certo è che i DLC aiutano un mercato congestionato a "dimagrire" e garantiscono agli utenti la qualità di un'esperienza che può continuare nel tempo. Liberi da pressioni tecniche (non ci sono da assemblare motori, animazioni e tutto il resto) gli sviluppatori possono concentrarsi su ciò che in un videogame (spesso) conta realmente: la storia. Rockstar, quindi, non si è dannata l'anima per ampliare ulteriormente Liberty City, magari facendo emergere dal fiume una nuova isola o aggiungendo nuovi quartieri, e con The Lost and Damned ha potuto concentrarsi ulteriormente sullo sviluppo dei personaggi, delle relazioni tra loro e della trama.

Il primo DLC di GTA IV (a quanto pare ne seguirà un altro nel corso dell'anno...) mantiene intatte le doti della serie, riuscendo nel contempo a dare una stretta alle viti che tengono assieme la struttura del suo "open world". Per farlo ha iniettato nel gameplay una sensazione di 'urgenza' che diminuisce i classici tempi dilatati di GTA e rende lo sviluppo della storia molto più interessante. Al centro della scena, Johnny Klebitz, vice presidente del Lost Motorcycle Club, che ha gestito gli "affari" e garantito la sopravvivenza del club stesso nel periodo in cui il presidente, il vulcanico (e strafatto) Billy Grey, è stato rinchiuso in un centro di riabilitazione come alternativa alla pena detentiva cui era destinato. Billy, come dice Cartman, ora è proprio "incazzato come un'ape" perchè non riesce a condividere nemmeno da lontano la strada imboccata dal suo vice nella gestione della gang. Il basso profilo scelto da Johnny, la tregua con gli Angels of Death, rivali storici dei Lost, e la maggiore attenzione al traffico di droga come strumento di sostentamento economico piuttosto che come strumento di... svago, disturbano e irritano tremendamente Billy, legato a vecchi concetti di business fuori legge, territori da conquistare e guerre tra bande. In breve, nel giro di una missione o due, il conflitto tra i due sarà pronto a esplodere. In palio c'è la sopravvivenza e il controllo del club dei Lost, all'interno dei quali emergono "correnti" favorevoli tanto al vecchio capo quanto a chi lo ha così efficientemente sostituito.

Un filtro leggermente sgranato fornisce a The Lost and Damned un gradevole sapore anni '70.

Messa così, la trama può apparire anche banale (due antagonisti, una posta ricca composta da leadership e prestigio e un finale alla Mezzogiorno di Fuoco potenzialmente scontato) ma è la sua narrazione, la maniera nella quale la storia è scritta e raccontata, a risultare brillante e vincente fin dalle prime battute. Johnny e Billy, sono due leader nati, dotati di caratteristiche personali molto diverse ma complementari che emergono ben presto. Mentre il secondo è aggressivo, diretto e 'trasparente' nella sua semplicità quasi naif, il primo ha una personalità molto più sfaccettata e complessa, gentile eppure spietato al tempo stesso, la personificazione videoludica del classico pugno di ferro nel guanto di velluto. Se fossero due animali potremmo paragonarli a un grosso cane da guardia che abbaia e sbava (Billy) e a un letale quanto silenzioso cobra. La trama si impernia quindi sul dualismo, sulla lotta di potere tra i due capi dei Lost che porta, man mano che il gioco procede, a scendere una pesante cappa sulla gang, pronta a dividersi all'arrivo dell'inevitabile resa dei conti. Tornando brevemente al discorso fatto in apertura, circa la libertà fornita dagli sviluppatori da un palcoscenico così ricco come quello di GTA e alla possibilità di lavorare su temi diversi da quelli tecnici, The Lost and Damned si permette di approfondire come mai fatto finora le tematiche care alla serie, risultando al tempo stesso insolitamente profondo dal punto di vista della costruzione psicologica dei principali attori che, per quanto risultino impegnati nelle consuete attività (va ricordato che spargerete molto di più sangue rispetto al passato), offrono alla telecamera anche il proprio lato vulnerabile.

Perchè Johnny ha anche una specie di fidanzata, Ashley, (ex?) tossica e sempre nei guai, spesso bisognosa di aiuto. C'è amore in The Lost and Damned? Non saprei come definirlo esattamente, ma posso certamente affermare che quello che si prova per i personaggi è, se non empatia vera, una buona dose di simpatia che finisce per comprendere anche quelli irrimediabilmente negativi come i poliziotti corrotti. Un'altra protagonista indiscutibilmente al centro del palcoscenico è la motocicletta. I Lost si spostano in moto e la maggior parte delle missioni sono attivabili solo se si raggiunge il punto di partenza a cavallo delle due ruote. Rockstar è stata bravissima a interpretare i vari stili dei principali customizer americani regalando ai giocatori la possibilità di correre in sella a bobber quasi tradizionali (dai, il doppio faro della Zombie B. non si può proprio guardare...) e a vari tipi di show-bike che sembrano uscite direttamente dalla Orange County Chopper dei Teutul più che da un videogame.

I vostri fratelli vi seguiranno sempre dovunque. Provate a schiantarvi contro un muro. Lo faranno anche loro...

Ogni mezzo a due ruote ha la sua 'personalità' e una guidabilità differente, tanto che presto imparerete a scegliere il mezzo preferito da farvi portare dal Road Captain Clay quando non starete cavalcando la vostra moto ufficiale, decisamente la migliore del lotto. Amore per le moto e fratellanza, quindi, gli ingredienti principali di ogni sodalizio MC (Motorcycle Club, cercate pure informazioni su questo mondo su Wikipedia o in Rete) fuorilegge o regolare che sia. Raramente vi troverete a cavalcare da soli e nelle missioni di guerriglia urbana (25 ufficiali, ma il doppio in totale) sarete affiancati da diversi membri del club che, se sopravviveranno tra una sparatoria e l'altra, miglioreranno le loro caratteristiche militari. In questo senso, vi sentirete realmente parte di una gang di biker, per quanto, vi preoccuperete davvero pochino dei comprimari che se cadranno sul campo, saranno rimpiazzati da un'inesauribile fonte di 'prospect' e membri ufficiali.

Ciò che Rockstar non ha cambiato di una virgola, è proprio l'approccio alle missioni. Certo, è difficile pensare che si possa stravolgere un meccanismo ben oliato per proporlo in un DLC, ma va detto che il gameplay risulta comunque sempre piacevole come lo era quello di GTA IV e che, ancora una volta, poter contare su cellulare, hot-spot da raggiungere per attivare le missioni e gli altri canonici elementi, consentono di concentrarsi ancora di più su trama e personaggi che, se possibile, finiscono per avere una forza ancora maggiore. Rockstar ha raffinato moltissimo la sua capacità di raccontare storie e questa è, forse, la notizia più importante.

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Stefano Vanini

Contributor

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