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S.T.A.L.K.E.R. Call of Pripyat

Dove osano gli Stalker.

La ricerca nelle aree radioattive può diventare un gioco fine a sé stesso, non dissimile dalla caccia alle valigette di diamanti di Far Cry 2; alcuni NPC vi commissionano la ricerca di particolari elementi e dopo ogni emissione potete fare il giro delle numerose zone infestate da anomalie per cercare i tesori, muniti di uno dei quattro modelli di rilevatore disponibili.

Le missioni principali sono generalmente di tipo investigativo e a questo vostro ruolo di ricercatore si accompagna una struttura di gioco meno orientata all’azione e dai ritmi piacevolmente diluiti. Il vostro compito è quello di raccogliere il maggior numero di informazioni sulla Zona per riportarle ai vostri superiori prima dell’estrazione.

Per arrivare fino in fondo all’avventura dovete però soffermarvi a lungo in ogni area. “Se non ti fermi un po’ non durerai a lungo nella Zona”, recitava uno dei motti preferiti dagli Stalker in Shadow of Chernobyl. Il commercio con gli altri NPC (o la rapina, se preferite), la ricerca dei manufatti e le missioni secondarie vi permettono di incrementare i fondi per acquistare equipaggiamento nuovo, riparare quello attuale o semplicemente per spostarvi da un’area all’altra pagando una guida.

Oltre alle vaste distese battute dal vento e dalla pioggia, Call of Pripyat offre momenti di genuina tensione nelle aree sotterranee. Mi sono avventurato da solo in un laboratorio immerso nell’oscurità, armato fino ai denti ed equipaggiato con tuta militare dotata di visore notturno; eppure, anche quando si è pronti per qualsiasi evenienza (o quasi), l’atmosfera comunica una sensazione di precarietà.

Il succhiasangue è il peggior mutante che possiate incontrare nella Zona. Dopo il Controllore, naturalmente…

L’indicatore sull’HUD dimostra chiaramente che qualcuno mi sta osservando, solo, non riesco a vederlo. Le anomalie distorcono le immagini facendo volare per aria sedie e detriti in puro stile poltergeist. Muovo qualche passo e sento urla agghiaccianti, ma non vedo niente. Lunghi minuti al buio, in silenzio, puntando il fucile a pompa in ogni angolo, finché non vengo risucchiato da un Controllore. Cerco di scappare e finisco dritto in un’anomalia che mi solleva per aria e mi butta al suolo scatenando un’esplosione di sostanze radioattive. In Call of Pripyat, il quick save è il vostro miglior amico.

La sezione multiplayer include sfide via LAN o in rete per un massimo di 32 giocatori. Le 15 mappe sono disponibili in quattro modalità di gioco: tutti contro tutti, deathmatch a squadre, cattura il manufatto (un Capture the Flag in cui i manufatti sostituiscono le bandiere) e caccia al manufatto, match in cui si devono trovare i manufatti e portarli alla base. I crediti guadagnati permettono di salire di livello per avere accesso ad armi ed equipaggiamento avanzati.

Call of Pripyat è un episodio avvincente di un franchise cui manca fondamentalmente un sistema di dialoghi appagante. Poche le novità rispetto ai precedenti episodi ma il ritmo avvolgente e l’atmosfera intensa rendono un nuovo viaggio in quel di Chernobyl un investimento sicuro, capace di garantire decine di ore di gioco. A patto che vi sentiate realmente pronti per il ruolo di Stalker.

7 / 10