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Tournament of Legends

Un’amara sorpresa.

Se siete appassionati di picchiaduro e di mitologia greco-romana, all’epoca dell’annuncio di Tournament of Legends sarete sicuramente saltati dalla sedia. E in fin dei conti tale reazione sembrava più che giustificata viste le premesse: combattimenti violentissimi basati su un’interessante fusione tra le meccaniche tipiche dei picchiaduro e quelle dei puzzle game e lottatori di grande fascino. Gli ingredienti per un titolo di buona fattura sembravano dunque esserci tutti ma, come spesso accade, l’apparenza inganna.

Tournament of Legends dimostra purtroppo tutti i propri limiti sin dai primissimi minuti di gioco. Sono infatti presenti solo otto personaggi e tre modalità: un allenamento per affinare le proprie abilità di combattimento, un versus per affrontare banalissimi uno contro uno (solo in locale vista la mancanza del multiplayer online) e una modalità storia, per ripercorrere la trama dei protagonisti.

Poteva forse mancare una specie di minotauro? Certo che no!

Come prevedibile, quest’ultima modalità rappresenta il vero piatto forte dell’esperienza di gioco ma, a dispetto delle previsioni, la sua realizzazione lascia un po’ a desiderare.

Tralasciando le pregevoli sequenze narrative, realizzate in maniera molto simile a un fumetto, la struttura della Story Mode è piatta e fin troppo classica, in quanto si basa esclusivamente su una lunga serie di combattimenti incapaci di stimolare qualsiasi videogiocatore (anche i più esperti) se non a difficoltà più avanzate.

Il roster dei lottatori, composto come detto da soli otto elementi più due sboccabili in un secondo momento, è anch’esso alquanto deludente. Ogni personaggio, seppur ispirato alla mitologia greco-romana, risulta banale e davvero poco ispirato, e il pessimo doppiaggio non fa altro che complicare ulteriormente l’immersione nella realtà proposta.

Considerando la macchinosità dei personaggi, gli attacchi a distanza sono quasi sempre la scelta migliore.

A questo si aggiunge poi la sostanziale inconsistenza del gameplay, minato non solo dalla legnosità di movimento dei vari personaggi, ma anche dalla scarsa profondità delle meccaniche di attacco e dalla scarsissima reattività dei comandi.

Indipendentemente dal fatto che decidiate di combattere muniti di Wiimote o di Classic Controller (sfruttando uno schema di comandi più in linea con la categoria dei picchiaduro), le azioni da voi desiderate, siano esse offensive e difensive, non verranno quasi mai eseguite con il giusto tempismo, conducendovi verso rabbia, noia e frustrazione.

Inoltre, sebbene la possibilità di conquistare nuovi poteri e armi in seguito alle proprie vittorie garantisca una certa varietà, i personaggi appartenenti a una stessa “classe” (determinata a riconoscibile in base alle dimensioni dei lottatori stessi) non mostrano vere e proprie differenze; in poche parole selezionando due diversi personaggi ed equipaggiandoli con lo stesso tipo di arma, faticherete a notare differenze significative.

Ciò che distingue realmente i vari lottatori sono infatti le mosse speciali regolate da una speciale barra di energia posizionata in fondo allo schermo. Tali attacchi, oltre a essere appariscenti e belli da vedere, risultano spesso determinati ai fini delle proprie vittorie ma, come avrete senz’altro capito, al fine di ottenere i massimi risultati dovrete necessariamente centellinarne l’utilizzo.

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Gladiator A.D.

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Davide Persiani

Contributor

Davide inizia a lavorare nel campo dell'editoria videoludica all'età di 16 anni. Dopo qualche anno di gavetta in Spaziogames e Play Media Company, subisce l'irresistibile fascino di Eurogamer.it.

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