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Il post mortem di Uncharted 2

Dalla pre-produzione al lancio, raccontato da Richard Lemarchand.

L’unico rischio assunto dal team con questo approccio è stato descritto da Lemarchand come il raggiungimento di una “conclusione leggera” della pre-produzione, mentre il team iniziava a dedicarsi allo sviluppo vero e proprio del gioco. Tutti gli elementi emersi dal Macro design non erano infatti completi come il team avrebbe voluto nelle intenzioni.

“C’è voluto molto tempo prima di realizzare come la storia si sarebbe abbinata agli scenari, in particolare nel monastero. Quando giocate potreste notare che non c’è una storia abbastanza forte da rivaleggiare con la lunghezza e l’intensità del gameplay ed è il primo posto nel gioco dove il ritmo dell’esperienza inizia a perdere un po’ di mordente. Ovviamente come abbiamo realizzato che stava accadendo abbiamo cercato di risolvere le cose. In fin dei conti ci siamo concentrati troppo sull’aspetto artistico e non abbiamo davvero messo a punto un fix perfetto”.

Gli sviluppatori hanno pertanto capito che gli elementi del Macro design in futuro dovranno essere fissati nella loro totalità prima di muoversi a tutti gli effetti verso la produzione completa. Il gameplay dovrebbe andare di pari passo con la crescita e la diminuzione del ritmo della storia e gli elementi deboli della Macro devono necessariamente essere sistemati prima che la parte artistica venga completata.

Ad aprile 2008 si è avviata ufficialmente la produzione di Uncharted 2. Il Micro design è stato affiancato agli elementi generali, i livelli hanno assunto una forma, le meccaniche di gioco sono state sviluppate e il gioco per come lo conosciamo oggi ha iniziato a delinearsi.

“Abbiamo iniziato mettendo a punto un flow sperimentale piuttosto che confrontarci con gli artisti e i programmatori che avrebbero poi lavorato sul livello per inserire le loro idee”, ha spiegato Lemarchand. “Successivamente abbiamo iniziato a costruire semplici figure geometriche con Maya, abbozzando un’impronta fisica per ogni livello e testandola letteralmente su chiunque in modo da ottenere input costruttivi dal maggior numero possibile di soggetti”.

“Abbiamo anche incominciato a realizzare dei paint-over con i nostri Concept Artist per trasformare l’aspetto del livello prima e dopo questa fase: si trattava semplicemente di gestire il tutto più velocemente possibile prima di restituire il materiale ai nostri Environment Artist che avrebbero continuato a lavorare sul livello, aggiungendo dettagli fino a giungere all’aspetto definitivo”.

Il lavoro iniziale (in alto a sinistra) è stato poi riprodotto con Maya (in alto a destra). In seguito sono state aggiunte le rifiniture dagli artist (in basso a sinistra), prima di ottenere il risultato definitivo all’interno del gioco (in basso a destra).

L’unico problema emerso con quest’approccio ha comportato la perdita di alcune opportunità a livello di gameplay, che normalmente il trazionale level-planning avrebbe potuto far emergere.

“Sfortunatamente questo è un problema piuttosto serio in Uncharted 2, in particolare nelle zone ricche di dettaglio. In futuro cercheremo di trovare un miglior bilanciamento nei confronti di questi aspetti del nostro progetto e saremo più focalizzati su un’architettura realistica e sul modo in cui i dettagli influenzeranno l’esperienza del giocatore”.

Liste di asset furono create per ogni livello, occupandosi degli oggetti, degli effetti sonori, degli effetti visivi e delle animazioni necessarie. Il team ben presto si rese conto che le loro ambizioni avevano di gran lunga superato ciò che era stato pianificato nei tre anni di sviluppo di Drake’s Fortune.

“Ci serviva un enorme volume di persone per creare un gioco come Uncharted 2. Ad esempio avevamo 80 animazioni cinematiche in-game, che definiamo ICG, nel primo Uncharted, ma ne abbiamo 564 in Uncharted 2. Si tratta di una quantità di lavoro estremamente ampia pertanto i lead di ogni dipartimento hanno dovuto destreggiarsi tra le priorità e lavorare a fondo affinché tutto fosse costruito nel giusto ordine”.

Digital Foundry ha parlato spesso di Uncharted 2 come del videogioco tecnologicamente più avanzato disponibile nell’attuale generazione di console, peraltro una sfida che sembra svolgersi “in casa” per Sony, considerando il recente approdo sugli scaffali di God of War III. La vasta gamma di miglioramenti e potenziamenti tecnici è stata possibile grazie al cosiddetto Naughty Dog Engine 2.0.

“Abbiamo fatto impazzire il Cell con Uncharted 2. Eravamo famosi per aver dichiarato che Drake’s Fortune sfruttava solamente il 30% delle capacità del processore”, ha proseguito Lemarchand. “Quindi dall’inizio del progetto i programmatori si sono impegnati nello spingere fino ai limiti il Cell. La chiave per raggiungere lo scopo è stato decidere quali mansioni avrebbe dovuto gestire il Cell e poi scrivere un codice che fosse ottimizzato per realizzare questo lavoro nel modo più efficiente possibile”.

Nonostante il primo capitolo sia ancora un gioco molto buono dal punto di vista tecnico, la quasi totalità dei suoi effetti visivi fu ottenuta utilizzando i chip grafici RSX. Per Uncharted 2 e altri titoli recenti, il Cell è sfruttato come processore grafico parallelo che lavora in tandem con l’RSX. Le task tradizionalmente associate alla GPU vengono invece gestite dalle SPU del Cell.

Tutto ciò si traduce in una maggior libertà d’azione per l’RSX, mentre il Cell si occupa della stragrande maggioranza degli eccellenti effetti di post-processing presenti nel gioco. Ad esempio lo Screen Space Ambient Occlusion (SSAO) è stato affidato completamente al Cell.

Uno sguardo ai tool diagnostici utilizzati per ottimizzare le performance del Cell, delle sue SPU e dell’RSX.

“Le SPU ci hanno fornito una crescita nella qualità degli effetti di bloom”, ha fatto notare Lemarchand. “La profondità di campo era una soluzione più idonea dal punto di vista fisico in Uncharted 2 e le volte che l’abbiamo utilizzata nell’ambito cinematografico ha rappresentato un più potente strumento narrativo”.

“Abbiamo anche migliorato la resa dell’HDR e Uncharted 2 possiede una varietà di colori più ampia tra la luce e l’oscurità rispetto al suo predecessore, supportando il nostro obiettivo di realizzare una realtà di tipo cinematico”.

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Davide Spotti

Contributor

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