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Atari: "Stavolta facciamo sul serio!" - articolo

Una delle aziende più storiche dell'industria è tornata ma riuscirà a concretizzare i suoi ambiziosi obiettivi?

Per molte persone le parole "videogiochi" e "Nintendo" sono intercambiabili, uno di quei rari esempi di brand totalizzante, reso possibile solo dalla capacità di rilasciare il prodotto giusto nel momento giusto. Ma se ci fosse un'altra timeline in stile "Ritorno al Futuro", una storia alternativa in cui la crisi del 1983 non si è mai verificata, quel ruolo e quell'onore apparterrebbero ad Atari, l'azienda creata da Nolan Bushnell che definì la games industry nello stesso modo in cui Microsoft definì il mercato dei personal computer.

Anche nella nostra realtà, comunque, è molto probabile che la vostra prima console sia stata prodotta da Atari. Un'azienda che, anche se il fatto non è molto noto, esiste ancora. Dopo aver dichiarato bancarotta all'inizio del 2013, è infatti riuscita a trovare una soluzione per rimettersi parzialmente in piedi. Todd Shallbetter è entrato in Atari nel 2005, quando l'azienda impiegava 490 persone nel solo ufficio di New York, e vi è rimasto durante quelli che definisce "tempi molto duri", durante i quali l'intera organizzazione si è ritrovata praticamente in ginocchio.

"Per ogni azienda di videogame la sfida si fa molto interessante quando si raggiungono determinate dimensioni e si fa molto sviluppo internamente", ci dice seduto di fronte ad una serie di schermate che mostrano la nuova line-up di prodotti Atari. "Si nutre una macchina davvero gigantesca e, soprattutto nel contesto attuale, molto difficile."

"Il rapido cambiamento e il declino di gran parte di quel grande mercato reatil, di cui abbiamo goduto in passato, ci ha sicuramente danneggiati. Non siamo stati in grado di reagire in tempo e ne abbiamo pagato le conseguenze."

Ecco come si presenta Asteroids Outpost.

Ovviamente quelle "conseguenze" significano implicitamente un enorme numero di posti di lavoro persi e di carriere vaporizzate. L'Atari che è riemersa dalle sue stesse macerie ha poco di quell'enorme corporation che non è riuscita ad adattarsi al cambiamento dei tempi. Il gruppo centrale è composto da tutti veterani dell'azienda, incluso Fred Chesnais, che è tornato come azionista di maggioranza e CEO. Quel gruppo, dice Shallbetter, è composto da 11 persone in un piccolo ufficio di New York, ognuna esperta in un settore essenziale per la guida di un grande publisher.

"Siamo super agili", dice, sottolineando che l'estrema ristrettezza della forza lavoro di Atari è più una scelta di design che non una necessità. "È un modello esecutivo basato sul fatto che mettiamo sotto contratto esterno tutti i nostri sviluppatori e molte altre funzioni. Crediamo che il modello funzioni."

"Ogni singola persona che siede in quell'ufficio, ha un preciso motivo per esserci. Ci occupiamo direttamente di ogni prodotto. Non siamo in un mega-ufficio con nove producer assegnati ad ogni progetto. Quel modello si è dimostrato inefficiente e superato.

"'Massimo risultato' è il nostro motto. Cerchiamo di ottenere il massimo risultato da tutti e con tutti i processi che generiamo. Stiamo davvero dando il meglio con le nostre piccole dimensioni: la scalabilità è un fattore assolutamente centrale. Sappiamo bene quello che è successo ad alcuni dei nostri colleghi più grandi. Lo abbiamo visto. Non voglio fare nomi ma non credo che ce ne sia bisogno. Sappiamo tutti di chi stiamo parlando."

Pridefest è un'app LGBT-friendly: siete pronti a disegnare la vostra parata in stile gay pride?

Ad ogni modo l'azienda ha mantenuto la sua mole in un'area fondamentale: la vasta libreria di proprietà intellettuali che ha accumulato in oltre 40 anni di creazione e pubblicazione di giochi, la maggior parte delle quali è emersa dalla bancarotta insieme alla forza lavoro fortemente ridotta. Questo portafoglio di IP include alcuni dei brand più famosi della storia della nostra industria. La domanda ora è: qual è il modo migliore per impiegarli? Il futuro e il rilancio di Atari dipenderanno dalla capacità di sapersi muovere subito nel modo giusto, già dai primi progetti.

Un rapido sguardo per la stanza (una bella suite nel W Hotel di San Francisco) suggerisce che la strategia iniziale dell'azienda sia ambiziosa, anche se forse poco focalizzata. C'è Alone in the Dark: Illumination, ispirato un po' all'azione di Resident Evil 4 e un po' ai puzzle del titolo originale della serie, targato 1992. Asteroids Outpost reinterpreta invece il classico arcade di 35 anni fa nel contesto di un sandbox survival, così come il trend attuale richiede. Poi c'è un nuovo Rollercoaster Tycoon per dispositivi mobile, oltre ad un'app per il fitness chiamata Atari Fit e a una simulazione social "LGBT-friendly" che si chiama Pridefest (in cui gli utenti possono disegnare e personalizzare la propria parata in stile gay pride). Non pervenuti, invece, i prodotti da casinò, quelli di abbigliamento su licenza e il progetto di ritorno alla produzione di hardware, preannunciato ma ancora non dettagliato.

Questo ampio raggio di idee, generi e prodotti rappresenta plasticamente uno dei problemi più difficili per Atari. Non c'è dubbio che il nome dell'azienda sia ancora noto ma cosa significa ormai questo marchio dopo anni di crolli, cambiamenti e stravolgimenti? Mio padre giocava ai titoli Atari decine di anni fa, io ho giocato a titoli Atari nel corso degli ultimi 5 anni, ma c'è un oceano di differenza tra le nostre relazioni individuali con quel brand e le nostre aspettative di consumatori in generale. Per quanto riguarda il pubblico più giovane, infine, si può immaginare che il nome Atari sia praticamente ignoto. Insomma: a chi è veramente indirizzato il remake in stile DayZ di Asteroids?

Rollercoaster Tycoon sarà disponibile per dispositivi mobile.

"Ovviamente, cerchiamo di estendere il brand fino a raggiungere un mercato mass-market", dice Shallbetter. "Una sfida particolare, per noi, è quella di rendere le nostre IP e i nostri giochi interessanti per un pubblico nuovo. Molti degli utenti più giovani magari già conoscono il nostro nome e i nostri brand ma non necessariamente c'identificano in maniera precisa."

"Per fortuna abbiamo un fantastico catalogo di IP e abbiamo alcuni studi dinamici e molto creativi che stanno lavorando su titoli per aggiornarli alle tecnologie moderne, alle aspettative di gameplay attuali. Ovviamente lavorare con titoli così storici è una moneta a due facce: potremmo anche creare il gioco più bello e innovativo del mondo ma qualcuno potrebbe arrivare e dire 'beh, sì, ma non è Asteroids!' Credo che sia un problema di cui dovremo tenere conto."

"Ascoltiamo tutti molto attentamente, lo facciamo davvero. Il primo passaggio nelle nostre riunioni è sempre dedicato alla community. Diamo un'occhiata al web. Leggiamo cosa dicono nei forum. Entriamo in comunicazione. Con RollerCoaster Tycoon questo procedimento è in corso. Stiamo realizzando i blog di produzione, stiamo comunicando costantemente. L'hub della community è già aperto su Steam".

Sia per Asteroids Outpost che per Alone in the Dark: Illumination (il progetto più ambizioso attualmente in sviluppo presso Atari), il coinvolgimento della comunità è indispensabile. Il primo è da poco su Steam Early Access, una piattaforma che richiede di avere una comunicazione con il pubblico partecipante. Al momento, le recensioni della comunità sono miste: le lamentele maggiori riguardano i problemi tecnici e la mancanza di cose da fare. Ovviamente, si tratta di problemi comuni nei titoli in Early Access ma lo sviluppatore del gioco, Salty Studios, non si è dimostrato molto presente nelle ultime settimane.

Ecco come si presenta Alone in the Dark: Illumination.

Mentre scriviamo, sulla pagina ufficiale di Steam il team ha postato solo due volte dopo il di 7 aprile, e mai dal 23. In confronto, nel mese precedente, ha scritto 37 post. Il thread più recente sulle pagine di discussione è datato 8 maggio e chiede se ci sia ancora qualcuno che lavora sul gioco, vista la mancanza di update recenti.

Alone in the Dark: Illumination ha un problema diverso. Atari ha reso il gioco disponibile per il "pre-acquisto" su Steam nell'ottobre 2014, con una release promessa per prima della fine dell'anno. Al momento, con giugno in arrivo e due weekend di beta all'attivo, l'uscita indicata resta quella di un vago "inizio 2015". Lo sviluppatore del gioco, Pure FPS, almeno resta in contatto con la comunità rassicurando i giocatori in un post datato 4 maggio sul fatto che la data d'uscita sarà annunciata a breve.

Chiunque abbia mai sbirciato dietro le quinte di un gioco in produzione, sa bene che le ragioni per cui un team non riesce a mantenere una comunicazione costante con il suo pubblico, o anche stabilire una data d'uscita precisa, sono innumerevoli. Senz'altro molte di esse potrebbero riguardare il lavoro stesso, rappresentando magari un sintomo di risorse limitate o un cambio di direzione. Ma è chiaro che c'è una certa discrepanza tra gli ideali descritti da Shallbetter e la realtà di come Atari sta portando avanti i suoi titoli più importanti.

Una cosa è certa: dopo un viaggio così lungo e turbolento, il marchio Atari non ha più molte opportunità per risorgere. Asteroids Outpost e Alone in the Dark: Illumination sono giochi ambiziosi, che mirano a quel mercato tripla-A di cui l'azienda era un tempo uno degli attori principali. Shallbetter dice che lo scopo di Atari è quello di tornare esattamente ai fasti di un tempo e questi sarebbero solo i primi passi di un lungo percorso.

"Sì, vogliamo vendere molti milioni di copie dei nostri prodotti ma credo che per come siamo strutturati adesso abbiamo molto più spazio di manovra. Non dobbiamo nutrire un colosso da centinaia di impiegati, come facevamo in passato. Abbiamo imparato le nostre lezioni e ci è stata data un'opportunità molto rara: quella di rialzarci e proseguire la nostra storia."

"Sotto l'attuale dirigenza, siamo molto più focalizzati sulla creazione di esperienze di gioco solide, complete. Non abbiamo intenzione di fare mezzi passi. Il nostro CEO dice in continuazione "stavolta facciamo sul serio!", ed è esattamente così.

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Matthew Handrahan

Editor-in-Chief

Matthew Handrahan joined GamesIndustry in 2011, bringing long-form feature-writing experience to the team as well as a deep understanding of the video game development business. He previously spent more than five years at award-winning magazine gamesTM.

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