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Backbone - recensione

Investigazioni noir nei panni di un procione.

Siete appassionati di serie crime investigative? Avete amato il Tenente Colombo? Trovate i procioni animali graziosi e affascinanti? Onestamente, chi non ha mai desiderato di essere un procione? Se soddisfate tutti questi requisiti, allora Backbone potrebbe essere il gioco giusto per voi! Adesso, lasciando un attimo da parte questa scherzosa premessa, ritorniamo seri e parliamo di questo gioco che sicuramente si distingue ampiamente dagli altri titoli del suo genere.

Avevamo già dato un'occhiata a Backbone tempo fa, giocando il prologo e parlandovene nella nostra anteprima, avendo avuto modo di farci un'idea preliminare del gioco, anche se gli sviluppatori promettevano diverse meccaniche che sarebbero state inserite strada facendo nello sviluppo, per cui eravamo curiosissimi di mettere le mani sul prodotto finito. Tecnicamente, Backbone viene definito dallo sviluppatore EggNut come un'avventura grafica investigativa post-noir in pixel-art con elementi da GdR classici e ispirazioni ai punta e clicca dell'epoca d'oro. Per certi versi, l'accostamento a Broken Sword (soprattutto i primi due capitoli) viene spontanea.

Lo stile grafico 2.5D è davvero eccezionale. La città è viva e affascinante.

Backbone ci mette nei panni del brillante Howard Lotor, intelligente procione antropomorfo, arguto ma mai privo di una battuta pronta e forte di una cinica, tagliente e raffinata (auto)ironia. L'avventura si svolge in una distopica Vancouver altamente noir, in cui tutti gli abitanti sono creature antropomorfe come Howard.

Quel che rende Backbone un gioco brillante è l'utilizzo figurativo e allegorico degli animali. Siamo infatti in una fantasiosa e completa fattoria degli animali: cavalli orsi, maiali, scimmie, ratti, gatti, cani... tutti sono presenti nel gioco e non ci sono uomini veri e propri. Il concept alla base è quello di utilizzare questa impostazione per raffigurare il classismo tipico (e triste) della società degli esseri umani.

Così incorreremo spesso in frasi del tipo: "qui i procioni non possono entrare", oppure "cosa può sperare di ottenere nella vita un roditore?". Tutte le specie seguono infatti un ordine sociale a scala, in cui alle due estremità stanno le scimmie e i roditori, rispettivamente più alta e più bassa. Lo studio di sviluppo si è ispirato all'oppressione russa nel quale uno dei co-fondatori dello studio e sceneggiatrice, Aleksandra Korabelnikova, è cresciuta. Quindi, per le strade della città troveremo gente facoltosa e benestante di fronte e dentro ai locali più 'in', e senzatetto o gente che cerca ogni metodo per sbarcare il lunario nella notte dei vicoli più fatiscenti.

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Howard è uno squattrinato investigatore privato come tanti della sua categoria, alle prese con casi di poco conto, principalmente donne o uomini gelosi che sospettano tradimenti dei partner, rivolgendosi a lui per conoscere la verità tramite prove inoppugnabili. Nel corso delle sue investigazioni, Howard farà naturalmente tante domande in giro, cercando di essere discreto e non far conoscere la sua vera identità, spacciandosi spesso per giornalista o quel che la sua fervida fantasia gli suggerisce.

I dialoghi sono indubbiamente la parte più forte del gioco: ogni NPC ha un nome e ci offre tanti spunti di discussione, con dialoghi articolati e risposte multiple. In sostanza, ogni personaggio che incontreremo per strada, nelle case o nei negozi avrà qualcosa da dirci, oppure oggetti utili alle nostre investigazioni.

Ma ecco che nella banalità delle sue routine investigative, un semplice caso si trasforma decisamente in qualcos'altro, qualcosa di molto più grosso e più losco. Il nostro detective scoverà un'organizzazione criminale perfettamente mascherata dietro le attività di un club, e dovrà trovare il modo per conoscere la verità senza farsi scoprire.

Una delle rare sezioni platform con puzzle ambientali.

Oltre alla raccolta di testimonianze, indizi, appunti utili e qualche oggetto, gli sviluppatori hanno inserito qualche puzzle ambientale, ma sfortunatamente questi sono veramente limitati. Giocando al prologo avevamo incontrato diverse sezioni stealth e piene di puzzle e ci saremmo dunque aspettati una buona dose di interazione con l'ambiente nel resto del gioco; invece, nei capitoli successivi, il gameplay diventa nettamente più lineare e s'incentra totalmente sull'investigazione verbale.

Dialoghi, dialoghi, dialoghi...tanti, simili e ridondanti. Per carità, molti NPC sono ben caratterizzati e ci sono anche personalità forti, ma gran parte delle chiacchierate che faremo saranno fini a loro stesse. Sebbene infatti ogni dialogo sia sviluppato con risposte multiple, rispondere in un modo o nell'altro non cambia quasi mai lo sviluppo della storia. Parlare con un personaggio sbloccherà spesso un capitolo o l'accesso a un'area, ma rispondere in un modo o nell'altro non cambierà l'esito. In sostanza, ci sono differenti approcci al dialogo: cinico, formale, irriverente o cordiale, ma tutte le strade portano sempre a destinazione.

Questo aspetto, unito al fatto che manca totalmente il voice-acting e che i dialoghi sono esclusivamente in inglese, porterà inevitabilmente il giocatore a skippare molti dialoghi senza di fatto leggere con attenzione il tutto. Ed è un peccato, perché è proprio questo l'aspetto saliente di Backbone. Tolti i dialoghi, rimane veramente poco. A nostro avviso, qualche scelta multipla con diversi plot twist avrebbe aiutato a mantenere più alta l'attenzione del giocatore.

Lo stile artistico è decisamente un punto forte del gioco:se vi piacciono la pixel-art e le atmosfere malinconiche allora sarete in una piacevole zona di comfort. La Vancouver distopica è ben disegnata, con tanti dettagli, finestre di abitazioni attraverso le quali si può vedere cosa fanno le persone, se dormono, leggono, guardano la TV o bevono una birra. Sebbene lo stile grafico possa sembrare semplice, è molto più complesso di quanto si pensi. Fondali in 3D si mischiano a oggetti, strutture e personaggi in 2D, andando a formare quello che tecnicamente si chiama 2.5D. Vengono applicati alla scena effetti di luce e fumo volumetrici che vanno a dare vita a un mondo, con tanto di effetti meteorologici.

L'audio, d'altro canto, risulta riuscito solo a metà. La colonna sonora di tipo jazz è piacevole, quando c'è...Sì, perché per gran parte del gameplay non c'è musica di sottofondo e questo, se unito al fatto che manca il voice-over e che gli SFX sono quasi assenti, acuisce il senso di desolazione che si prova giocando.

Backbone non è nemmeno un gioco lungo. Se si gioca speditamente, si può finire tranquillamente in una serata. Se non vi bloccate nelle investigazioni, gli unici ostacoli saranno le guardie che, scoprendovi in un'area privata, determineranno il fallimento della missione. Fallimento che però non scaturisce mai in un game over, ma semplicemente in un fast respawn. Quindi se si sbaglia, si rimedia velocemente. Delude anche il fatto che la rigiocabilità sia pressoché inesistente. Non ci sono finali multipli, quindi al di là dello sblocco di qualche achievement tramite un tipo o un altro di risposta, non c'è motivo per ricominciare l'avventura.

Alla luce di tutte queste considerazioni, possiamo dire che ci aspettavamo sicuramente di più da Backbone, specialmente da quel che ci aveva fatto intendere il prologo. Non è certamente un gioco brutto, ma aveva ottime potenzialità che non sono state sfruttate appieno, anche se bisogna ricordare che si tratta di un piccolo studio di sviluppo indipendente. Lo consigliamo esclusivamente agli appassionati di avventure investigative originali e d'atmosfera, magari aspettando uno sconto.

7 / 10