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L'attacco ai media di Bethesda - editoriale

“Le recensioni sono importanti”, quindi perché ostacolarle?

Una manciata di ore fa Bethesda ha annunciato che non distribuirà più alla stampa copie review dei propri giochi, unendosi alla lista sempre più corposa di publisher che, più o meno apertamente, hanno scelto di adottare questo particolare approccio ai rapporti con i media specializzati.

Il post ufficiale con cui è stata diffusa la notizia è un capolavoro di incoerenza in quanto inizia con una frase impegnativa che però viene contraddetta nelle righe successive: "Per noi di Bethesda, le recensioni sono importanti". Il che è un modo insolito per annunciare che d'ora in poi intende ostacolarle: praticamente, la versione in chiave games industry del famigerato "ti lascio perché ti amo troppo".

La ragione offerta per motivare tale scelta risulta incomprensibile: "Vogliamo che tutti, stampa inclusa, sperimentino i nostri giochi nello stesso momento". Senza spiegare in alcun modo perché questo dovrebbe portare benefici al pubblico, ai consumatori, all'editoria o alla stessa Bethesda.

Se questa vi sembra una reazione eccessiva, lasciate che vi spieghi la situazione. Ricevere le copie del gioco un solo giorno prima della sua uscita sul mercato rende di fatto impossibile svolgere correttamente il nostro lavoro di giornalisti. Di fronte ai prossimi titoli di Bethesda (a cominciare, ovviamente, da Dishonored 2 e Skyrim Special Edition), ci troveremo di fronte ad un bivio: scrivere una recensione frettolosa e basata su una breve esperienza con il gioco, o effettuare una prova approfondita e far uscire i nostri articoli in ritardo rispetto a coloro che sceglieranno la prima soluzione.

Ricevere Skyrim Special Edition il giorno prima dell'uscita, ad esempio, significa non mettere la critica nella condizione di svolgere adeguatamente il proprio lavoro.

Nel decidere d'interrompere in modo unilaterale i rapporti con la stampa (perché di questo stiamo parlando), Bethesda ha esercitato un suo diritto: quello di disporre come meglio crede dei propri prodotti, diffondendoli a chi vuole e quando vuole. Ma perché l'ha fatto, e perché proprio ora?

La risposta è abbastanza palese, soprattutto per chi conosce le dinamiche profonde della games industry. Fino ad oggi i rapporti tra publisher e stampa si sono retti su un delicato equilibrio simbiotico: la stampa ha bisogno di materiale esclusivo per realizzare gli articoli che costituiscono la sua attività principale; i publisher, invece, ricevono dai succitati articoli un ritorno in visibilità che va a incrementare quello ottenuto tramite i tradizionali canali pubblicitari. Questa simbiosi implica un "effetto collaterale" non trascurabile per i publisher: il dover accettare che i loro prodotti siano oggetto di una valutazione critica e potenzialmente negativa.

Oggi questo equilibrio si è sostanzialmente rotto. L'editoria tutta (digitale e cartacea, specializzata e generalista) è infatti indebolita: gli utili sono in calo per tutti, la platea dei lettori è sempre più frammentata, le inserzioni pubblicitarie sparse su più canali.

Una situazione che ha portato la stampa, nel corso degli anni, ad essere oggetto di varie pressioni e ingerenze. Rassicurati dalla propria posizione di forza, molti publisher si sono resi particolarmente insistenti nel pretendere voti generosi, o nel richiedere la sottoscrizione di accordi di non divulgazione sempre più stringenti che impediscano, per esempio, di menzionare la durata effettiva di un gioco. Ufficialmente per evitare spoiler. Persino la tradizionale inserzione pubblicitaria (unica fonte di reddito per una testata web), sta tentando di trasformarsi in qualcosa di molto più opaco che gli addetti ai lavori chiamano "pubbliredazionale". Una pratica che noi non abbiamo mai adottato.

Alle volte conviene informarsi prima di acquistare un prodotto...

Non dubito che qualche polemista coglierà al volo l'occasione per fraintendere la descrizione appena compiuta come la conferma del vecchio adagio che vuole i giornalisti "venduti". Al tempo stesso, però, confido nell'intelligenza della larga parte del pubblico e nella sua capacità di capire che in realtà la situazione è all'opposto: nel corso degli anni la stampa specializzata (quella limpida, certo, ma ritengo che sia la gran parte) ha opposto tutta la resistenza possibile alle pressioni dei publisher, tentando di mantenersi in equilibrio in uno scontro d'interessi sempre più impari.

Oggi, come ci conferma l'annuncio di Bethesda, per molti publisher questo scontro non è semplicemente più necessario. Al tramonto dell'editoria classica, infatti, sta corrispondendo la rapida ascesa di una nuova categoria comunicativa: quella dei cosiddetti "influencer", personaggi carismatici che sfruttano le moderne piattaforme digitali (YouTube, Twitch e i social) per raccogliere enormi basi di seguaci e, come la stessa definizione implica, "influenzarli" esprimendo le proprie opinioni e considerazioni. Il tutto senza alcun vincolo etico e professionale, né implicito né esplicito, che li costringa a rispettare le regole basilari della trasparenza e del rispetto nei confronti del pubblico. In poche parole, l'arma perfetta per dare enorme visibilità ad un prodotto, a bassi costi e senza quel fastidioso effetto collaterale di doversi sottoporre agli imprevedibili esiti di una critica indipendente.

Prima che leggiate queste mie parole come la difesa d'ufficio di una categoria corporativa, vi invito a ricordare i casi già emersi di partnership "opache" realizzate tra publisher e influencer, a dimostrazione di quanto questi ultimi possano essere malleabili a determinate pressioni. Il fatto che molti di loro, una volta colti in fallo, si giustifichino dicendo di "non essere giornalisti" (e di non sottostare, dunque, ai vincoli etici connessi), dovrebbe rendere chiara a tutti la situazione.

Il fatto che Doom non abbia avuto recensioni pre-lancio, e che si sia rivelato poi un eccellente titolo, non rappresenta una garanzia per il futuro.

Con questo ovviamente non intendo dire che gli youtuber, gli streamer e le migliaia di appassionati che producono contenuti su Internet, a volte di eccellente qualità, siano intrinsecamente meno onesti della stampa. Non c'è dubbio però che molti influencer siano a loro volta più facilmente influenzabili: magari per inesperienza, oppure in ragione del rapporto di forza ancora più sproporzionato che hanno nei confronti dei publisher, o ancora per il semplice fatto di sentirsi lusingati dal vedersi presentare un'offerta economica per quello che ritenevano essere un hobby.

Non è però difficile immaginare che l'embargo pre-lancio imposto da Bethesda ai media presenterà qualche falla che consentirà ad alcuni influencer di diffondere abbondanti video e streaming di gameplay prima che le copie review siano distribuite alla stampa. Perché è difficile immaginare che un publisher possa desiderare che il web resti un deserto di informazioni sui propri titoli fino al giorno del lancio. Semplicemente, il desiderio è che a circolare siano informazioni calibrate che generino hype e pre-order. Il resto può aspettare.

Nel tentativo di disinnescare le immancabili critiche, Bethesda ha già voluto mettere le mani in avanti, affermando che questa sua nuova politica è stata applicata anche con Doom, un gioco che si è poi rivelato di ottima qualità. Il punto, però, non è questo: il punto è che la mossa di Bethesda rende il mondo dell'informazione e della critica meno libera di svolgere il suo lavoro.

Far comprare i giochi prima che vengano valutati: in alcuni casi la partita si riduce a questo.

In questa situazione gli unici ad avere il coltello dalla parte del manico siete voi lettori, perché è per aggiudicarsi i vostri soldi che si sta giocando questa partita. Mai quanto ora, dunque, sarà consigliabile prudenza e giudizio prima di lanciarsi nell'acquisto di prodotti dei quali non si è ancora ricevuta un'informazione imparziale.

Noi continueremo a offrirvela al meglio delle nostre possibilità ma siamo costretti a chiedervi un po' di pazienza se, da oggi in poi, le recensioni dei giochi di Bethesda arriveranno in ritardo.

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Luca Signorini

Contributor

Luca gioca e scrive da quando ha scoperto le meraviglie del pollice opponibile. È giornalista ma soprattutto appassionato; non gli toccate Metroid, Stallone, i Black Sabbath e la carbonara e sarete suoi amici per sempre.
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