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Console e mobile: sul mercato c'è posto per tutti - articolo

I migliori dati di vendita mai registrati dalle console dimostrano che il mobile non è una minaccia per il gaming tradizionale.

L'enorme successo di PlayStation 4, capace di superare persino i record di vendite registrati dalla sua onorevole antenata PS2, è ormai un fatto noto e consolidato. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, anche l'Xbox One sta vendendo meglio di quanto non facesse l'Xbox 360 nello stesso periodo: un fatto che viene oscurato solo dal confronto con la performance, davvero impressionante, della rivale Sony.

La vera dimensione del successo di questa gen, però, si ottiene solamente allargando il campo visivo fino ad includere anche il software, i DLC e i servizi, così come avviene nell'ultimo report dell'EEDAR (organismo americano dedicato alle analisi di mercato nel settore dei videogame).

I numeri riportati dall'EEDAR mettono a confronto, nello specifico, proprio le vendite di software tra questa generazione e la precedente. Il dato risultante evidenzia che, nei primi tre anni della loro esistenza, PlayStation 4 e Xbox One hanno generato quasi 2 miliardi di dollari in più rispetto a PS3 e Xbox 360 (persino escludendo le vendite di DLC, che da sole aggiungono probabilmente circa 1 miliardo al totale).

In poche parole, le vendite di software per console non sono mai state così buone, almeno per quanto riguarda i generi e gli hardware indirizzati al pubblico "hardcore". Le cifre riguardanti Nintendo sono escluse da quest'analisi in quanto la cosiddetta "bolla" del Wii distorcerebbe troppo il quadro: il suo successo è stato infatti l'ultimo acuto del genere "casual" sulle console tradizionali, prima che quell'intero filone di pubblico venisse intercettato dai nuovi dispositivi (smartphone, tablet, browser, eccetera).

EEDAR è un organismo americano dedicato alle analisi di mercato nel settore dei videogame. Dai suoi dati sono nate le considerazioni espresse in questo articolo.

Bisogna notare come l'EEDAR abbia escluso dalle sue misurazioni anche le console portatili, che rimangono il principale punto di forza per Nintendo, e i mercati asiatici. Nonostante queste limitazioni, comunque, è fuor di dubbio che i dati riportati siano ancora di un certo interesse.

Certamente, si potrebbe anche osservare i numeri e darne una lettura negativa. Le vendite di software inquadrati come "per tutta la famiglia" o appartenenti al genere specifico dei giochi musicali, ad esempio, sono tracollate. I titoli di corsa e gli sportivi, invece, sono rimasti più o meno stabili, mentre i generi "action" e "shooter" sono stati protagonisti di una forte crescita. Ciò nonostante, è improbabile che uno sviluppatore di titoli per famiglie abbia di che lamentarsi: negli ultimi anni, il genere è in fatti esploso su altre piattaforme diverse dalle console tradizionali, quindi è del tutto normale che il pubblico in cerca di quel tipo di esperienza spenda altrove i propri soldi.

D'altro canto, alcuni osservatori potrebbero essere preoccupati dalla concentrazione del gaming tradizionale su uno spettro sempre più limitato di generi "hardcore". Mettere troppe uova nello stesso paniere non è mai una scelta sicura, e potrebbe significare che le console stanno diventando in qualche modo miopi, incapaci di intercettare il pubblico più eterogeneo e complesso. Il rischio è che gli sviluppatori siano sempre più impegnati a competere per attirare le attenzioni di un gruppo limitato di "core gamer", perdendo nel frattempo di vista l'obiettivo di evolvere e far avanzare l'intero mercato. Individuare come target specifico solamente gli utenti già storicamente coinvolti è una strategia che non guarda al lungo termine.

Credo però che la lettura di questi dati sia un'altra. Innanzi tutto le categorie "action" e "shooter" sono talmente ampie da includere una quantità infinita di esperienze diverse, che dunque non si possono descrivere con tanta semplicità. Sotto la voce "shooter" possono rientrare Gears of War come Splatoon, fino a Dishonored e Uncharted.

Il pubblico delle console tradizionali mostra un sempre crescente interesse per i giochi action. In declino invece quelli family e musicali.

La categoria "action" è ancora più generica, tanto da poter includere praticamente di tutto, da Skylanders a Diablo, da The Witcher a Portal. La predominanza di queste voci nel report dell'EEDAR non indica tanto che lo spettro del gaming tradizionale si sta riducendo a pochi e collaudati generi, quanto il fatto che le esperienze all'interno di quelle che un tempo erano denominazioni standard stanno diventando sempre più sfaccettate e complesse.

Se questa espansione e sperimentazione all'intero dei generi "hardcore" è la reazione degli sviluppatori tradizionali alle nuove direzioni intraprese dal mercato di massa, allora si tratta di una cosa buona. Gli ultimi anni sono stati definiti da una paura molto specifica, espressa molto spesso dai gamer e a volte anche dagli stessi creatori: quella che i giochi casual, mobile e social stessero succhiando linfa vitale ai videogame "hardcore".

Quello della "morte delle console" è un ritornello che abbiamo ascoltato infinite volte, nonostante l'ovvia realtà che l'espansione del mercato verso altre direzioni non significa necessariamente la fine per i generi più classici e consolidati. Il report di EEDAR, letto in congiunzione con il successo fragoroso di PS4 e quello più silenzioso di Xbox One, non fa che confermare questa realtà. Nel mercato dei videogame c'è posto sia per i giochi tradizionali che per i titoli mobile: entrambi possono crescere e proliferare fianco a fianco, senza doversi necessariamente soffocare a vicenda.

A conti fatti, i giocatori interessati a titoli come Destiny, World of Warcraft, Final Fantasy o Uncharted non potranno mai essere soddisfatti dalle esperienze più leggere e sbrigative offerte dal gaming mobile. Anche qualora dovessimo arrivare ad una situazione in cui gli hardware console sono resi obsoleti dall'avanzamento tecnologico (e io ritengo che siamo ancora distanti generazioni da una simile condizione), questo avverrà solo perché quel tipo di esperienze che oggi sono offerte dalle console (giochi profondi, immersivi e complessi) saranno state riprodotte interamente da altri dispositivi.

I dati di EEDAR dimostrano che il gaming mobile non ha arrecato danni al mercato console.

Ovviamente ci sarà sempre una certa dose di sovrapposizione tra le platee di giocatori: molti giocatori "hardcore" sono anche avidi consumatori di alcuni tipi di giochi mobile, ma questo comunque non significa che le due categorie di titoli siano in conflitto tra di loro. Molti lettori di libri leggono anche riviste, spesso in contesti differenti, eppure nell'industria editoriale non c'è mai stata la paura che gli uni potessero cannibalizzare le altre. Anzi, la considerazione da fare è quella opposta: più gente legge, di qualsiasi cosa si tratti, e meglio è.

Ovviamente parte delle preoccupazioni dei gamer non riguarda il fatto che i loro giochi preferiti possano sparire, schiacciati dal sorgere del gaming mobile, quanto la possibilità che i titoli per smartphone finiscano per "contaminare" i videogiochi tradizionali con i loro sistemi di pagamento (free-to-play e simili), snaturandoli e complessivamente peggiorandoli.

Questa è una tematica senz'altro più concreta. Alcuni tipi di giochi non funzionano bene con determinati business model, e tentare di imporglieli può portare all'allontanamento dei fan storici di quel genere, nel rischioso tentativo di raggiungere un altro pubblico al momento ancora vago e non definito. Errori del genere sono stati commessi in passato, e probabilmente ne vedremo anche in futuro, mentre le aziende tentano di esplorare nuove soluzioni di mercato con le loro IP e i loro target di riferimento.

Allo stesso tempo questo è un processo molto importante, perché se è vero che il modello tradizionale basato sul pagamento di 60 euro per un gioco non scomparirà nel breve periodo (resterà, anzi, dominante per ancora molti anni), è altrettanto vero che cominciamo a vederne le prime crepe, che non hanno nulla a che fare con l'ascesa del gaming mobile.

Il pubblico dei giocatori non sta crescendo così velocemente come invece accaduto con la passata generazione di console.

Il problema è che nonostante la crescita vista nel rapporto EEDAR, in realtà il pubblico dei giocatori hardcore non sta crescendo (né in quanto a numero di persone, né in quanto a spesa) velocemente come in passato. Gli anni '90 e i primi Duemila hanno testimoniato una crescita davvero straordinaria, con decine di milioni di nuovi giocatori appassionati; ora il pubblico sta senz'altro crescendo ma in maniera molto più limitata. Ciò rappresenta un problema, perché le aziende sono ormai abituate a dover incrementare in modo esponenziale i budget dei loro titoli, seguendo la crescita tecnologica. In passato, tale incremento era seguito di pari passo dalla crescita del pubblico, e tutto risultava dunque equilibrato; oggi la crescita dei budget surclassa invece quella del pubblico.

Come conseguenza, i giochi devono trovare nuovi sistemi per ripagarsi: da qui nasce la proliferazione dei DLC, delle special edition, dei season pass, dei modelli di abbonamento ibridi e quant'altro. 60 euro non sono più sufficienti per ripagare il costo di un gioco, non perché i publisher siano diventati più avidi (lo sono sempre stati, come ogni azienda in un sistema capitalistico), ma perché il costo di creare e sostenere un videogame è cresciuto più rapidamente di quanto non abbia fatto il numero dei giocatori. Questo è un problema interno al settore dei giochi tradizionali, non un qualcosa che deriva dalla crescita dei titoli mobile e social. Anche la soluzione, dunque, deve venire dall'interno.

Questa tematica è presente da anni e continua ad essere sempre più centrale. Anche se l'EEDAR ci conferma che i numeri dell'industria sono molto positivi, generare guadagni con un gioco "hardcore" è sempre più difficile. I giocatori di domani impareranno ad accettare titoli il cui impatto tecnologico sia limitato da questioni di budget? Oppure saranno disposti a spendere ancora più soldi sui titoli tripla-A, portando dunque a restringere ulteriormente il club dei "grandi giochi" in grado di generare profitti? Nei prossimi anni, probabilmente, vedremo verificarsi in una certa misura entrambe le cose, ma una fatto è certo: se nel complesso i videogiochi hardcore continuano a generare profitti sempre maggiori, ciò significa che il rischio di vederli scomparire, soffocati dalla proliferazione dei titoli mobile, è inesistente.

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Rob Fahey

Contributing Editor

Rob Fahey is a former editor of GamesIndustry.biz who spent several years living in Japan and probably still has a mint condition Dreamcast Samba de Amigo set.

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