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Vogliamo parlare del finale di The Last Guardian? - articolo

Spoiler!!!

Come si evince dal titolo, questo articolo contiene GROSSI SPOILER sul finale di The Last Guardian. E contiene anche spoiler su quelli di Ico e Shadow of the Colossus, quindi proseguite la lettura solo se pienamente coscienti di volerlo fare.

I giochi di Fumito Ueda finiscono tutti in maniera simile: una chiusura ambigua, vagamente malinconica prima che tutto svanisca nei titoli di coda, per poi essere ripresi in chiave più ottimistica nell'epilogo dopo i credits.

Ico inizialmente terminava con il protagonista che dà il nome al gioco e lady Yorda dispersi nella vastità del mare. Certamente, riescono a fuggire dal castello maledetto, ma sono ancora alla deriva nel mare aperto, quindi ogni sensazione di felicità percepita in questo finale è impregnata della paura razionale del pensiero: "non finiranno per morire se non trovano la terraferma al più presto?"

Grazie al cielo, infine do trovano terra, rifocillandosi con nutrienti noci di cocco su una spiaggia paradisiaca alla fine dei titoli di coda. È una nota dolce, forse troppo stucchevole per i nostri eroi traditi (anche se qualcuno interpreta la scena come un sogno).

Shadow of the Colossus ha avuto una conclusione iniziale similmente cupa, con il protagonista Wander tramutato in demone alla fine della missione che aveva come scopo finale riportare in vita la sua amata. Era un finale severo ma annullato da un epilogo che vedeva l'oggetto dei desideri di Wander risorgere. Anche il cavallo, che si credeva morto, fa il suo ritorno zoppicando e lasciando trasparire tutta la sua sofferenza. È un finale troppo lieto, a mio avviso, anche se il nostro eroe (o antieroe) è quello che se l'è passata peggio alla fine dei giochi.

The Last Guardian adotta questa formula a un primo sguardo ma la sua apparente conclusione ottimistica è in realtà la più triste che Ueda abbia mai scritto. Non appena il primo trailer del gioco è stato svelato, la teoria più diffusa consisteva in un epilogo con la morte dei Trico. Ma alla fine Trico sopravvive, così come il bambino, ed i suoi ultimi momenti sono anche più infausti come risultato.

L'apparente conclusione ottimistica di The Last Guardian è in realtà la più triste che Ueda abbia mai scritto.

Alla conclusione della storia, Trico prende una bella batosta nell'intento di salvare il nostro protagonista da un'orda di suoi simili. Con la coda strappata e il corpo martoriato da gravi ferite, l'adorabile creatura riporta il nostro eroe al villaggio da cui era stato sottratto. Sfortunatamente gli abitanti non accolgono calorosamente Trico; per quello che ne sanno, la bestia è finita sotto il controllo di una potente forza malefica a presidio di una montagna magica. Il bambino è troppo sofferente per intervenire in difesa del suo amico, e i piagnucolii di Trico vengono interpretati come una minaccia. Alla fine Trico fugge prima che la violenza esploda, e la versione adulta del bambino narra la storia spiegando che non vide mai più la creatura, sebbene sospetti che sia morto poco dopo.

Se il sipario fosse stato calato in questo momento, sarebbe stato un finale strappalacrime. Trico muore salvandoci... che nobiltà! Fine. Ma aspettate, c'è di più!

Dopo i titoli di coda vediamo il bambino, adesso un uomo cresciuto con la barba e con al fianco il suo stesso figlio, dissotterrare lo scudo a specchio al centro di questa storia. Con un impressionante senso di rispetto, l'uomo innalza lo scudo al cielo emettendo un raggio di luce per onorare il suo compagno. La telecamera sobbalza, vola tra le nuvole, scende sulla cittadella di montagna dove si sono verificati gli eventi, e si va a posizionare nella grotta dove tutto ebbe inizio. Dalle ombre, emergono gli occhi verdi brillanti di Trico. È vivo! Quindi è un lieto fine, dopo tutto!

Ma lo è davvero?

In realtà non penso sia ottimistico il fatto che Trico sia ancora vivo, poiché viene da interrogarsi sulla qualità della sua vita dopo che l'epica avventura ha avuto termine. Passerà il resto dei suoi giorni a fiutare piante e inseguire farfalle per scaldarsi il cuore? O siamo piuttosto di fronte a una situazione "alla Jurassik Park" in cui Trico si strugge per il resto dei suoi giorni in un desolante desiderio di rincontrare il suo migliore amico? Mi piacerebbe che fosse la prima, ma davvero non so rispondere. Qualcuno potrebbe pensare che isolare Trico dia più un atto conclusivo alla storia, ma in realtà è l'opposto.

Al contrario, il bambino in qualche modo va avanti nella sua esistenza: adesso ha una famiglia, anche se non può propriamente piangere il suo amico, visto che non ha mai avuto la certezza che fosse della sua fine. L'epilogo fornisce una conclusione al giocatore, ma non al bambino, che deve andare avanti portando sopra le spalle il peso dell'incertezza del destino del suo compianto compagno.

The Last Guardian verte sulla pacifica coesistenza con ciò che differisce da noi stessi, e che allo stesso tempo non è in grado di comprenderci

La morte di Trico sul finale dopo aver salvato il bambino sarebbe stata una fine calzante per la creatura (e per il gioco) pareggiando tutto in un finale pieno di pathos. Ma il gioco non è incentrato sulla vita e sulla morte, ma piuttosto sulla relazione. Ed in definitiva questi due amici non possono stare insieme per via della società dotata di paraocchi da cui proviene il bambino. È parecchio triste.

In realtà tutti i giochi di Ueda sono incentrati sulle relazioni. Ico era una favola ottimistica sul potere dell'amore (avrebbe potuto salvarvi la vita!), Shadow of the Colossus era un sermone contro l'ossessione dei pericoli, e The Last Guardian ci vuole parlare della travagliata relazione tra uomo e natura. Abitiamo in un mondo minacciato dai cambiamenti climatici, con le risorse naturali in esaurimento, ed una lista sempre crescente di specie a rischio di estinzione. The Last Guardian è un monito di cui abbiamo bisogno per rispettare la natura, o non ci saranno più Trico con cui andare a spasso.

Ma più che altro, The Last Guardian verte sulla pacifica coesistenza con ciò che differisce da noi stessi, e che allo stesso tempo non è in grado di comprenderci. Ma che può essere compreso meglio. I dettagli e le caratteristiche di un'altra mente, che sia un gatto o un Trico, ci confonderanno sempre in maniera più o meno grande, ma Ueda è convinto che se ci prendiamo del tempo per comunicare, si può stabilire un'armonia anche tra le forme di vita più diverse. Questa è la parte ottimistica. La dura e triste lezione che lui lascia intendere è che anche i legami più belli possono essere infranti dall'ignoranza della massa, un messaggio senza tempo che adesso come non mai è rilevante.