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F.3.A.R.

La paura è una questione di famiglia…

I preamboli agli articoli su F.E.A.R. sono, da sempre, terra fertile per i calembour più banali. Noi però siamo Eurogamer, mica pizza e fichi, per cui vi risparmierò giochi di parole abusati (tipo: “un videogame da paura!”) e passeremo invece ad arricchire la vostra cultura personale. Come ci ricorda anche la press release, infatti, “fear”, ovvero “paura” in Italiano, è un sostantivo che sta a indicare “una sensazione di disagio causata da pericolo, calamità o dolore incombenti, indipendentemente dal fatto che la minaccia sia reale o immaginaria”.

Al tempo stesso, F.E.A.R. sta anche per First Encounter Assault Recon, ovvero uno squadrone segreto d'elite creato per rispondere a minacce di natura paranormale o sovrannaturale, dotato anche di una certa passione per i videogiochi, giunto com’è al terzo capitolo di una serie che naviga imperturbabile da una generazione videoludica all’altra.

Che facciamo, chiamiamo i Ghostbusters?

Le novità di rilievo di questo terzo episodio, la cui uscita è prevista per il prossimo inverno, sono essenzialmente due: la prima è che a svilupparlo non saranno più i Monolith ma i Day 1 Studios; la seconda è che in questo capitolo verrà dato ampio spazio alla modalità cooperativa, motivata dai diversi punti di vista dei due fratelli protagonisti del gioco, ovvero Point Man e Fettel.

Si vorrebbe che in questi casi si passasse a esplicitare le caratteristiche del dinamico duo appena menzionato, in realtà però credo meriti attenzione il pedigree dello sviluppatore, per il quale, lo ammetto, ho dovuto ricorrere a una ricerca su internet. Sui forum, spesso, si legge di gente che si domanda chi siano i Day 1 Studios, e si tratta di una domanda tutt’altro che scontata: la società nasce infatti nel 2001 dall’acquisizione della Meyer/Glass Interactive, fondata nel 1997 e con all’attivo prodotti quali Axis & Allies (1998), Missile Command (1999), Avalon Hill's Diplomacy (1999) e Battleship: Surface Thunder (2000).

Nulla che farebbe presagire lo sviluppo di uno sparatutto in soggettiva per una major del calibro di Warner Bros, per cui è meglio concentrarsi su quello che hanno fatto i Day 1 Studios dalla loro nuova denominazione a oggi: MechAssault (2002), MechAssault 2: Lone Wolf (2004), le versioni Xbox 360 e PS3 di F.E.A.R. (2007) e l’interessante Fracture uscito per LucasArts nell’ottobre del 2008. Insomma, non si tratta certo di sprovveduti o di un team alle prime armi, come m’è capitato di leggere in giro, ma neanche di esponenti di spicco del mondo degli FPS.

Ecco il gioco dalla prospettiva di Fettel: Point Man è pronto a balzare felinamente addosso al malcapitato dalla staccionata.

In attesa quindi di rimandare la consacrazione (o la bocciatura) definitiva dei Day 1 Studios al giorno della recensione, torniamo a parlare del gioco concentrandoci sul coop, che Warner definisce “divergente”. La ragione di questa definizione risiede nel fatto che Point Man e Fettel vantano caratteristiche ben differenti tra loro: il primo è un soldato modificato geneticamente con riflessi sovraumani e l’abilità di modificare il tempo; il secondo invece è un’entità paranormale (e cannibale) che possiede poteri psichici degni dei migliori libri di Stephen King.

Queste diversità si riflettono anche a livello di gameplay: il primo si gioca tradizionalmente, il secondo invece è un po’ meno immediato ma più sfizioso. Le possibilità di stordire gli avversari, possedere i loro corpi e vedere strade per proseguire nel livello che a Point Man risultano invisibili, aprono interessanti scenari in termini di gameplay.