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FAR: Lone Sails - recensione

Arte in movimento che gonfia le vele.

Alla scoperta di noi stessi, dei nostri valori e dei nostri obiettivi. Oppure in direzione di un luogo a noi caro, della nostra casa o perché no della nostra salvezza. Che sia interno o esterno, il viaggio fa da sempre parte dell'uomo e di conseguenza è parte integrante anche delle sue creazioni. Definirlo una tematica ricorrente è a dir poco riduttivo, come lo sarebbe anche bollarlo come un semplice pretesto, come una banale scintilla di qualcosa di più grande che deve ancora venire. Il viaggio è un tema che ritorna sempre nelle opere di intrattenimento, che sicuramente lo fa in modi diversi ma che è cruciale nello sviluppo di parecchi progetti.

Lo sanno gli scrittori di ogni generazione, lo sanno i registi più o meno esperti e ovviamente lo sanno anche le software house. Lo stesso God of War che tanto ha fatto parlare di sé in questo mese dall'arrivo sul mercato altro non è che un lungo e tortuoso viaggio su due livelli: fisico (arrivare in cima alla montagna più alta di Midgard) ma anche intimo e spirituale (il percorso padre/figlio di Kratos e Atreus). Il fatto che il piccolo e giovanissimo team svizzero di Okomotive (fondato solo nel 2017) abbia deciso di proporre il viaggio come tema centralissimo del proprio titolo di debutto non è quindi poi così stupefacente.

La gestione della palette cromatica è da applausi.

Un argomento di questo tipo apre a una marea di approcci adatti allo sviluppo di una storia e di un videogioco ma allo stesso tempo rischia di risultare banale, fastidiosamente già visto. Nonostante questa consapevolezza ci siamo avvicinati a FAR: Lone Sails (titolo che debutta il 17 maggio su PC e che successivamente arriverà anche su PS4 e Xbox One) con un discreto ottimismo. A confortarci un non trascurabile numero di premi vinti in diversi eventi e fiere e una manciata di idee potenzialmente vincenti. Le nostre sensazioni si saranno rivelate azzeccate? Accendiamo i motori, scarichiamo il vapore in eccesso e spieghiamo le vele.

Un cielo terso e plumbeo, un terreno arido, secco e poco ospitale per l'albero solitario sotto cui trova riparo una piccola figura avvolta in una sorta di mantello di un rosso incredibilmente acceso e vivo, che spicca su uno sfondo apparentemente privo di vita. Una foto di un uomo a cui la misteriosa figura decide di dare le spalle e da cui sceglie di separarsi. Entriamo in una casa che per molti versi sembra abbandonata a se stessa ma anche questo edificio, proprio come la foto dell'uomo, non è altro che un ricordo da lasciarci alle spalle. Ci incamminiamo verso quello che un tempo poteva essere stato un porto e continuiamo la nostra scarpinata fino a una strana... nave?

Un veicolo apparentemente mastodontico ma in fondo così fragile.

Ha delle grosse ruote, quello che sembra un grande serbatoio e una serie di pulsanti a cui ci avviciniamo con un misto di curiosità e circospezione. Il particolarissimo vascello terrestre che per le 4 ore necessarie a completare FAR: Lone Sails è il primo assaggio di quella sensazione di scoperta che permea l'intero progetto del team di Okomotive. Il ritrovarsi di fronte all'ignoto, senza dettagli su ciò che è successo, che sta succedendo e che succederà, è un evidente pregio di un'avventura che fa del viaggio il proprio fulcro centrale.

Come funziona il veicolo che presto si trasformerà nella nostra casa e in un prezioso alleato? Quanto durerà la nostra personalissima odissea? Chi è in realtà il nostro alter ego e qual è il suo obiettivo finale? E proprio di fronte a queste domande non si può che ripensare all'approccio alla narrazione volutamente enigmatico e criptico di puzzle-platform come Limbo, Inside e Little Nightmares. Tutto ciò che sappiamo è che ci troviamo in una sorta di universo post-apocalittico da esplorare cercando di superare un gigantesco oceano ormai completamente prosciugato. Il motivo non è chiaro fino alla fine come non sappiamo in dettaglio cosa sia davvero successo a questo universo.

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La decisione di metterci di fronte a un setting post-apocalittico sostanzialmente "disabitato" e privo di nemici è una di quelle idee interessanti a cui facevamo riferimento in precedenza. Nessun mostro, zombie, infetto, alieno o predone pronto a farci la pelle. Siamo solo noi, il nostro alter ego, il nostro vascello terrestre di fronte a uno sterminato e spietato nulla, di fronte alla semplice e inevitabile natura. Questo grande nulla si rivela il nostro vero nemico, soprattutto del nostro mezzo di trasporto. Proprio quest'ultimo si dimostra un'altra idea vincente della formula di gioco proposta e ci sono bastati tutto sommato pochissimi minuti per capire che questo veicolo così tanto fondamentale quanto fragile è un fulcro dell'esperienza davvero riuscito.

Il ritmo stesso del gameplay è condizionato dall'interazione tra il nostro vascello e il mondo di gioco. Un gameplay che per larghi tratti ci vede gestire gli elementi del nostro mezzo mentre ci muoviamo in una ambientazione completamente 2D. Il carburante con cui caricare il motore da attivare e da gestire in termini di potenza, una vera e propria vela da spiegare quando il vento è a favore e ancora altri elementi che andranno ad ampliare e migliorare questa macchina così particolare. Ogni sezione va poi mantenuta in funzione al massimo dell'efficienza e abbiamo dovuto anche affrontare delle vere e proprie situazioni critiche, che si tratti di incendi da sventare o di gravi guasti da risolvere. Come detto il ritmo è fortemente legato all'interazione con il mondo di gioco e di fronte a degli ostacoli apparentemente insormontabili ci siamo dovuti muovere a piedi cercando di aprirci un varco.

Le sezioni che intervallano l'esplorazione e la progressione a bordo del veicolo possono essere considerate classicamente puzzle-platform e ci vedono alle prese con interruttori, ingranaggi, montacarichi e altri oggetti con cui interagire al fine di ottenere dei particolari potenziamenti per il vascello o per eliminare l'ostacolo che blocca il nostro viaggio. Solo nella fase finale si incontrano degli enigmi leggermente più complessi ma tutto sommato FAR può sicuramente essere bollato come un titolo semplice, un gioco più di atmosfera che puramente legato agli enigmi. Ma se la complessità delle meccaniche di gioco è tutto sommato ridotta, fortunatamente l'altro lato della medaglia, le atmosfere, è davvero eccelso.

Quella di FAR è una narrazione silenziosa e ineffabile che lascia all'atmosfera il compito di coinvolgere il giocatore.

Forte di un comparto artistico estremamente curato soprattutto a livello di palette cromatiche, il colpo d'occhio di parecchi scenari si rivela a dir poco meraviglioso anche grazie a un accompagnamento musicale dalla qualità elevatissima, che sa arricchire sia con le composizioni più complesse che con quelle più semplici e con il silenzio più assordante. È grazie a questa cura certosina e al lavoro decisamente ispirato degli artisti che quasi ci si dimentica della semplicità degli enigmi che abbiamo risolto. Il risultato è spesso talmente bello da vedere, talmente capace di lasciarci a bocca aperta che anche il semplice premere un tasto dopo una breve fase platform non sembra poi così superficiale.

Se si è alla ricerca di un'avventura complessa e con un livello di sfida quanto meno importante, questo non è di certo il gioco giusto ma FAR ha un merito non da tutti: proporre un'esperienza diversa da parecchi canoni e in grado di svincolarsi da facili etichette, che si trattino di quelle affibbiate ai walking simulator o quelle più tipiche dei puzzle-platform.

È un dipinto che continua a evolversi, una canzone che muta incessantemente con il viaggio del nostro protagonista e di un vascello terrestre tanto grande quanto fragile. Questo è FAR: Lone Sails. Si può sicuramente criticare una narrazione troppo criptica e ambigua e un gameplay a tratti leggermente povero e privo di sfida ma chiudendo un occhio su queste pecche ci possiamo regalare un'avventura che tutti dovrebbero provare con mano. Un'opera d'arte in movimento? Decisamente sì.

8 / 10

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Alessandro Baravalle

Contributor

Si avvicina al mondo dei videogiochi grazie ad un porcospino blu incredibilmente veloce e a un certo "Signor Bison". Crede che il Sega Saturn sia la miglior console mai creata e che un giorno il mondo gli darà ragione.
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