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Fire Emblem Warriors Three Hopes recensione, un'altra storia, lo stesso universo

Omega Force, Koei Tecmo e Nintendo ci portano a guardare la guerra del Fódlan da una prospettiva differente.

Cos'hanno in comune The Legend of Zelda e Fire Emblem con alcuni dei manga più famosi di sempre come Hokuto no Ken, Berserk e One Piece? Semplice: hanno tutti ricevuto un adattamento in stile musou ad opera dello sviluppatore nipponico Omega Force, divenuto celebre per l'immortale saga di Dynasty Warriors che ha letteralmente dato vita a un nuovo genere videoludico.

La formula dei musou (o 'Warriors' nei paesi occidentali), del resto, si adattava bene ai combattimenti frenetici e spettacolari che caratterizzano gli shonen manga ma pochi si aspettavano che avrebbe funzionato bene anche in accoppiata con alcune delle saghe più rilevanti della storia di Nintendo e dell'intera industria dei videogiochi.

Hyrule Warriors prima e Fire Emblem Warriors poi, ad ogni modo, hanno saputo convincere anche i più scettici e hanno dimostrato che si può davvero pensare di applicare una struttura ludica dal gusto così spiccatamente orientale ad un universo narrativo diffuso e amato in tutto il globo con risultati di tutto rispetto.

Non solo un prequel, né un sequel: Three Hopes è una reinterpretazione degli eventi sperimentati in Three Houses.

Al di là dell'innegabile fascino delle IP di riferimento, comunque, il gameplay tipico dei musou è talmente peculiare e polarizzante che da anni rappresenta un motivo di spaccatura netta nelle affollate community videoludiche online: c'è chi, dopo averlo assimilato nel tempo e averne carpito le sfaccettature nascoste sotto la caotica scocca dei forsennati scontri all'arma bianca, riesce ad apprezzarlo appieno e chi, al contrario, si accontenta di bollarlo come l'ennesimo action senza cervello che infesta le ludoteche delle proprie piattaforme di riferimento.

C'è da dire che dalla prima incarnazione di Dynasty Warriors ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e anche l'inviolabile ricetta dei musou ha subito qualche modifica nel corso del tempo, vuoi per adattarsi alle tendenze di un mercato in rapido mutamento, vuoi per aprire il più possibile il proprio bacino d'utenza anche oltreoceano.

Emblematico, in tal senso, è proprio l'esempio di Fire Emblem Warriors: Three Hopes (scusate il facile gioco di parole, ndR) che, partendo dalle solide basi gettate dal mai troppo osannato Three Houses, uscito su Switch ormai quasi tre anni fa, tenta di proporre una particolare ibridazione tra i rodati canoni dei Warriors e gli elementi di gameplay che hanno reso grande la leggendaria serie di RPG strategici di Nintendo.

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Si tratta, dunque, di un esperimento audace anche dal punto di vista narrativo dal momento che la storia raccontata in Three Hopes ha origine qualche anno prima di quella vista in Three Houses ma prende rapidamente una piega inaspettata, quasi come se fosse un diverso punto di vista, una timeline differente o una nuova dimensione del multiverso, un concetto che ultimamente va parecchio di moda. I protagonisti sono gli stessi, lo sviluppo degli eventi coincide per alcune parti ma ci sono anche pesanti deviazioni che potrebbero cogliere di sorpresa anche chi ha investito parecchie ore nel titolo precedente.

In buona sostanza, al fine di evitare fastidiosi spoiler, ci limiteremo a spiegarvi in poche righe l'incipit di Three Hopes che, invero, nasconde molto più di quanto ci si potrebbe aspettare. Ci troviamo nel bel mezzo della guerra del Fódlan, un conflitto di attrito che sta devastando il continente e sta avendo un costo davvero esorbitante in termini di vite umane. Il protagonista, questa volta, è Shez, un personaggio del tutto inedito che fa parte di una compagine di mercenari rivali ai ben più famosi Mercenari di Jeralt.

Nel tentativo di rintracciare i suoi avversari e distruggere uno dei loro accampamenti, Shez si imbatte in un guerriero formidabile noto con il minaccioso appellativo de 'Il Flagello Cinereo' che ingaggia rapidamente un violento scontro con il nostro malcapitato protagonista. Quest'ultimo, a dispetto delle sue indubbie doti combattive, è costretto a capitolare sotto i tremendi colpi del Flagello che, in pochi minuti, riesce a infliggere un ingente quantitativo di danni e a tramortirlo.

Come di consueto per la serie, l'identità di Shez può essere definita dal giocatore.

Proprio qui, conteso tra la vita e la morte, Shez incontra un'entità eterea chiamata Arval che gli salva la vita e gli dona dei poteri straordinari che gli consentono di tornare in men che non si dica sul campo di battaglia. Purtroppo, però, il Flagello è scomparso e il povero protagonista è costretto a vagare senza meta tra le foreste del villaggio di Remire, almeno fino al momento in cui incontrerà sul proprio cammino i tre rampolli delle famiglie nobiliari più importanti del Fódlan: Dimitri della Casa dei Leoni Blu, Edelgard della Casa dell'Aquila Nera e, infine, Claude della Casa del Cervo Dorato. Questi ultimi, accertato l'indomito spirito combattivo del mercenario, lo invitano a unirsi alla rinomata accademia del Garren Mach, già vista e apprezzata in Three Houses, e a scegliere a quale dei tre Casati affiliarsi.

Da questa scelta, nemmeno a dirlo, si aprono tre percorsi differenti che cambieranno radicalmente lo sviluppo della trama di Three Hopes: a quale famiglia giurerete fedeltà? Quale futuro sceglierete per il Fódlan? Ma soprattutto, chi è il Flagello Cinereo e qual è il suo vero scopo? Vi lasciamo il gusto della scoperta ma, nel frattempo, possiamo assicurarvi che la nuova opera di Omega Force può vantare una sceneggiatura davvero gradevole che amplia questa frazione dell'universo di Fire Emblem, la reinterpreta e fornisce anche qualche gustoso colpo di scena nelle fasi più avanzate. Se avete amato Three Houses, anche questo Three Hopes potrebbe riuscire a smuovere lo stesso tipo di sentimenti, al netto della struttura ludica profondamente differente.

Già, perché laddove Fire Emblem è da sempre un caposaldo del genere degli RPG strategici, Three Hopes sacrifica una buona parte di tattica e tecnicismi sull'altare dell'azione più pura e spettacolare. Il copione, come nella più classica delle tradizioni dei Warriors, è sempre lo stesso: il giocatore e le sue truppe vengono catapultati sul campo di battaglia e dovranno farsi strada tra abbondanti schiere di soldati avversari per conquistare punti di interesse e sconfiggere i vari boss e nemici speciali di turno.

Ciascun componente della squadra ha un proprio equipaggiamento e un set di abilità peculiare, tutti con i propri punti di forza e le debolezze.

Per farlo, ciascuna unità può contare su un set di armi e abilità ben specifico legato alla classe di appartenenza che, tramite uno schema in stile morra cinese, rende alcuni guerrieri più efficaci contro determinati tipi di avversari e più deboli ai colpi di altri. Per questo motivo sarà necessario valutare attentamente come disporre le proprie unità nello scenario in modo da sfruttare i propri punti di forza in specifiche zone del campo di battaglia.

A tal proposito ci viene in aiuto la Mappa Strategica che può essere richiamata in qualsiasi momento per impartire ordini ai nostri soldati, muoverli nelle aree dove c'è più bisogno di supporto, assegnarli alla scorta di particolari NPC o creare coppie d'attacco che possono incrementarsi le statistiche a vicenda.

Il sistema di combattimento, dal canto suo, rimane quello da hack 'n'slash tipico dei musou in cui il button mashing selvaggio prevale su qualunque altra skill meccanica. Le nutrite orde di combattenti avversari sono mosse da un'IA molto basilare che non fa altro che lanciarli verso morte certa in modo da incrementare il tasso di spettacolarità quando il contatore delle combo supererà le tre o quattro cifre.

Durante lo scontro diretto con alcuni boss, la situazione cambia leggermente e subentra anche la necessità di eseguire con giusto tempismo parate e schivate ma, notate bene, non dovreste aspettarvi le finezze di un souls-like, per intenderci: Three Hopes ha pur sempre l'anima dei musou, nel bene e nel male.

La gestione delle unità prima dello scontro ha un'importanza fondamentale per la buona riuscita della missione.

Esistono, comunque, alcune analogie con il precedente Three Houses, a partire dalla gestione dell'accampamento che risulta in tutto e per tutto simile a quanto visto tra le mura del Garren Mach. Tra una missione e l'altra, infatti, avremo occasione di spendere una porzione della 'Barra del Tempo' posta nella parte alta dello schermo per approfondire la conoscenza dei membri del gruppo di cui decideremo di fare parte.

Si può scegliere di intavolare una conversazione cordiale tramite i sempreverdi dialoghi a scelta multipla in modo da scoprire i retroscena sul passato dei vari comprimari, le loro speranze e le loro ambizioni per il futuro; si può partecipare a intense sessioni di allenamento in modo da migliorare i parametri di forza di ciascun eroe e, eventualmente, modificare le loro classi di appartenenza; oppure si può optare per alcune attività all'aperto come le escursioni a cavallo o le lezioni di cucina che possono essere svolte in compagnia di uno dei componenti della brigata.

Tutto questo ha anche uno scopo pratico, oltre a quello prettamente sentimentale: rinforzare i legami di affetto che intercorrono tra i combattenti li rende più efficienti sul campo di battaglia e moltiplica le probabilità di successo anche delle missioni più ardue.

Ad ogni modo, potrete prendervi anche del tempo per voi per passare in rassegna l'equipaggiamento dei vostri commilitoni, apprendere nuove mosse speciali, partecipare a missioni secondarie per ottenere nuovi strumenti o, semplicemente, perdervi nell'esplorazione degli affascinanti ambienti circostanti.

L'esplorazione dell'accampamento garantisce la possibilità di stringere relazioni coi compagni, acquisire nuovi strumenti e partecipare ad attività secondarie.

È un sistema che funziona e diverte ma, è bene precisarlo, rimane fortemente ancorato agli stilemi portati in auge dalla saga di Dynasty Warriors. Se siete disposti ad accettarne la peculiare formula ludica e a sorvolare sulla ripetitività che sopraggiunge inevitabile dopo qualche ora di gioco, riceverete in cambio una storia piuttosto interessante da seguire, ambientata in un universo narrativo davvero evocativo e intrigante.

Il comparto tecnico di Fire Emblem Warriors: Three Hopes, infatti, può garantire un impatto visivo di pregio, fatto di modelli poligonali ben realizzati e animati e da un'effettistica di buona fattura. Ottime le cutscene, realizzate col motore di gioco e graziate da una gradevole interpretazione da parte dei doppiatori. Permane il solito problema legato alla bassa risoluzione di alcune texture ma, fortunatamente, il frame-rate risulta abbastanza fluido anche nelle situazioni più concitate con centinaia di nemici a schermo.

Nota di merito, infine, per il selettore della difficoltà che, all'inizio della campagna, permette di regolare alcune impostazioni fondamentali per rendere l'esperienza accessibile a chiunque ma anche alquanto complicata per chi deciderà di spingere al massimo il tasso di sfida. Oltre al tipico regolatore di difficoltà iniziale, infatti, si può scegliere se affrontare il gioco in modalità Frenetico o Riflessivo con la prima che consente di giocare senza alcun tipo di interruzione riguardo, ad esempio, l'avanzamento di livello dei personaggi o l'apparizione di un determinato obiettivo e la seconda che si adatta di più ai cultori del genere ruolistico. Come se non bastasse potrete decidere anche di affrontare l'avventura nello stile Principiante o Classico: quest'ultima, come potreste immaginare, attiva la temuta Morte Permanente che sottrarrà in modo definitivo un componente della brigata dal resto della campagna in caso di morte durante una qualsiasi missione. Solo per stomaci forti.

Il comparto tecnico è composto da modelli di buona qualità e anche il frame-rate risulta piuttosto stabile.

In definitiva, Fire Emblem Warriors: Three Hopes ci ha convinti nella sua volontà di offrire una visione del tutto nuova sugli eventi già apprezzati nel capolavoro Three Houses. La storia è intrigante e ricca di colpi di scena, i personaggi sono tutti ben caratterizzati e anche la commistione tra il gameplay dei musou e gli elementi RPG di Fire Emblem funziona piuttosto bene. Il rovescio della medaglia? Dovrete scendere a patti con una struttura ludica abbastanza controversa fatta di tante luci ma anche di qualche ombra come una sensibile ripetitività che verrà a bussare alla vostra porta già dopo poche ore di gioco, come, del resto, in quasi tutti gli altri esponenti del genere.

Per il resto, se siete stati fan di Three Houses, Fire Emblem Warriors: Three Hopes è un'esperienza che vi consigliamo di provare, anche solo per tornare a calpestare le terre del Fódlan e a respirare l'atmosfera magica (e per larga parte inimitabile) che permea ogni prodotto che reca la scritta 'Fire Emblem' in copertina.

8 / 10

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Riccardo Cantù

Contributor

Nato nel 1993, Riccardo ha coltivato, negli anni, una passione smodata per tutto ciò che è entertainment. Videogiochi, cinema, fumetti, musica e letteratura sono il suo pane quotidiano e ama le lunghe discussioni riguardanti queste tematiche.
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