Skip to main content
Se clicchi sul link ed completi l'acquisto potremmo ricevere una commissione. Leggi la nostra policy editoriale.

Formula 1: Drive to Survive - recensione

Fino al limite, e oltre.

"Quando un pilota inizia ad avere paura, deve smettere di fare questo lavoro". Questo il concetto con cui si apre la prima puntata di Formula 1: Drive to Survive, il nuovo documentario a episodi di Netflix, interamente dedicato al circus della Formula 1.

Una serie che, sulla falsariga di quella recentemente dedicata alla Juventus, indugia all'interno dei team e della vita privata di dirigenti e piloti, raccontando un aspetto della massima serie motoristica, che spesso non è mostrato in televisione.

Sviluppata su dieci puntate, la serie TV segue Gran Premio dopo Gran Premio tutta la stagione 2018 appena passata, focalizzando però - in maniera molto intelligente - l'attenzione su moltissime figure e team di seconda fascia, evitando scuderie top come Ferrari e Mercedes (eccezione fatta per la Red Bull) mediaticamente più conosciute e sotto i riflettori.

Ed è proprio attraverso i racconti di Gunther Steiner (Direttore Sportivo della Haas), Cyril Abiteboul ( Renault F1), e Zak Brown (Amministratore Delegato della McLaren), andremo a vivere una stagione "in compagnia" di questi team che, a causa di budget minori rispetto ai top, lottano per le posizioni lontane dal podio; posizioni che per arrivare a punti in ogni Gran Premio, richiedono tantissimo lavoro e sacrificio da parte di tutto il team.

Immagini inedite, che raccontano del peso politico che alcune scuderie esercitano all'interno del paddock.

La bellezza di "Drive to Survive" sta proprio nell'eleganza e precisione con cui le telecamere raccontato il dietro le quinte della F1. Nel corso delle dieci puntate si toccano argomenti letti e dibattuti dagli appassionati, come ad esempio: il passaggio di Ricciardo dalla Red Bull alla Renault, le difficoltà della Williams e l'ingombrante presenza di Lawrence Stroll, il caso motori tra Red Bull e Renault, le perplessità di Fernando Alonso su McLaren, e persino uno dei momenti che ha scosso maggiormente il paddock lo scorso anno, l'amministrazione controllata di Force India.

In tutto questo, le telecamere sono costantemente attaccate ai protagonisti di questa vicenda, spesso dando fastidio ai diretti interessati, ma riuscendo così a mostrare uno scenario inedito per qualsiasi fan della Formula 1. Una visione quasi intima delle scuderie, avvalorata da una serie d'interviste ai diretti interessati che rende il tutto ancora più credibile e veritiero.

La presenza piuttosto corposa di Christian Horner (Direttore Sportivo della Red Bull), offre inoltre uno spaccato sui team di maggiore rilievo, mostrando così anche le dinamiche di quelle squadre che gravitano ai piani più alti. Quello che maggiormente colpisce di questo documentario è l'enorme trasversalità degli argomenti toccati. Grazie ad un montaggio piacevole e sempre molto serrato, all'interno di ogni puntata si riesce a seguire un avvenimento in particolare, amalgamato però all'interno delle immagini del week end di gara (alcune inedite), trasformando così il racconto in un valzer tra la pista e il paddock. Il tutto è ovviamente irrobustito da una qualità visiva senza precedenti per un documentario su questo sport motoristico, con splendide immagini in ultra HD, che indugiano (grazie anche a delle ottime inquadrature) su molti dettagli delle monoposto e dei piloti.

Il documentario riesce a regalare anche momenti molto intensi, come quello in questa immagine: l'abbraccio tra padre e figlio Ricciardo.

Ultimo elemento, ma non per questo meno importante, è sicuramente quello legato al linguaggio utilizzato. Per quel che ci riguarda, la scelta di non entrare mai in maniera eccessiva in un vocabolario troppo tecnico, lascia al documentario la possibilità di essere goduto anche da chi non è molto pratico di F1. Se è vero che il target di riferimento è piuttosto chiaro, il documentario racconta una storia affascinante e in grado di essere apprezzata in maniera genuinamente trasversale.

Unica pecca che gli abbiamo trovato finora (dopo sei delle dieci puntate proposte) riguarda il doppiaggio in lingua italiana. La scelta fatta per i doppiatori distacca un po' lo spettatore dalle emozioni che i team principal e i piloti vivono rispettivamente su muretto e monoposto durante la corsa. Se non avete problemi con la lingua inglese, vi consigliamo la visione in lingua originale.

Al netto di questo, Formula 1: Drive to Survive è un incredibile spaccato sulla vita di questi piloti e dei relativi team. Un documentario affascinante e ben confezionato, che vi racconta in maniera chiara la F1 attuale. Per noi è luce verde, quindi un bel PLAY!