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Gex 3: Deep Cover Gecko compie vent'anni - articolo

L'ultima avventura della mascotte transmediale di Crystal Dynamics.

Il geco salterino di Lyle Hall, di anni, ne ha in realtà già venticinque, tra fase di ideazione e prima release. Oggi ricorre il ventesimo anniversario della sua ultima comparsa, da Star ormai in vestaglia: «Back in the 90's», canterebbe qualcuno. Insieme ai suoi rivali più noti (Mario, Sonic, ecc.) la trilogia Platform di Gex ha arricchito la Quinta Generazione videoludica con un tocco transmediale: i videogiochi parlavano di televisione, e non più riproponendone le scene più famose ma parodiando.

È doveroso spendere qualche parola di presentazione sul volto che accompagnava i titoli di Crystal Dynamics, che conoscerete per Soul Reaver e i più recenti Tomb Raider. Innanzitutto, Gex non amava il suo ruolo di mascotte, o almeno questa è il suo retroscena ironico. Paradossalmente (mentre serviva da bestseller per il Panasonic 3DO, console con la longevità di una falena), la missione di Gex consisteva nello sconfiggere il signore della Media Dimension, Rez, che voleva renderlo una banale lucertola-immagine per il suo impero televisivo.

A prescindere dagli occhiali da sole e le pose da fenomeno, Gex rappresentava il consumatore ideale, che fagocita cultura televisiva con la velocità con cui mangerebbe snack (o insetti). Le ragioni di questa vita dissoluta sono da ricercare in un continuo bisogno di dissociarsi dalla realtà per non affrontare lutti e doveri. La muraglia di Gex non è fatta soltanto di pigrizia, ma anche di sarcasmo e lussuria. Una lucertola come tante, insomma. Dettagli che si scoprivano dai libretti e dalle cutscenes, tutte con un tono da spy-movie.

Il canale dedicato alle vacanze invernali, tra i primissimi livelli di Gex 3.

Gex è un nullafacente, vittima dell'inedia: la sua prima avventura comincia mangiando una mosca-ricetrasmittente, la seconda col rifiuto di partecipare all'azione (avendo già salvato il mondo una volta) e la coercizione da parte di alcuni agenti speciali. Deep Cover Gecko, terza e ultima occasione di splendere, rientra purtroppo nella norma, ma chiude le vicende: dalla Gexcaverna in Maui, l'eroe deve salvare l'agente Xtra dalle grinfie dell'acerrimo nemico di sempre. Xtra non è fatta di poligoni, ma di filmati dell'attrice Marliece Andrada, vista in Baywatch.

Erano giochi semplici, cosa che non si può dire del modo in cui mappe e scenari erano pensati. Nei capitoli 3D dovevamo cercare dei telecomandi speciali, che potevano essere in possesso di un mini-boss, situati in zone difficili da raggiungere, oppure si ottenevano tramite il superamento di sfide a tempo. Il sottofondo musicale era inquietante e martellante, di qualità elevatissima e dai ritmi sperimentali, con silenzi inaspettati ed effetti in linea col setting proposto. Un fascino che si perde se consideriamo che dal passaggio tra Gex 2 e 3 la colonna sonora si fa meno eccentrica.

In termini di scelte comiche, per certi versi Gex è equivalente ad Ape Escape 3, in cui si visitavano i set di alcuni colossal rigirati in versione scimmiesca. Non a caso in entrambi i franchise troviamo il Titanic di Cameron. Il motore grafico è lo stesso del primo Tomb Raider, e da ciò lo scenario Braveheartless, in cui l'esploratrice di tombe viene citata insieme ad Akuji (un personaggio, questo sì, davvero dimenticato).

Dalla Gex Caverna potevamo accedere a zone come Lake Flaccid, parodia del B-Movie Lake Placid.

I livelli, chiamiamoli anzi quadri in omaggio a Mario 64, sono canali TV, ognuno parodia di un genere o film specifico. Erano sfide semi-aperte, che si dovevano affrontare più volte e seguendo vie differenti: quando Gex ottiene un telecomando si ritorna all'Hub. I segreti richiedevano più intuito che occhio. L'esplorazione avveniva sfruttando la verticalità delle pareti per raggiungere anfratti fuori range visivo, o tetti e sezioni capovolte. Il difetto principale consisteva nella telecamera schizofrenica, oltre a una grafica sempliciotta e frettolosa, se confrontata ai coetanei.

Sul rapporto tra videogiochi e TV ci sarebbero pagine e pagine da scrivere. Per l'occasione limitiamoci a constatare lo stato dell'arte in quegli anni (e ai giorni nostri). C'erano già stati timidi tentativi di dare un volto cinematografico agli eroi digitali, il film di Super Mario Bros è del '93. Il contrario avveniva da tempo: l'Arcade di Star Wars risale ai primi anni 80, così come il leggendario E.T. su Atari.

Oggi l'unione è anche tecnica: Jodie Holmes (Beyond: Two Souls) non è altri che Ellen Page; Reedus e Mikkelsen saranno i motion actor di Death Stranding, e così via. Kingdom Hearts è un caso di fusione con tanto di acceleratore premuto da un mattone. Inoltre qualcuno ricorderà, per esempio, il quarto Ritorno al Futuro (Telltale), o lo spin off dedicato a Game of Thrones. Sul fronte comico, gli esempi più grandi che possono venire in mente sono invece le riscritture LEGO.

Lo scontro con l'acerrimo nemico Rez in Gex 2: Enter the Gecko. In Gex 3 la battaglia si sposta in una stazione orbitale.

Se con Gex non si sfonda la quarta parete di netto, se non possiamo parlare di un Deadpool con l'aspetto di Lizardman, è soltanto perché qui la verve ironica colpisce un regno diverso da quello videoludico, e cioè - appunto - quello della televisione e della cultura pop. Le battute scritte dal comico Dana Gould, voce di Gex, sono rivolte a un pubblico quanto più largo possibile e ripropongono (non sempre con effetto) lo stile dei Simpson. Il giocatore è chiamato a riconoscere i riferimenti, e non ad entrare nel mondo interconnesso di Gex.

Deep Cover Gecko ed Enter the Gecko sono videogiochi sulla televisione... O meglio, sulla televisione americana come la si viveva in quegli anni. E questo va al di là della consapevolezza citazionista che da sempre accompagna le avventure grafiche e i prodotti più realistici, o le riproduzioni videoludiche dei grandi film di successo. Perché oltre al già citato Titanic esploravamo la Mummia, il genere peplum, gli anime mecha, il disaster movie, l'horror, il documentario (con derive alla Jumanji)... E così via, ma sempre in versione alterata dall'approccio umoristico.

Gex 3 era meno ansiogeno rispetto al predecessore, l'hub era misteriosa ma accogliente, con tanto di maggiordomo al nostro servizio. Anche le sfide più grottesche (lo scontro con un Babbo Natale malvagio su tutte) erano accompagnate da una musica rassicurante. Forse, se avesse proseguito su una via più rischiosa, oscura diciamo, oggi ne avremmo sentito parlare più spesso. Fatto sta che prendere a piene mani dalla televisione è una delle possibili ricette combinatorie per poter creare avventure originali, magari proprio deviando il più possibile dalle trame già viste al cinema e offrendo pasticci, perché no, strampalati. Gex, al suo tempo, ha fatto un buon lavoro. Vi viene in mente qualcun altro che prosegue su questa strada?

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Antonino Fiore

Contributor

Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.
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