Skip to main content
Se clicchi sul link ed completi l'acquisto potremmo ricevere una commissione. Leggi la nostra policy editoriale.

Ghost Recon Breakpoint - recensione

Chi ha paura dei fantasmi?

Sebbene non si trattasse di un videogioco perfetto, Ghost Recon: Wildlands ha avuto l'indiscutibile merito di aver restituito rilevanza allo storico marchio Ghost Recon, sopravvissuto alla parentesi di Phantoms, shooter free-to-play sfortunato e dimenticabile. Con Wildlands il publisher transalpino ha impresso un nuovo corso alla serie, una volontà valsa un buon successo in grado di rendere l'idea di un sequel ben più di un'ipotesi.

Due anni e mezzo dopo, Tom Clancy's Ghost Recon Breakpoint ha sulle spalle il compito di cogliere tutto ciò che c'era di buono nel suo predecessore ed evolverlo e migliorarlo, specialmente dal momento che il progetto gode di una discreta continuità d'intenti e di vedute grazie al coinvolgimento di Eric Couzian e Nouredine Abboud, director e producer di Ghost Recon: Wildlands tra le fila di Ubisoft Paris. L'operazione non è molto diversa da quella vissuta da The Division 2, e le premesse c'erano tutte per assistere a un grande ritorno di Ghost Recon nell'olimpo degli sparatutto tripla A.

Se squadra che vince non si cambia, anche la formula di gioco di Breakpoint rimane fedele alla precedente iterazione, offrendo un vasto open world liberamente esplorabile che fungerà da ambientazione per la nuova missione di Nomad, capitano della squadra Ghost che si trova ad affrontare in questo capitolo una situazione del tutto inedita, almeno per gli standard della serie. Il palcoscenico è l'esotico arcipelago di Auroa nel sud dell'Oceano Pacifico, centro nevralgico delle operazioni della Skell Technology, azienda miliardaria e tentacolare che qui ha stabilito la sua personale Silicon Valley, libera da qualsiasi vincolo giuridico.

Guarda su YouTube

La Skell è un colosso della tecnologia che opera in uno stuolo di settori, dall'agricoltura alla medicina, che però coglie improvvisamente l'attenzione dell'ONU dopo che un suo drone ha misteriosamente ucciso un candidato politico. In breve tempo la situazione degenera e si perdono tutti i contatti con Auroa, mentre viene affondata in situazioni poco chiare una nave della marina statunitense stazionata a largo delle isole. La CIA non ha altre opzioni se non quella di inviare l'intera forza Ghost nell'ambito dell'Operazione Greenstone, che tuttavia fallisce ancor prima di iniziare quando uno sciame di droni abbatte ogni elicottero in volo verso l'arcipelago.

I Ghost miracolosamente sopravvissuti agli schianti, tra cui Nomad, vengono braccati e decimati da quello che scopriamo essere l'antagonista principale di Ghost Recon Breakpoint , Cole Denholm Walker. Walker, interpretato dall'attore Jon Bernthal (The Walking Dead, The Punisher), è un ex Ghost al comando dei Lupi, una forza militare d'elite composta da altri rinnegati e che ha preso il controllo di Auroa grazie alla complicità della Sentinel, azienda di sicurezza privata assunta dallo stesso Jace Skell. Feriti, soli e mal equipaggiati, dovremo tentare di sopravvivere in un ambiente incredibilmente ostile cercando di scoprire cosa sia successo sull'isola, e quali motivazioni abbiano spinto Walker a compiere azioni così efferate.

L'incipit di trama è di quelli avvincenti, specialmente grazie all'uso continuato di cutscene durante la prima ora di gioco dalle quali Nomad e Walker ne escono caratterizzati a puntino. Le chiacchiere lasciano molto presto spazio ai proiettili, e fin dalle primissime battute di gioco è possibile notare alcune importanti differenze che rendono Breakpoint sostanzialmente molto diverso dal precedente capitolo. Dando uno sguardo ai primissimi trailer pubblicati in rete, avevamo avuto il sospetto che Ubisoft volesse donare un taglio diverso all'esperienza, e lo si poteva notare sia da numerosi piccoli dettagli sia da nuove, importanti feature di gameplay.

La prima cosa che inevitabilmente salta all'occhio è la posizione della telecamera alle spalle del protagonista, percettibilmente più vicina rispetto al passato. Questa scelta rende l'avventura di Nomad più personale, intima, anche perché Ghost Recon Breakpoint ci affida il sostentamento e la sopravvivenza del Ghost come mai la serie aveva fatto in passato. Gli elementi survival di cui parleremo in seguito rappresentano una fresca novità, così come il rinnovato sistema delle armi che avvicina questo capitolo a un looter shooter, per non parlare dell'assenza dei compagni di squadra gestiti dal computer, che tra polemiche e ripensamenti non sono in ogni caso presenti in questa versione finale.

Nomad può sdraiarsi e coprirsi di fango e terra, per diventare un tutt'uno con la natura che lo circonda.

Tutte queste riforme sul fronte del gameplay non vanno a intaccare la limpidezza dell'infrastruttura di gioco, molto coerente con quanto avevamo visto in Wildlands nel 2017. La nuova fatica di Ubisoft Paris non è altro che uno sparatutto in terza persona con elementi tattici, dotato di un sistema di coperture fluido e non legato alla pressione di un tasto, che può essere giocato dall'inizio alla fine da soli o in compagnia di altri tre amici. Come fu per la Bolivia, in Ghost Recon Breakpoint l'elemento di gameplay principale è ancora una volta la minuziosa pianificazione e lo svolgimento degli attacchi agli avamposti controllati dai Lupi e dai contractor della Sentinel, che punteggiano le 21 provincie in cui si divide l'arcipelago di Auroa.

La fase preparatoria che precede un assalto vede ancora come protagonista indiscusso il drone da ricognizione, che può identificare e marcare i nemici che sono segnalati sulla mappa con un generico alone rosso. In queste fasi l'HUD diventa un preziosissimo alleato, con cui tenere d'occhio la posizione dei soldati ostili e le informazioni su armi e attrezzature. Anche se l'uso della forza bruta è sempre un'opzione, la prassi largamente riconosciuta nel franchise Ghost Recon prevede che i giocatori operino in religioso silenzio, ed è proprio in queste situazioni che il gioco dà il suo meglio.

Questo risultato viene raggiunto in larga parte grazie al lavoro svolto sul gunplay, che si presenta all'appuntamento con la recensione in gran forma e privo di sbavature. Complici alcune animazioni che ricalcano i movimenti tipici delle forze speciali, ripulire soldato dopo soldato un accampamento nemico è l'attività più piacevole che Ghost Recon Breakpoint possa offrire, specialmente se ci troviamo in squadra con altri giocatori.

Se da un lato i nemici non sono adeguatamente caratterizzati e li incontreremo nel corso dell'esplorazione in pochissime varianti, una grossa variabile di gameplay è costituita dalla massiccia presenza dei droni, chimere tecnologiche costruite dalla Skell Technology e che popolano il gioco in tanti modelli diversi. Oltre a droni di piccole e medie dimensioni, in alcune località dell'arcipelago si nascondo i Behemoth, le macchine più letali mai realizzate dalla compagnia, messe a difesa di tesori inestimabili. Affrontarli sarà molto impegnativo, ma anche incredibilmente appagante.

La possibilità di soffrire di infortuni gravi vi costringerà a essere molto più scaltri sul campo.

Quello che fondamentalmente era il modello di gameplay di Wildlands viene ampliato attraverso alcune meccaniche inedite, che introducono svariati elementi survival alla produzione di Ubisoft. La prima, più importante novità risiede nella rinnovata gestione della salute di Nomad, che durante il combattimento può subire degli infortuni di tre diverse entità, che limiteranno progressivamente la capacità operativa sul campo del protagonista. Per riprendersi da questi ferimenti, che riducono in via definitiva la barra della salute, saremo costretti a metterci al riparo per bendarci e curarci, un'operazione che dura momenti interminabili quando si è sotto il fuoco nemico.

Ad avere un impatto sull'esito dei combattimenti è anche la stamina, che può velocemente esaurirsi correndo e saltando da un riparo all'altro. Non è una buona idea trovarsi senza resistenza nel bel mezzo di uno scontro a fuoco, soprattutto quando si ha a che fare con terreni scoscesi, e questo aspetto, in concomitanza con l'introduzione degli infortuni, evolve secondo noi di tantissimo le fondamenta del gameplay della serie. L'idea che Nomad abbia debolezze e vulnerabilità intensifica la percezione d'immersione, convincendoci di avere tra le mani la sopravvivenza di un vero soldato in un ambiente ostile e pericoloso.

Le dinamiche survival orbitano attorno ai bivacchi, i piccoli accampanti disseminati per Auroa che i giocatori possono utilizzare per rifocillarsi, prepararsi e armarsi, ma anche e soprattutto per servirsi del viaggio rapido attraverso le diverse località dell'arcipelago. Raggiungendo un bivacco si ha la possibilità di richiamare un veicolo, di consultare il negozio delle armi e delle attrezzature, ma anche di dedicare del tempo a una delle sei diverse attività che offrono buff consistenti alle statistiche di Nomad.

Ad esempio, mangiare aumenta la resistenza agli infortuni e idratarsi fornisce un bonus alla stamina, mentre fare stretching garantisce più resistenza. Controllare armi e droni migliora le perfomance di entrambi, oppure è sempre possibile optare per un bonus all'ottenimento di punti esperienza con il quale livellare più velocemente.

L'arcipelago di Auroa ha molti biomi diversi, uno più letale dell'altro.

Al netto di tutto ciò che è stato fatto di buono per donare più spessore al gameplay, gli elementi survival di questo capitolo non riescono purtroppo ad avere un impatto sufficiente sull'intera esperienza, dimostrandosi di puro contorno in uno shooter che avrebbe potuto fare un rimarchevole salto di qualità in questo senso. Alcune feature come quella della borraccia che ricarica la stamina o quella delle razioni di cibo che forniscono bonus temporanei, sono solo un abbozzo mentre avrebbero potuto essere molto più profonde e significative. Un peccato veniale da parte di Ubisoft, che era molto vicina a rendere Ghost Recon Breakpoint uno degli sparatutto open world più interessanti di questa generazione.

Una grande novità è inoltre rappresentata dall'introduzione delle classi, che ricalcano i ruoli che ognuno finisce con l'interpretare sul campo. Le classi sono quattro, Medico da Campo, Assalto, Pantera e Tiratore, e danno accesso ad una serie di abilità e perk specifici che aiutano a rendere significativamente più variegato il gameplay di squadra. Ciascuna classe mette a disposizione un'abilità e un gadget unici, che nella classe Medico sono naturalmente orientati al curare i compagni, in quella Assalto a ridurre i danni subiti e a rendere più letale il Soldato, in quella Pantera a essere più furtivi e in quella Tiratore a visualizzare e a eliminare con più efficacia i nemici distanti.

Completando una serie di compiti sarà inoltre possibile livellare una classe per sbloccare perk aggiuntivi, aspetto che favorisce l'immedesimazione del giocatore nel suo ruolo. Naturalmente, tanto in PvE quanto in PvP potremo passare in ogni momento da una classe all'altra, senza subire penalizzazioni di sorta. Insomma, scegliere quella adatta al proprio stile di gioco sarà uno dei piaceri offerti da Ghost Recon Breakpoint, che sotto questo aspetto riesce a offrire una nuova meccanica dall'indiscusso fascino.

Oltre al leveling delle classi, il giocatore può scalare ben 30 livelli ottenendo di volta in volta punti abilità, che possono essere investiti sui rami di un albero delle abilità non dissimile da quello di Wildlands ma molto, molto più folto, composto da oltre 50 perk attivi e passivi con cui personalizzare ulteriormente le perfomance del nostro soldato.

Guarda su YouTube

Proprio come le classi, il nuovo sistema delle armi è riuscito a convincerci e si candida a diventare uno standard per il futuro della serie. Sappiamo come Ubisoft abbia l'abitudine di far collaborare frequentemente i suoi studi di sviluppo di tutto il mondo, e non sorprende quindi che in Ghost Recon Breakpoint faccia il suo esordio un meccanismo di loot non molto diverso da quelli già visti in The Division 2 e Assassin's Creed Odyssey. L'equipaggiamento di Nomad è diviso in tre slot per le armi e cinque per il vestiario, e ogni oggetto che troveremo nel mondo di gioco avrà un valore ben preciso, definito dal suo Livello Attrezzatura.

Il Livello Attrezzatura di Nomad è calcolato sulla media aritmetica dei valori di armi e vestiti inseriti negli 8 slot dell'equipaggiamento, e condiziona l'efficacia del protagonista quando affronta i nemici, anche loro dotati di livello. I modificatori ai danni inflitti e ricevuti dipendono in larga parte dalla difficoltà selezionata tra le quattro a disposizione (Arcade, Regolare, Avanzata ed Estrema), eppure anche ad Arcade se vi doveste trovare ad affrontare avversari con un livello superiore al vostro, noterete che essi vi faranno decisamente più male del solito e avranno bisogno di più colpi per essere mandati al tappeto.

Per non nuocere al realismo, caratteristica centrale dell'intera serie, Ubisoft Paris ha scelto di applicare questa nuova filosofia del Livello Attrezzatura con alcune limitazioni, per evitare quel fastidioso effetto "bullet sponge" che spesso è una peculiarità di moltissimi looter shooter. In tal senso ogni nemico, anche i membri dei Lupi che sono di livello 150 o più, verranno abbattuti da un singolo colpo alla testa, quindi esiste la concreta possibilità di affrontare un loro accampamento senza i requisiti adeguati. Dal momento che verrete scoperti, però, anche un solo colpo di un nemico di alto livello potrebbe abbattervi, a dispetto del grado di difficoltà che avete selezionato.

In Ghost Recon Breakpoint troviamo rivoluzionato anche il processo che porta all'ottenimento delle armi, che possono essere acquistate dal negozio, trovate nelle casse nascoste nei punti di interesse di Auroa o ricevute come drop casuale dai nemici uccisi. Dal momento che è proprio attraverso i drop che Nomad sale di Livello Attrezzatura, vi capiterà spesso di dover aggiornare il vostro setup e utilizzare un vasto numero di bocche di fuoco, che si dividono tra fucili d'assalto, mitragliette, fucili a pompa, mitragliatrici leggere, fucili di precisione, DMR e pistole.

La schermata dell'equipaggiamento racchiude tutte le informazioni più importanti su armi e attrezzature.

Non sarà tuttavia necessario affidarsi sempre al caso per giocare con la propria arma preferita, poiché nascosti nel mondo di gioco troviamo i progetti relativi a ognuna di esse, che una volta ottenuti offrono la possibilità di craftare il fucile al Livello Attrezzatura corrente. Questa funzione è utile inoltre per sorteggiare nuovamente le statistiche di un'arma: ognuna ha caratteristiche prestabilite, ma gode di due bonus casuali che sono determinati dalla rarità con cui viene ottenuta.

Esistono cinque livelli di rarità che ricalcano alla perfezione quelli che già conoscerete se foste capitati dalle parti di Destiny, The Division o Borderlands, e per questo può essere utile di tanto in tanto cercare di riottenere un fucile con statistiche migliorate, specialmente nella fase di endgame.

Non poteva mancare il Gunsmith, la sezione del menù dedicata alla personalizzazione delle armi. Le bocche di fuoco possono montare una valanga di accessori ed essere colorante in ogni singola parte con tantissime mimetiche, e fa piacere constatare che anche questa componente del gioco sia stata migliorata rispetto al passato. Tutte le armi, sempre in ottica endgame, possono essere inoltre potenziate attraverso tre livelli di qualità, che vengono preservati quando si scarta e si riceve nuovamente lo stesso fucile.

Nota di merito va alla personalizzazione dell'aspetto di Nomad, che potremo modificare anche nei più minimi dettagli grazie a decine e decine di oggetti tra cui zaini, occhiali, cuffie e toppe. L'aspetto personalizzato che diamo al nostro soldato può essere sovrascritto sugli attuali pezzi di equipaggiamento, un po' come succede in Assassin's Creed Odyssey, quindi non dovrete temere di indossare pezzi più forti ma esteticamente sgradevoli.

La sezione dedicata al Gunsmith non solo è utile per personalizzare le proprie bocche di fuoco, ma anche per renderle molto più letali.

A conti fatti, qualche fan di vecchia data potrebbe non accettare la svolta che la serie Ghost Recon prende in questo capitolo con l'introduzione del loot e della rarità delle armi, eppure troviamo la scelta di Ubisoft Paris ben inquadrata nel contesto moderno degli sparatutto tripla A. Il nuovo sistema favorisce indubbiamente l'endgame, che a questo punto si candida a offrire centinaia di ore di divertimento, ma penalizza considerevolmente la campagna che non si è dimostrata all'altezza delle nostre aspettative.

Siamo arrivati a concludere la storia principale dopo circa 18 ore di gioco e, nonostante l'inizio brillante, la trama fatica a decollare nella parte centrale e ha un esito abbastanza scontato nel finale, un'incomprensibile occasione persa se consideriamo la deliziosa caratterizzazione del personaggio interpretato da Jon Bernthal, che poteva essere sfruttata per confezionare una linea narrativa da pelle d'oca.

Le vicende su schermo non riescono a coinvolgere l'utente anche perché le 28 missioni della quest principale sono tutte identiche l'una all'altra e non propongono mai, tranne in qualche rara eccezione, qualcosa di effettivamente diverso dalla routine degli assalti agli assembramenti nemici.

A contorno della campagna principale troviamo tantissime missioni secondarie, la maggior parte di esse collegate alle due fazioni dell'isola (Coloni ed Esclusi) che nel corso del supporto post-lancio si evolveranno con nuovi spunti narrativi. L'unico elemento che riesce a spezzare la monotonia delle missioni è il taglio investigativo che lo studio parigino ha voluto applicare alla maggior parte delle attività, che impone al giocatore di trovare indizi, prove e testimonianze che lo possano portare alla prossima fase della missione. Nel menù principale è addirittura presente una sezione dedicata alla soluzione dei grandi misteri di Auroa, che possono essere risolti scovando collezionabili e altri indizi nel vasto mondo di gioco di Ghost Recon Breakpoint.

Con un antagonista come Walker, confezionare una storia da urlo sarebbe stato davvero semplicissimo.

A differenza di quanto successo in Ghost Recon Wildlands, Ubisoft Paris è riuscita a inserire una modalità multigiocatore fin dal lancio, chiamata Ghost War. Questa al momento non include moltissimi contenuti con due sole modalità (deatmatch a squadre e cerca e distruggi) e sei mappe, ma sarà espansa nel corso delle settimane e senza dubbio sa offrire spunti interessanti. La nota positiva è che si può finalmente partecipare alle partite online con il proprio avatar del PvE, che riceverà oggetti e armi dal multigiocatore in un sistema di progressione condivisa che era fondamentale per legare indissolubilmente le due esperienze.

Le partite coinvolgono due squadre da quattro Ghost ciascuna, che cominciano il match agli antipodi di mappe molto grandi che favoriscono almeno in questa prima fase i cecchini e i tiratori dalla distanza. Caricare a testa bassa potrà comunque essere molto remunerativo, poiché risorse come medikit e batterie per il drone possono essere trovate solo all'interno degli edifici che solitamente sono al centro dell'ambientazione.

Ghost War dovrà necessariamente vivere una fase di ampliamento dopo il lancio del gioco, e questo vale anche per l'esperienza PvE che sappiamo riceverà un raid per quattro giocatori chiamato Project Titan, nel corso degli ultimi mesi del 2019. Vogliamo essere particolarmente chiari a questo proposito: la buona qualità del supporto post-lancio del gioco farà la differenza tra vita e morte per Ghost Recon Breakpoint, un titolo che rischia di finire rapidamente nel dimenticatoio senza l'arrivo di nuovi, importanti contenuti.

Dal punto di vista della realizzazione tecnica il gioco soffre di tanti, troppi problemi per un tripla A del suo calibro, proponendo sì alcune cose di rilievo ma fallendo su un vasto fronte che va dall'IA dei nemici alle animazioni di Nomad. In alcuni frangenti, Ghost Recon riesce perfino ad apparire visivamente molto piacevole, in modo particolare per un notevole sistema d'illuminazione, ma ciononostante ci si trova spesso di fronte a texture grossolane e a modelli poco curati, fatta eccezione per quelli di Nomad e Walker che naturalmente godono di una attenzione maggiore.

Guarda su YouTube

Bug e glitch dai risvolti comici sono all'ordine del giorno e segnaliamo inoltre alcuni problemi relativi alle animazioni di Nomad, soprattutto quando il giocatore ha a che fare con superfici scoscese o quando impatta con veicoli in movimento. In generale sembra che l'AnvilNext 2.0 faccia fatica, almeno su Xbox One X, a sostenere un mondo di gioco così ricco di dettagli come quello di Breakpoint, e lo prova il fatto che gli effetti pop-up siano davvero troppo frequenti.

Le incertezze grafiche non sono minimamente paragonabili a quello che è indubbiamente il problema più grave dell'intera produzione, ossia l'intelligenza artificiale dei nemici. Quando scoprono il giocatore, i soldati si accalcano verso la sua posizione in fila indiana, finendo col bloccarsi in colli di bottiglia che si possono sfruttare per eliminare ciascun ostile, uno alla volta. Per un videogioco che fa del realismo e della tattica i suoi punti di forza, assistere a certe scene uccide molto in fretta l'immersione e il divertimento.

Il nuovo capitolo della dinastia Ghost Recon riesce a proporre qualcosa di nuovo e interessante rispetto al precedente capitolo, e lo fa abbracciando un sistema di loot ormai consolidato, figlio di altre proprietà intellettuali del publisher francese. Chi acquista Breakpoint sa di andare in contro a ore e ore di divertimento con gli amici nell'immenso parco giochi virtuale che è l'arcipelago di Auroa, che si espanderà poi nel tempo col massiccio supporto post-lancio promesso da Ubisoft, gratuito per tutti gli utenti.

Affrontare in squadra un contingente nemico può addirittura rivelarsi esaltante, ma la monotonia di certe dinamiche e una campagna principale piatta e priva di mordente, penalizzano inevitabilmente l'esperienza, danneggiata ulteriormente nel gameplay da un'intelligenza artificiale melensa.

Allo stato attuale, Ghost Recon Breakpoint si rivolge solo ed esclusivamente agli entusiasti del genere, mentre rischierà di annoiare dopo poche ore chiunque sia alla ricerca di qualcosa di più profondo. Non ci riteniamo contrari alla direzione presa dalla serie Ghost Recon, ma serve ben altro per riportare il franchise ai vecchi fasti di un tempo.

7 / 10

Sign in and unlock a world of features

Get access to commenting, newsletters, and more!

Scopri come lavoriamo alle recensioni leggendo la nostra review policy.

In this article
Related topics
A proposito dell'autore
Avatar di Gianluca Musso

Gianluca Musso

Contributor

Si è appassionato ai videogiochi grazie al capolavoro Monkey Island, oggi massacra NPC nei GDR Bethesda. Qualcosa dev'essere andato storto!
Commenti