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Giocare nella Mela - editoriale

Apple e videogame, un rapporto complicato.

Nel 2011, al termine della London Games Conference, venne chiesto a mille esponenti del settore quale fosse a loro parere il personaggio più influente della storia dei videogiochi. Il risultato, davvero sorprendente, e che diede il via ad una "shitstorm" internettiana di portata epocale (chiedere ai nostri colleghi di Eurogamer UK per conferme, visto che la notizia la pubblicarono loro), vide premiare Steve Jobs con oltre il 40% di preferenze. Al secondo posto si piazzò Gabe Newell e solo al terzo (con un misero 7%) Miyamoto-san. Assurdo? Inconcepibile?

Persino il Time Magazine iniziò a riflettere sull'esito del sondaggio e giunse alla conclusione che effettivamente no, Steve Jobs era stato molte cose nella sua carriera ma sicuramente non un "gamer". Fino all'arrivo dell'iPhone e dei giochi sui suoi device, per esempio, nell'industry si era soliti sostenere che "Il Mac è la piattaforma dove i videogiochi vanno a morire".

Il primo e unico gioco mai prodotto da Apple.

La storia del rapporto tra Apple e videogiochi è, in effetti, piuttosto complicata. Steve Jobs, ironia della sorte, iniziò il proprio percorso professionale in quella che, negli anni Settanta, era l'azienda sinonimo di videogame, Atari. Da imprenditore però, si guardò bene dal rendere Apple II e Macintosh "macchine da gioco" in senso stretto, né agli albori della loro storia commerciale, né più avanti negli anni, quando i PC avevano scalzato i computer proprietari (Atari ST, Amiga) ed erano diventati l'unica alternativa ludica alle console.

D'altra parte su iPad e iPhone oggi esistono milioni di titoli che probabilmente su altri device non si sarebbe filato nessuno (Angry Birds, Cut the Rope e compagnia). L'intero mercato tablet è stato "definito" da Jobs e dall'iPad con tutti gli altri, anche quelli che avevano commercializzato ben prima il proprio modello, trasformati in follower che hanno beneficiato dell'intuizione di un uomo che ha creato l'offerta giusta per una domanda fino ad allora inesistente. La storia ci ha insegnato quindi che più che "gamer", Jobs debba essere considerato un "game changer" (se quest'espressione vi sembra calzi a pennello, beh, è anche questa del Time).

Escludendo il grottesco esperimento chiamato Pippin, su cui torneremo tra poco (del quale ovviamente Jobs non ha alcuna responsabilità e che credo sia stato il primo progetto cassato quando tornò alle redini di Apple dopo la sua esautorazione), videogiochi ed Apple hanno spesso seguito strade divergenti. Ma con significative eccezioni.

Pippin, osceno dentro e fuori.

"Non molti sanno che Apple II venne realizzato proprio per far girare Break-Out"

Non molti sanno, ad esempio, che Apple II venne realizzato proprio per far girare Break-Out e che il buon Steve Wozniak era un grande fan e giocatore di Gran Trak, titolo automobilistico realizzato da Atari nel 1974. Insomma, le basi c'erano. E, a ben vedere, anche i giochi.

Alcuni esempi? Through the Looking Glass, scritto da Steve Capps su Apple Lisa, un clone di Archon (se non sapete che tipo di gioco sia, andate a studiare!), ambientato nel mondo di Alice nel Paese delle Meraviglie, che resta ad oggi l'unico videogioco "pubblicato" direttamente da Apple. Oppure Microsoft Flight Simulator, primo capitolo di una saga trentennale, pubblicato nel gennaio del 1980 per Apple II; e ancora Old Ironsides, un antesignano delle battaglie navali che si possono ammirare oggi nell'ultimo Assasin's Creed; e poi il migliore di tutti, Cosmic Osmo.

Cosmic Osmo and the Worlds Beyond the Mackerel vinse nel 1990 il Mac User's Editors' Choice Award for the "Best Recreational Program" category ed è ricordato da molti utenti come il miglior gioco mai apparso su Macintosh. Realizzato da Cyan (quelli di Myst, per intenderci), Cosmic Osmo , disponibile oggi anche su Steam, è un'avventura grafica punta e clicca vecchio stile che non ha un vero e proprio scopo o un finale, né un punteggio da migliorare (come i vecchi titoli Sierra), ma prevede esclusivamente l'esplorazione delle innumerevoli e splendide location e la risoluzione di puzzle ed enigmi. Il giocatore non viene mai avvertito dal gioco che questi sono terminati e continua a esplorare le location, trovandone sempre di nuove. Ai tempi fu un'epifania, anche grazie ad un comparto grafico fuori parametro.

Marahon dimostrò che in Bungie il talento non mancava. E infatti...

Nel corso della sua lunga vita, Macintosh ha poi ospitato molti dei bestseller "altrui" quali Defender of the Crown (1988), Myst (1993 e che nacque proprio su Mac), Sim City 2000 (1993), Wolfenstein 3D (1994), Descent (1995), Command and Conquer (1996) e Diablo (1997) e ha offerto anche altre gustose esclusive ai propri utenti a cominciare dalla trilogia di Marathon, realizzata dai futuri sviluppatori di Halo.

"Non appena saputo dell'acquisizione di Bungie, Steve Jobs chiamò "leggermente alterato" il placido Ballmer"

Una storia che pochi conoscono è proprio relativa a Bungie, azienda che Jobs avrebbe voluto tenere come sviluppatore esclusivo per Apple ma che, come tutti sanno, venne acquistata da Microsoft per lanciare l'Xbox. A raccontarla, anni fa, fu Ed Fries, ai tempi vice president of game publishing di Microsoft e "mente" delle acquisizioni di Rare e, appunto, Bungie. Non appena saputo dell'acquisizione, stando a quello che raccontò Fries, Jobs chiamò "leggermente alterato" il placido Ballmer per chiedere spiegazioni in merito all'affare. Ah, quanto pagheremmo per ascoltare quella telefonata!

Per chiudere in bellezza, si fa per dire, non si può non tornare sul punto più basso toccato nel rapporto tra mondo ludico ed Apple che è, come avevamo detto prima, il "mitico" Pippin. Nomen omen, avrebbero detto i latini: Pippin è stata una delle console più scarse della storia dei videogiochi (ho scritto per Eurogamer qualche tempo fa un editoriale sulle console sconosciute: recuperatelo, c'è di che restare a bocca aperta...).

Creato in collaborazione con Bandai, Pippin era una console "multimediale", aggettivo molto in voga negli anni '90, bastato su un Power Mac su cui era installata una versione scrausa del Mac OS e che, oltre a fare male un sacco di cose, permetteva (in teoria) di far girare anche giochi.

Se solo qualcuno li avesse realizzati, cosa in realtà non avvenne. O, meglio, avvenne ma ne uscirono talmente pochi e di scarsa qualità da affossare immediatamente il povero Pippin, che venne commercializzato tra il 1996 ed il 1998 in Giappone e negli States e riuscì nell'impresa di vendere complessivamente appena 40mila pezzi.

Andrea Chirichelli è co-founder ed editor di Players Magazine, un progetto editoriale che mira a discutere di intrattenimento in maniera matura e indipendente, coinvolgendo un pubblico smaliziato e vagamente geek.

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Andrea Chirichelli

Contributor

Nasce circa 40 anni fa in una domenica buia e tempestosa. Negli ultimi anni ha offerto il suo discutibile talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic. Odia apparire in foto.

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