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Gylt - recensione

La metafora horror di Tequila Works su bullismo e discriminazione.

Google Stadia, l'avveniristico sistema di streaming videoludico dell'azienda di Mountain View, è giunto sul mercato spaccando letteralmente in due critica e pubblico. Da una parte troviamo utenti entusiasti delle prospettive offerte da Stadia, come la possibilità di giocare sempre ai giochi del momento senza dover acquistare hardware costosissimo, oppure di poter sempre accedere al proprio parco titoli ovunque ci sia una connessione ad internet.

D'altra parte, però, le molteplici (e vistose) mancanze che ne hanno caratterizzato il lancio, l'assenza di moltissime delle feature annunciate in fase di annuncio e uno store digitale povero di contenuti, hanno smorzato parecchio l'entusiasmo dei giocatori che hanno preferito attendere gli sviluppi di questa promettente tecnologia, prima di prenderla davvero in considerazione.

Per spingere Stadia, per portare questa nuova piattaforma di Google agli occhi del grande pubblico, per mostrarne insomma le reali potenzialità, era necessario avere una buona selezione di titoli esclusivi che potessero rendere appetibile la proposta di Stadia anche agli scettici del videogioco in streaming. La realtà, purtroppo, è tutt'altra. Al day-one, infatti, nel marketplace è disponibile un solo titolo in esclusiva, prodotto dalle brillanti menti di Tequila Works, già autori dello splendido Rime.

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Si tratta di Gylt, un titolo che già dal momento dell'annuncio ha saputo catturare la nostra attenzione grazie anche alle tematiche delicate che avrebbe tentato di esplorare. Già, perché Gylt si assume l'ingrato compito di parlare di bullismo, di oppressione, della difficoltà di integrarsi in un ambiente insidioso come quello scolastico, e lo fa utilizzando la classica tecnica della metafora.

L'impostazione dell'impianto narrativo, dunque, è quella dell'action/adventure a tinte horror che ci cala nelle tetre atmosfere della fittizia Bethelwood, una piccola cittadina dell'entroterra statunitense. Qui la vita scorre lenta, inesorabile e sistematica. Nulla è fuori posto. La nostra protagonista Sally, una ragazzina di soli 11 anni, sta invece vivendo momenti di assoluta angoscia: sua cugina Emily è svanita nel nulla da mesi e nessuno in città sembra essere realmente intenzionato a ritrovarla.

La piccola, però, non si dà per vinta e affigge quotidianamente manifesti di denuncia sulle mura della città, che spera possano aiutarla a trovare la bambina scomparsa. Un infausto giorno, però, dei bulli decidono di prenderla di mira e, dopo un breve inseguimento in bicicletta, la spingono fuori strada e Sally cade in una scarpata perdendo i sensi.

Al risveglio la ragazzina si rende conto di essere finita in una sorta di stazione per teleferiche in disuso e l'unico modo per tornare alla città sembra essere la funicolare. L'atmosfera che permea il luogo è oscura e opprimente ma, con coraggio, la nostra protagonista si avvicina all'unica altra persona presente sul posto, il bigliettaio della stazione.

Bethelwood è infestata da creature da incubo che si annidano nell'ombra.

Dopo aver recuperato il ticket dalla macchinetta automatica, è tempo di tornare a casa. A questo punto però inizia l'incubo: l'uomo dietro la cassa è scomparso e la funicolare ci porta in quella che sembra una Bethelwood devastata da un qualche cataclisma naturale. Le strade sono interrotte, ci sono veicoli rovesciati sull'asfalto e il silenzio generale è spezzato solo dai versi in lontananza di strane creature che si annidano nell'ombra. Cosa è successo alla città?

Emily si trova proprio qui, in questa versione distorta e desolata dei luoghi in cui siamo cresciuti? Riusciremo a portare a casa la pelle? Gylt parte da qui per immergerci a poco a poco in un contesto da incubo che ricorda, con le dovute proporzioni, quello di Silent Hill. Le ambientazioni che esploreremo sono eteree, oniriche, bizzarre. Le strade sono bruscamente interrotte da baratri che sembrano non avere un fondo e le creature che affronteremo sembrano provenire direttamente dai nostri peggiori tormenti infantili.

Non è tutto. Sarà possibile anche recuperare dei diari che svelano molti retroscena di questa versione alternativa di Bethelwood, che parlano di un luogo a metà tra realtà e incubo, una sorta di limbo tra la cittadina da cui proveniamo e un posto in cui dover espiare i nostri peccati. Vi ricorda niente?

Ad essere onesti, tuttavia, nonostante le premesse fossero assolutamente intriganti, Tequila Works non è riuscita a compiere il salto di qualità che avrebbe elevato Gylt a killer app per Google Stadia. Al netto di un'atmosfera godibile e di un paio di trovate interessanti a livello narrativo, infatti, Gylt fallisce nell'approfondire le tematiche che avrebbero dovuto rappresentare il suo cavallo di battaglia e scade spesso, purtroppo, nella facile approssimazione di alcuni risvolti della narrazione.

Gylt propone ambientazioni oniriche piuttosto intriganti.

Probabilmente tutto ciò è dovuto ai ristretti tempi di sviluppo a disposizione della software house, che ha dovuto restringere le proprie ambizioni per uscire in concomitanza col lancio di Stadia, rappresentando l'unica esclusiva disponibile al lancio: un vero peccato. A ulteriore riprova di questa teoria c'è una durata davvero irrisoria dell'avventura, un fattore rigiocabilità vicino allo zero e una conclusione affrettata che lascia un po' l'amaro in bocca.

Per completare la storia e assistere ad uno dei tre finali disponibili, infatti, ci vorranno circa 4 o 5 ore e non esiste alcuna modalità secondaria che possa sopperire a tale mancanza. Certo, va considerato anche il prezzo di vendita del titolo, che si aggira attorno ai 30 euro, ma non è sufficiente per promuovere in toto l'opera di Tequila Works.

Per quanto riguarda il gameplay, come dicevamo, Gylt è il più classico degli action/adventure in terza persona, condito da una buona dose di horror, da un pizzico di stealth e da un occhio di riguardo per gli enigmi ambientali. La struttura ludica, infatti, ci spingerà ad esplorare a fondo i corridoi della scuola (setting primario di quasi tutta l'avventura) in cerca di risposte sul fato della povera Emily, facendo attenzione alle creature che strisciano nell'oscurità.

Da questo punto di vista, Gylt si limita ad eseguire correttamente il proprio compito senza alcun guizzo di originalità o trovate particolarmente geniali. Ci sono alcuni rompicapo interessanti, il clima è angosciante e gli avversari sono sempre pronti a farci la pelle ma manca un reale fattore di sfida ed è facile arrivare ai titoli di coda senza mai incontrare la minima difficoltà.

La scuola è l'ambientazione principale dell'avventura.

Nel corso dell'avventura la torcia sarà la nostra unica alleata per districarci negli opachi anfratti della Bethelwood alternativa ma attirerà anche l'attenzione dei mostri come la proverbiale falena con la fiamma. Bisognerà dosare attentamente l'uso della lampadina per evitare di essere attaccati dai nemici e, a volte, affrontare le situazioni in modo stealth risulterà la scelta migliore da compiere. Questo discorso è valido fino al punto in cui acquisiremo l'abilità di utilizzare la torcia anche come arma di difesa personale, il momento che spezza qualsiasi velleità di sfida da parte di Gylt che diventa ancor più semplice e lineare di quanto potesse sembrare inizialmente.

La raccolta di collezionabili rappresenta l'unica, reale attività secondaria proposta dal gioco e, oltre ad approfondire la lore del titolo, serve a sbloccare il terzo finale, accessibile solo dopo aver raccolto un determinato quantitativo di oggetti. Insomma, a conti fatti si tratta di un'offerta ludica piuttosto esigua, che descrive un prodotto ben lontano dall'essere il titolo trainante di cui Stadia aveva bisogno.

Dal punto di vista tecnico l'Unreal Engine impiegato per lo sviluppo di Gylt svolge il proprio ruolo in maniera piuttosto soddisfacente. Il team artistico di Tequila Works ha fatto un buon lavoro di caratterizzazione dei personaggi e delle ambientazioni, con modelli poligonali convincenti che ricordano da vicino alcune delle opere del miglior Tim Burton.

Il tutto conferisce al gioco un aspetto alquanto gradevole che, con un po' di impegno in più nella diversificazione degli avversari e degli scenari esplorabili, avrebbe rappresentato un plus non indifferente per la produzione. Ciò che ci troviamo tra le mani, invece, è un prodotto leggermente ridonante nelle situazioni proposte e nei nemici da affrontare, privo di quel fattore sorpresa che, in passato, si è dimostrato vitale per prodotti di questa tipologia.

I mostri sono sempre in agguato ma il livello di sfida è alquanto basso.

Le cut-scene, dal canto loro, sono costituite da disegni realizzati a mano e animati per raccontare alcuni dei passaggi chiave della trama ma risultano poco curati e insufficienti per infondere la giusta dose di emotività nel giocatore. Buona, invece, la colonna sonora parecchio ispirata che riesce ad enfatizzare bene le diverse situazioni che il giocatore si troverà ad affrontare.

In definitiva Gylt è un progetto dalle buona premesse che, purtroppo, non riesce a valorizzare le tematiche che ha deciso di affrontare. La trama e il setting sono indubbiamente molto interessanti ma manca la cura necessaria per rendere il tutto memorabile o, quanto meno, per dare al giocatore validi spunti di riflessione e il gioco finisce irrimediabilmente schiacciato dal peso delle proprie ambizioni.

Google Stadia non ha vissuto il lancio felice che ci si aspettava, anzi, ha dovuto fare i conti con un muro di scetticismo che, ancora oggi, fatica ad abbattere. Come dicevamo in apertura, dunque, c'era bisogno di titoli che facessero da traino, che potessero aprire una breccia in quel muro e raggiungere i cuori dei giocatori ma Gylt, sfortunatamente, non è un titolo adatto ad un'impresa del genere. Sia chiaro, non è un gioco privo di qualsiasi pregio, anzi, potrà regalare qualche ora di spensierato divertimento, ma non è nemmeno la killer app che ci si aspettava dalla prima vera esclusiva del servizio in streaming di Google.

Tequila Works ha dimostrato in passato di essere una fucina di ottime idee ma, probabilmente, i risicati tempi di sviluppo hanno inficiato la qualità generale di questo Gylt che, con un po' di rifinitura e approfondimento aggiuntivi, poteva essere di tutt'altra caratura.

6 / 10
Avatar di Riccardo Cantù
Riccardo Cantù: Nato nel 1993, Riccardo ha coltivato, negli anni, una passione smodata per tutto ciò che è entertainment. Videogiochi, cinema, fumetti, musica e letteratura sono il suo pane quotidiano e ama le lunghe discussioni riguardanti queste tematiche.

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