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Halo: Reach

Se funziona, non toccarlo!

Ci sono dei modi di dire, retaggio dell’antica saggezza popolare, che fanno capire che spesso la ricetta per il successo è la più semplice. Uno è quello che ho usato come sottotitolo a questo articolo, l’altro è il ben noto “cavallo vincente non si cambia”.

Ebbene, uno dei contesti nei quali questo modus operandi, ma a volte anche vivendi, trova la sua massima applicazione, è quello dei videogame. Il nostro settore è infatti da anni costellato da franchise perfettamente funzionanti, capaci di mietere consensi e successi a ogni loro uscita. Di uno di questi vi ho parlato settimana scorsa, e risponde al nome di FIFA. Per questo articolo cambiamo invece genere e settore, ma il concetto non cambia.

Halo: Reach, in vendita dal prossimo 14 settembre, sarà infatti l’ultimo capitolo di una serie che rappresenta il brand più importante per Microsoft, forte dei suoi 34 milioni di copie vendute finora. A questa cifra, di per sé sbalorditiva, vanno aggiunti gli oltre 2 miliardi di ore giocate complessivamente dagli appassionati in multiplayer su Xbox Live; un dato, questo, che trova conforto nel fatto che la beta di Reach è stata provata da 2,7 milioni di persone, il triplo di quando non fosse accaduto con Halo 3.

Questo veicolo ha un look più artigianale di quelli che conosciamo ma le funzionalità sono le medesime.

È quindi da queste premesse che ha preso spunto la presentazione tenutasi martedì scorso nella sede di Segrate di Microsoft, dove gli sviluppatori di Seattle sono venuti a presentarci la versione più aggiornata di un titolo al quale stanno lavorando da oltre tre anni.

Essendo Halo: Reach un prequel, la storia narrata si colloca antecedentemente al primo capitolo della serie, ovvero Combat Evolved. La trama racconterà di una squadra di soldati Spartan che combatteranno l’avanzata dei Covenant proprio sul pianeta denominato Reach e, inutile dirlo, noi vestiremo i panni di uno dei componenti del cosiddetto Team Noble.

Con questi antefatti, non stupisce che il gioco si apra con una carrellata che parte dal cielo per zoomare su un pianeta devastato della guerra, fino a quando l’inquadratura non si sposta su un elmetto di uno Spartan gravemente danneggiato. È facile intuire che chi l’indossasse sia passato a miglior vita, e spetterà a noi prenderne il posto.

Un soldato attacca senza accorgersi del nemico alle sue spalle: prevediamo una brutta fine...

Dopo una sequenza introduttiva tutto sommato veloce, che ci fa capire che dovremo andare a investigare la scomparsa di alcuni nostri commilitoni, ci troveremo subito col fucile in mano all’interno di paesaggi bucolici che ben mettono in risalto le peculiarità del motore grafico nuovo di pacca. I risultati sono apprezzabili, paradossalmente più per i fondali e la profondità di campo che non per gli oggetti in primo piano, nel cui caso i miglioramenti appaiono meno eclatanti ma pur sempre riconoscibili.

Nella nostra ricerca avremo modo di ammirare una convincente vegetazione e due animali simili a struzzi che ci corrono incontro scappando da una minaccia che possiamo solo intuire. A tal proposito gli sviluppatori hanno sottolineato come i loro sforzi siano stati rivolti anche verso la creazione di un ecosistema credibile, ma per verificare la bontà delle loro affermazioni non resterà che attendere il gioco finito.

Il trailer della campagna singleplayer di Halo: Reach