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Heavy Rain

Cielo a pecorelle, hype a catinelle.

Duemila pagine di script (ricordando i copioni da un centinaio di pagine dei film "qualsiasi"...). Mesi e mesi di altisonanti promesse e di rivoluzioni annunciate. Addio al concetto di game over, e benvenuto ad un grado di libertà senza precedenti nella storia videoludica. Più di una preview con la stampa senza di fatto mai mostrare il gioco. Etichette come "simulatore emozionale" orgogliosamente autoimposte.

Inutile insomma dire quanto Heavy Rain sia atteso ed in un certo senso già addirittura venerato. Una pesantissima esclusiva PS3 destinata, almeno nelle a dir poco ambiziose intenzioni del suo creatore David Cage, a cambiare per sempre il rapporto tra utente e videogame, ad evolvere il medium portandolo su binari più adulti e maturi.

A colpi di Quick Time Events.

Ora, non vorrei sembrare ipercritico, perennemente insoddisfatto e persino pure un po' stronzo, però da uno che ha avuto esplicitamente da ridire a proposito della narrazione di Uncharted (capolavoro capace fra le altre cose di far diventare umani come pochi e pulsanti di vita personaggi in sé piuttosto stereotipati e banali...) mi aspettavo qualcosa di diverso da un laser game anno 2009. Pensavo che la volontà di Cage di ibridare in maniera unica ed inedita gameplay e struttura narrativa si traducesse in qualcosa di più evoluto del Simon visto 4 anni fa in Fahreneit.

L'atmosfera è palpabile, anche se sull'ambientazione un po' stereotipata aleggia un che di già visto. Cage promette comunque sorprese, incrociamo le dita e stiamo a vedere...

Evidentemente mi sbagliavo. Che il coinvolgimento ultimo ed assoluto, l'empatia tanto ricercata dal guru di Quantic Dream si possa evidentemente ottenere soltanto con una sorta di film (poco) interattivo? Sarà, ma al momento non vi nascondo una certa perplessità. Lungi da me voler bocciare a prescindere un titolo ancora piuttosto lontano dalla release, sia ben chiaro: le potenzialità per strabiliare (non solo tecnicamente...) ci sono tutte e sarebbe sciocco ed insensato negarlo.

Facciamo dunque un passo indietro e soffermiamoci sugli scorci in game finalmente mostrati dallo studio francese. Nei panni di Norman Jayden, giovane e brillante profiler dell'FBI con qualche serio problemino di droga (il personaggio ha sviluppato un'ossessiva dipendenza da una sostanza chiama Triptocaina...) si parte all'interno di un deprimente sfasciacarrozze, con l'intenzione di fare una visitina ad un losco ceffo di nome Mad Jack. La location piuttosto insolita è caratterizzata da un'atmosfera pesante e vagamente sospesa nel tempo, un po' alla David Fincher: la pioggia batte forte sopra ogni cosa, e la regia tutt'altro che improvvisata aiuta a conferire pathos alla scena.