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Horizon Forbidden West è meraviglioso, ma...

L'avventura di Aloy su PS5 al banco di prova della cross-gen.

Sapete come si dice: "la bellezza delle cose esiste nella mente di chi le contempla". Guardando un antico acquedotto dell'epoca classica, un architetto sarà rapito dalle linee delle arcate, dall'implementazione della struttura nel territorio, o ancora da altre caratteristiche che brillano nella sua sfera di competenza e interesse. Mettete lo stesso acquedotto di fronte a un ingegnere, e questi probabilmente finirà per apprezzarne maggiormente la funzionalità pratica e la sicurezza.

Gira che ti rigira, nel settore dei videogiochi questa discrepanza d'interessi e attenzione tocca praticamente qualsiasi prodotto, e lo fa a qualsiasi livello. C'è chi dice che l'Undertale di Toby Fox è un capolavoro senza tempo, e chi invece non riesce a superare lo scoglio dell'obsolescenza grafica; c'è chi è disposto a chiudere un occhio su bachi e imperfezioni nelle animazioni di un'opera e chi invece ha costruito una carriera attorno all'analisi di questi elementi; c'è chi vive esclusivamente di esperienze in single player e chi veicola il proprio amore per il medium solo attraverso il multigiocatore.

La natura variopinta del videogioco rappresenta senza dubbio uno dei suoi più grandi punti di forza: opere come Death Stranding, Papers Please e What Remains of Edith Finch, saranno follemente amate da alcuni individui e detestate da altri, e la maggior parte delle volte non sarà possibile individuare una verità insindacabile. Ma cosa c'entra tutto questo con Horizon Forbidden West?

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Durante l'ultimo State of Play, Guerrilla Games ha orgogliosamente presentato Horizon Forbidden West attraverso un video di gameplay della durata di circa quindici minuti, puntando i riflettori su un comparto grafico e artistico che non ha nulla da invidiare agli ultimi capolavori degli studi Pixar.

Pur rimanendo, per il momento, un titolo cross-gen, l'anteprima del sequel di Horizon Zero Dawn ha finalmente alzato il sipario su un'ambientazione che si prospetta antologica. È la San Francisco del futuro post-apocalittico, coperta da macchie di vegetazione tropicale e dominata dalle rovine degli altissimi grattacieli, ormai divenute in tutto e per tutto simili ai maestosi faraglioni che costellano le isole della Thailandia.

La sezione mostrata ha ricoperto la medesima funzione dell'approccio alla casa della "strega" visto nell'ultimo God of War di Santa Monica Studios: un segmento di gioco abbagliante, coloratissimo, pensato per spettinare il giocatore mettendo la mano della direzione artistica al servizio della forza bruta della nuova console. Ciò è stato vero soprattutto nella navigazione subacquea, perché la possibilità di ammirare un simile fondale oceanico ha rappresentato un miraggio nel corso dell'intera ottava generazione, almeno fino all'esordio di The Last of Us Parte 2.

Ormai è evidente che Guerrilla Games possa far quel che vuole con il proprio motore grafico, sfruttando un gazillione di poligoni per caratterizzare le sue creature meccaniche per poi animarle attraverso un altrettanto convincente motore fisico. Insomma, la nuova avventura di Aloy è ammaliante e rappresenta a tutto tondo la massima espressione della filosofia cross-gen. Ma al più rappresenta un'idea della next-gen.

Horizon Forbidden West trova la sua anima nella straordinaria caratterizzazione artistica e nel miglioramento delle meccaniche del predecessore.

Ricordate quale videogioco emerse dall'enorme massa di progetti presentati nell'orbita della Summer Game Fest 2020 e fu elevato a "paladino" della nuova generazione?

Quando ancora il Returnal di Housemarque era un mistero, quando Halo: Infinite deluse gli appassionati, quando lo stesso Horizon era nient'altro che un trailer privo di gameplay, fu Ratchet & Clank a catalizzare l'attenzione degli appassionati mostrando stralci della sua natura innovativa, una natura che puntava con coraggio sul nuovo hardware per modernizzare l'azione prima dell'estetica.

Durante lo State of Play dedicato a Forbidden West abbiamo intravisto un combat system limato da nuove meccaniche pensate per premiare il corpo a corpo, e un nuovo sistema d'interazione contestuale; siamo stati testimoni di un netto miglioramento nella caratterizzazione degli avversari umani e nell'incisività del sistema di navigazione aerea.

Si tratta senza dubbio di interventi più che graditi e mirati a migliorare l'opera sotto tantissimi punti di vista, ma non è nulla di diverso da ciò che, per esempio, differenziava un Assassin's Creed qualsiasi dal capostipite della saga.

Lo scheletro dell'opera sembra rimasto invariato, limitandosi a migliorare meccaniche e qualità della vita.

Sulle pagine di Eurogamer non abbiamo mai nascosto il desiderio di assistere a una nona generazione di console che si discostasse una volta per tutte dall'inseguimento al fotorealismo e alle nuove frontiere della risoluzione per abbracciare, invece, nuove meccaniche strettamente legate all'esperienza di gioco, miglioramenti alle IA, stravolgimenti del pensiero creativo.

E quel "ma..." che avete letto nel titolo racchiude proprio questo pensiero: è vero che Forbidden West è un titolo cross-gen, è vero che sembra bellissimo da vedere, senza dubbio sarà molto più appagante da giocare e sfizioso da scoprire rispetto al capostipite, ma l'evoluzione creativa, secondo noi, non dovrebbe rimanere radicata nella tradizione.

Si può dire che Horizon abbia pagato lo scotto della sua natura statica fin dal momento della release originale del 2017, quando fin dall'istante dell'esordio si trovò ad essere accostato a The Legend of Zelda: Breath of the Wild. E la comparativa finì per mettere in evidenza la differenza fra un titolo che semplicemente voleva essere un competitor per gli open-world e un altro che mirava a rivoluzionare l'esperienza open-world.

La nostra prima sensazione, per quanto fresca e basata sugli stessi stralci di gameplay che chiunque ha potuto analizzare, è quella di trovarsi al cospetto di un Horizon Forbidden West che trova la sua anima nella straordinaria realizzazione tecnica del segmento artistico, secondo la più classica filosofia "bigger and better". Poi magari non sarà così, e scopriremo che l'avventura di Aloy nasconde quel che serve per stravolgere le nostre impressioni, ma per il momento l'istantanea nella nostra mente è quella di un prodotto più che mai ancorato alla tradizione.

Horizon Forbidden West è l'essenza della filosofia cross-gen: forse l'ambizione di Guerrilla Games meritava lo stesso coraggio riservato a Ratchet & Clank.

Il che non deve essere necessariamente considerato un difetto, dal momento che milioni di appassionati sono rimasti catturati dall'universo di Horizon, e ritenendolo uno fra i migliori titoli dell'ottava generazione non possono far altro che acclamarne l'evoluzione. Ma si tratta di un'evoluzione che, secondo il nostro punto di vista, tradisce l'essenza di un progetto radicato nella scorsa generazione e che viene semplicemente reso al massimo nella sua versione PS5.

D'altra parte, dove una persona si ferma ad ammirare il livello di dettaglio dei faraglioni e la resa minuziosa dei movimenti della protagonista, un'altra vede un meccanismo di arrampicata sotteso a script ormai vetusti, e questa è proprio la diversità fra gli sguardi che osservano l'evoluzione del medium che abbiamo menzionato in apertura dell'analisi.

È evidente che Horizon Forbidden West prometta una vera e propria festa per gli occhi, migliorando notevolmente lo scheletro del suo predecessore e aggiornando in tutto e per tutto la formula originale, senza imboccare deviazioni inaspettate.

Siamo certi che sarà un'esperienza imperdibile per chiunque sia entrato in risonanza con la prima epopea di Aloy, eppure la domanda rimane: Horizon Forbidden West sembra meraviglioso ma l'attuale filosofia creativa porterà "solo" l'aggiornamento di formule statiche?

In questo momento la risposta sembra risedere unicamente nelle mani di un Lombax coraggioso che ha scelto la strada più rischiosa.

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Horizon Forbbiden West

PS4, PS5, PC

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Lorenzo Mancosu

Editor-in-Chief

Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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