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Il boss di Sucker Punch racconta Ghost of Tsushima - intervista

Quattro chiacchiere con Bryan Fleming, fondatore dello studio.

Prima di sederci a chiacchierare con Bryan Fleming stavamo riflettendo sulla ciclicità del percorso che Sucker Punch si appresta ad ultimare. Dopo aver inaugurato la generazione, essendo stati fra i primi a testare l'hardware PS4 attraverso Infamous Second Son, i ragazzi dello studio avranno l'opportunità di calare definitivamente il sipario su quella che sarà senza dubbio ricordata come la seconda età dell'oro di Sony.

L'arduo compito spetta a Ghost of Tsushima, l'avventura che ci farà vestire i panni del samurai Jin Sakai, un viaggio sulle ali del vento che ci condurrà nel cuore di un'epoca scomparsa, omaggiando in tutto e per tutto le splendide atmosfere del maestro Kurosawa. Ma cosa dobbiamo aspettarci fra fiori di ciliegio e fendenti di katana? Quali ispirazioni si celano dietro il codice Bushido? E cosa ci attende, invece, oltre il confine della next-gen? In attesa della recensione, abbiamo posto queste e molte altre domande proprio a Bryan, la persona che oltre vent'anni fa trasformò in realtà le prime ambizioni di Sucker Punch.

Eurogamer: Prima Sly, un platform, poi Infamous, un light action, e ora Ghost of Tsushima, un action più impegnato. Sembra il percorso di Naughty Dog: state cercando di seguire le loro orme?

Bryan Fleming: Sapete, è vero che loro sono un po' come i nostri fratelli o cugini, ma credo che ognuno di noi abbia il proprio percorso. Ricordo il passaggio di testimone che ci fu fra Sly e Infamous: ritengo che la gente abbia percepito all'interno del nuovo lavoro l'eredità di quello precedente, e credo che lo stesso discorso valga anche per Ghost of Tsushima. Accontentare i fan, creare immersione, trasformare il controller in una finestra per oltrepassare lo schermo: queste sono le sfide che ci rendono orgogliosi di fare questo mestiere, pertanto il nostro obiettivo è stato sempre e solo quello di raffinare la nostra arte piuttosto che inseguire obiettivi astratti o paragonarci ad altri studi.

Eurogamer: Ci sono studi di sviluppo che cercano nuovi talenti e altri che investono sulle proprie fondamenta. Sucker Punch fa parte della seconda categoria: come mai questa scelta?

Bryan Fleming: Quando abbiamo finito con Infamous, dopo averci lavorato per 9 anni e dopo averlo pubblicato sia su PS3 che su PS4, stavamo cercando una nuova sfida creativa, e abbiamo trascorso un bel po' di tempo pensando cose del tipo: "forse dovremmo fare un MOBA, forse dovremmo fare qualcosa di completamente diverso". È un po' come se avessimo continuato riscoprire giorno dopo giorno tutti i motivi per cui amiamo i videogiochi. Per noi il processo creativo è come salire una lunga scalinata: ad ogni passo stai cercando di superare un altro gradino e migliorare ciascun elemento su cui hai lavorato. Questa salita per noi è la cosa più stimolante, ci spinge a voler realizzare ogni volta un prodotto migliore fino ad arrivare là dove vorremmo lavorare. Per noi ha sempre avuto senso provare a crescere come team, affinare la nostra arte, inseguire progetti più grandi e tentare di creare esperienze d'impatto per i giocatori.

Bryan Fleming, boss di Sucker Punch.

Eurogamer: È la prima volta che uno studio occidentale si cimenta con una tematica così vicina alla cultura orientale, in questo caso la guerra di Tsushima. È stata una sfida impegnativa?

Bryan Fleming: Penso che la sfida più emozionante sia coincisa con l'opportunità di crescere: quando trascorri 5 o 6 anni lavorando sullo stesso progetto non vuoi certo perdere l'opportunità di imparare qualcosa, giusto? Per noi la parte migliore del lavoro, e anche la sfida più grande, è stata proprio il tentativo di sfruttare questo progetto per imparare qualcosa di nuovo, lavorare con un sacco di persone, visitare luoghi che per noi erano alieni, per poi riversare tutta la conoscenza accumulata all'interno di un progetto che fosse immersivo e soddisfacente.

Eurogamer: Quindi il team è andato fisicamente in Giappone per lavorare sul campo?

Bryan Fleming: Il team e il creative director hanno fatto due viaggi sull'isola di Tsushima, il primo durante d'estate, proprio all'inizio del processo di sviluppo, e poi sono tornati sei mesi più tardi, in autunno. Il secondo viaggio è stato programmato perché coincidesse con la celebrazione annuale della battaglia che avviò la guerra di Tsushima, l'evento storico che ha visto fronteggiarsi sulla spiaggia samurai e soldati mongoli; ancora oggi c'è una festività locale per celebrare quell'evento, ed è stato un vero privilegio poter partecipare.

Eurogamer: Come mai avete scelto un palcoscenico storico come quello di Tsushima per raccontare personaggi di fantasia? C'è una ragione precisa per cui avete evitato figure realmente esistite?

Bryan Fleming: Sapevamo fin dall'inizio di voler realizzare una IP originale - con personaggi di fantasia - all'interno di un contesto storico ben definito, ed è una scelta che abbiamo fatto per diverse ragioni. Prima di tutto, alcuni documenti storici sono in conflitto l'uno con l'altro, e ancora oggi non è chiaro al 100% come si siano svolti gli avvenimenti, di qui la scelta di entrare nel mondo della fiction. Ma soprattutto eravamo consapevoli di non voler realizzare un documentario o un libro di storia, bensì un prodotto d'intrattenimento; volevamo puntare sull'idea di raccontare la storia di un personaggio originale all'interno di un reale contesto storico.

Eurogamer: Quali sono state le principali ispirazioni per il personaggio di Jin Sakai?

Bryan Fleming: Dal mio punto di vista, è come se Jin fosse il corpo che i giocatori si trovano ad abitare all'interno del mondo di Tsushima. Praticamente rappresenta una finestra su quell'epoca storica vista da una prospettiva moderna. A mio modo di vedere, le decisioni compiute da Jin rappresentano scelte molto ragionevoli per una persona a noi contemporanea, ma si contrappongono nettamente all'etica della sua era e al codice attraverso il quale è stato cresciuto. Jin, di conseguenza, rappresenta un vettore molto interessante per esplorare le differenze fra l'epoca della narrazione e il mondo moderno.

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Eurogamer: L'ispirazione di Kurosawa non è molto rappresentata al giorno d'oggi, anche se il cinema Western deve tutto quella dimensione. Come mai avete scelto questa corrente?

Bryan Fleming: Non so dirvi perché sia poco rappresentata, ma posso dirvi per certo come mai siamo andati a pescare da lì. E non siamo stati nemmeno gli unici, sapete: il cinema western ha appunto preso ispirazione da lui, così come George Lucas per Star Wars, e da entrambe le parti sono emerse incredibili opere d'arte e saggi di storytelling che hanno inevitabilmente avuto un forte impatto anche sulla nascita di Ghost of Tsushima.

Eurogamer: Osservando il grado di maturità estetica raggiunto da Ghost of Tsushima è difficile pensare che la next-gen possa migliorare ulteriormente il comparto grafico. Secondo te la resa grafica sarà ancora importante in futuro?

Bryan Fleming: Domande come questa rappresentano la parte più divertente del nostro lavoro, ovvero l'idea di trascorrere i prossimi anni nel tentativo di trovare una risposta. Direi che tutti quanti ci aspettiamo un miglioramento ulteriore del livello di verosimiglianza, e soprattutto il fatto che la cura estetica diventi una prassi comune, ma io sono molto più eccitato, ad esempio, in merito al DualSense e al feedback aptico. Come dicevo prima, il controller è la finestra con cui si entra nel mondo di gioco, e credo che miglioramenti di questo genere finiranno per essere molto più impattanti di quello che la gente si aspetta.

Eurogamer: Come mai avete scelto la formula open-world per Ghost of Tsushima?

Bryan Fleming: Credo che la formula open-world, e con essa la decisione di fare un mondo così grande e di regalare tantissima libertà ai giocatori, rifletta l'essenza della nostra visione creativa: quella di vestire i panni di un samurai che vaga per le campagne vivendo diverse avventure. Questo era il nostro obiettivo ancor prima di scegliere il setting dell'isola di Tsushima e il contesto dell'invasione mongola. Questa era la direzione che volevamo percorrere, quella di dare al giocatore la libertà di spostarsi da una città all'altra e di interagire con qualsiasi cosa, di conseguenza abbiamo pensato che la formula open world si sposasse perfettamente con il nostro immaginario, che fosse particolarmente sensata.

Eurogamer: Però si tratta di un open-world atipico, ricco di meccaniche che sembrano pensate per spingere i giocatori a non aprire mai la mappa. Da dove viene quest'ispirazione?

Bryan Fleming: Avete perfettamente ragione. Se pensate all'immagine che l'utente si trova di fronte osservando lo schermo, questa è solitamente costellata di elementi superficiali che fanno parte della UI, ma il gioco vero e proprio si trova più a fondo, "dentro lo schermo". Noi volevamo che i giocatori rimanessero costantemente immersi "dentro lo schermo", e così abbiamo iniziato a pensare diversi modi per rimuovere gli elementi superficiali e spingerli più in profondità. Questa scelta è parzialmente dovuta alla nostra passione per l'immersività dell'esperienza, ma è anche legata al minimalismo estetico e allo sfruttamento negativo dello spazio che storicamente riflettono la cultura giapponese, elementi che nel nostro caso permettono di capitalizzare sulla bellezza dell'ambientazione. Sono tutte ottime ragioni per tentare una strada innovativa e per ridurre al minimo il numero di elementi su schermo.

Il mondo aperto si ispira a Breath of the Wild e Shadow of the Colossus.

Eurogamer: Ci ha ricordato un po' Shadow of the Colossus: sai sempre dove devi andare senza aver bisogno della mappa.

Bryan Fleming: Shadow per noi è stata un'immensa fonte di ispirazione. La seconda che citerei è The Legend of Zelda: Breath of the Wild, che è uscito proprio mentre stavamo sviluppando Ghost of Tsushima. Nella fibra di quel particolare videogioco c'è la sensazione di poter andare dove vuoi, quella tipica delle esperienze open-ended; in ogni caso sono state entrambe grandi fonti d'ispirazione.

Eurogamer: D'altra parte, un sacco di persone pensano che Ghost of Tsushima sarà un Assassin's Creed nel Giappone feudale. Cosa vuoi rispondergli?

Bryan Fleming: Beh, che non è Assassin's Creed, ma Ghost! È un'esperienza diversa! Noi amiamo quel genere di giochi, non voglio trovarmi nella posizione di dover dire quello che sono o non sono; dal canto mio, credo che Ghost of Tsushima, come stile di videogioco e sul piano del gameplay, sia molto diverso da un capitolo della saga di Assassin's Creed. Non stiamo cercando di diventare nessuno, né The Witcher né tanto meno Skyrim, ma semplicemente di realizzare la miglior versione possibile di Ghost of Tsushima.

Eurogamer: Viviamo un periodo in cui molti giocatori desiderano l'innovazione ad ogni costo, ad ogni singola uscita. Cosa pensi di questa corrente di pensiero?

Bryan Fleming: Credo che l'innovazione abbia grande importanza nel nostro settore, anzi, in tutto il mondo dell'intrattenimento, e in quanto creatori è nostro dovere regalare al pubblico esperienze nuove. Ma quello dell'innovazione non dev'essere un concetto generalizzato: alcuni creatori innovano attraverso la narrativa, altri sfruttano il gameplay, altri ancora per mezzo dell'estetica. Tutti questi elementi hanno un ruolo ben specifico, e il nostro obiettivo è quello di prendere le parti essenziali del videogioco, come ad esempio la core-experience, l'HUD e il sistema di combattimento, per poi cercare un modo di renderli unici e differenziarli da tutto il resto; Ghost of Tsushima è un ottimo esempio in questo senso.

Eurogamer: Dato che hai menzionato il sistema di combattimento, ci chiedevamo se Ghost of Tsushima sarà un'esperienza hardcore in stile Sekiro o permetterà un approccio "casual".

Bryan Fleming: Abbiamo cercato di rendere Ghost of Tsushima un'esperienza accessibile, chi lo affronta nelle difficoltà più facili non troverà certo una sfida allineata al genere soulslike. Al tempo stesso, aumentando il livello di difficoltà, si andrà incontro a una sfida molto impegnativa per la maggior parte dei giocatori; il nostro obiettivo è fare in modo che sia accessibile per tutti, e abbiamo cercato di andare incontro alle esigenze dei singoli: non vogliamo spingere al limite il livello di difficoltà, ma non vogliamo neppure creare un gioco in stile "premi X per vincere". L'idea è quella di posizionarsi a metà strada e andare incontro tanto a chi volesse centrare il focus sulla storia quanto ai giocatori che guardassero con interesse al combattimento.

Il sistema di combattimento farà felici sia i giocatori hardcore sia quelli più rilassati.

Eurogamer: Abbiamo visto dei filtri spettacolari, non solo per la photo-mode. Pensi che alcuni giocatori affronteranno l'intera esperienza in modalità "film di samurai"'?

Bryan Fleming: Sono due funzionalità separate: in photo-mode ci sono filtri splendidi, effetti particellari, addirittura si può controllare il vento e il meteo; si tratta di strumenti che evidenziano un elemento a dir poco essenziale del gioco, ovvero la bellezza del mondo e dell'ambientazione di Tsushima. La seconda funzionalità è invece un omaggio ai lavori di Kurosawa, la "samurai cinema mode", che si può attivare per applicare un filtro che ricorda i vecchi film di samurai in bianco e nero. Ghost of Tsushima è giocabile al 100% in quel modo, dall'inizio alla fine, e credo che numerosi giocatori affronteranno così buona parte del titolo, o anche tutto quanto. A dire il vero, abbiamo saputo che alcuni recensori stanno vivendo l'intera esperienza in Kurosawa mode. Credo che gran parte dei giocatori sfrutteranno la feature, in ogni caso si può attivare e disattivare in qualsiasi momento senza conseguenze, non ci si troverà legati a una scelta iniziale.

Eurogamer: Pensi che Ghost of Tsushima si riveli una finestra sul Giappone feudale capace di trasformarsi in uno strumento di apprendimento per studiare le usanze di quel periodo?

Bryan Fleming: È una domanda interessante. Ghost of Tsushima è un lavoro di fantasia, quindi i personaggi principali come Jin Sakai non sono stati parte attiva degli avvenimenti noti, ma ci siamo consultati con diversi storici, nonché con esperti della cultura e della religione dell'epoca. È possibile che ci siano modi per avere accesso alla reale storia di Tsushima e dell'impero mongolo attraverso l'esperienza di Ghost, d'altra parte l'impero mongolo è stato uno dei più grandi di tutti i tempi, quindi il gioco contribuirà perlomeno a portare alla luce questo particolare momento della storia.

Jin Sakai è il riflesso dell'epoca contemporanea nel mezzo della guerra.

Eurogamer: I videogiochi nel Giappone feudale spesso toccano la mitologia, i Kami, gli Yokai. Possiamo dire che Ghost of Tsushima è invece un'esperienza interamente umana?

Bryan Fleming: Tantissimi creativi hanno lavorato all'interno di questa dimensione, quella dei samurai. Dal canto nostro, volevamo allontanarci dalla mitologia e da figure come quelle dei demoni, perché l'obiettivo della produzione era quello di raccontare una storia umana molto significativa, permettendo ai giocatori di creare una connessione che fosse appunto umana con il personaggio di Jin Sakai. Pensavamo che come storyteller saremmo stati più efficaci mantenendo i piedi per terra, il tasso di realismo alto, la lama affilata, ed è cosi che ci siamo mossi.

Eurogamer: PS4 ospita tantissimi giocatori giapponesi. Come pensi che sarà ricevuto Ghost of Tsushima in Giappone?

Bryan Fleming: Nessuno è più curioso di me. Sapete, abbiamo avuto una lunga e bellissima partnership con i ragazzi di Japan Studio, ci hanno anche seguiti durante i nostri viaggi a Tsushima, sono stati una parte importantissima di tutto progetto, quindi se dovessimo avere successo in Giappone gran parte del merito ricadrebbe su di loro. Ci hanno aiutato a realizzare qualcosa che funzionasse non solo agli occhi del pubblico occidentale, ma anche per quello orientale.

Eurogamer: Avete aperto e chiuso la generazione, prima con Infamous, ora con Ghost of Tsushima. È meglio poter spingere al massimo una console arrivata al tramonto o approcciare tutte le novità di una next-gen?

Bryan Fleming: È vero, Infamous Second Son è uscito all'inizio della generazione, e ora Tsushima la chiuderà. Abbiamo vissuto entrambe le esperienze, ed entrambe sono posizioni in cui vale la pena di trovarsi quando si è sviluppatori di videogiochi. Pubblicare Infamous cosi presto nel ciclo vitale della console è stato molto emozionante, perché siamo divenuti parte dello sviluppo dell'hardware iniziale PS4, lavorando con il team e spingendo su tutte le novità. Ora invece abbiamo dalla nostra parte un team maturo e tantissima esperienza con la console, e come risultato possiamo spingerci oltre quei limiti che all'inizio pensavamo fossero addirittura irraggiungibili. Non saprei dire quale sia la condizione migliore, però è bello essere il team che ha inaugurato la generazione e avere persino il privilegio di poterla concludere.

Eurogamer: Ci hanno chiesto di farti una domanda finale, ma sappiamo già che non risponderai...

Bryan Fleming: Ahah, chi ve l'ha chiesto?

Eurogamer: I fan di Infamous... quale sarà il futuro di Sucker Punch?

Bryan Fleming: Credo che il nostro futuro sia tutt'altro che scritto. Quella che si avvicina, per noi, sarà la settimana più importante del decennio. È la settimana in cui esordirà il lavoro sul quale abbiamo concentrato tutte le nostre energie negli ultimi sei anni. Siamo molto grati di avere l'opportunità di lanciare Ghost of Tsushima, e credo che in seguito aspetteremo due o tre mesi, vedremo come andranno le cose, dopodiché prenderemo una decisione riguardo il futuro.

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Lorenzo Mancosu

Editor-in-Chief

Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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