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Il caso Rockstar Spouse e il lento cambiamento della cultura - articolo

Rockstar e molte altre aziende del settore soffrono di gravi problemi legati al crunch. Qualcosa, però, è destinato a cambiare?

Sono passati 10 anni dalla pubblicazione di Rockstar Spouse, la famigerata lettera aperta scritta dalle "Determinate e Devote Mogli degli Impiegati di Rockstar San Diego" che ha smascherato l'eccessiva cultura del crunch della celebre azienda statunitense. La lettera è stata divulgata nel periodo più convulso dello sviluppo Red Dead Redemption, titolo che aveva richiesto quasi dodici mesi di lavoro intenso da parte di tutti di tutti i dipendenti ed ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora.

In passato, abbiamo già parlato del caso Rockstar Spouse e dello sviluppo impegnativo di Red Dead Redemption ma, questa volta, vogliamo concentrarci sulla reazione della compagnia a quella lettera di ormai 10 anni fa.

Nell'immagine: la vita sociale dei dipendenti di Rockstar San Diego durante il periodo di crunch di Red Dead Redemption

La risposta di Rockstar è arrivata solo dopo due settimane e non sotto forma di comunicato ufficiale, bensì con un rapido accenno durante una sessione di Domande e Risposte dedicata al gioco sul loro sito. La replica dell'azienda, inoltre, sembrava non tenere in considerazione la provenienza di tale controversia, come se non venisse direttamente dalle famiglie degli interessati ma piuttosto da una generica discussione su Internet.

"Siamo costernati di sapere che alcuni membri dello studio non hanno trovato piacevole il loro tempo qui e speriamo, per il futuro, che possano trovare un posto di lavoro adatto alle loro esigenze. La maggior parte dei nostri dipendenti, tuttavia, sono concentrati esclusivamente sull'offrire ai fan le migliori esperienze possibili", ha affermato Rockstar.

Dal nostro punto di vista, ciò si traduce in: "vogliamo creare grandi giochi e siamo disposti ad affrontare il crunch. Se non siete pronti a sostenere qualcosa del genere, siete liberi di cambiare aria". Non ci sono state delle scuse, nessuno ha riconosciuto la presenza di un problema né, tanto meno, qualcuno ha pensato che le cose dovessero cambiare. Chiaramente, l'amministrazione di Rockstar non aveva intenzione di prendere provvedimenti per mitigare i periodi di crunch.

"Nonostante sia assolutamente orgoglioso di ciò che siamo riusciti a fare nel nostro studio, mi sento responsabile e colpevole di aver chiesto ai dipendenti di lavorare per un numero eccessivo di ore. Non sono riuscito a migliorare la vita del mio team."

Mark Lloyd, ex-dirigente di Rockstar Lincoln

Nel 2018, anno di rilascio di Red Dead Redemption 2, abbiamo chiesto al CEO di Take-Two, Strauss Zelnick, quali precauzioni avessero preso per evitare di ripetere il caso Rockstar Spouse e, dalle sue risposte, è emerso che l'atteggiamento dell'amministrazione dell'azienda non è poi cambiato molto negli otto anni successivi a quella famigerata lettera.

"Siamo una compagnia che lavora sodo", ha detto Zelnick. "È un privilegio lavorare in Rockstar e credo, in tutta onestà, che le nostre politiche aziendali siano eque ed accettabili. Sicuramente ci sono periodi di lavoro più intensi ma so che i nostri dipendenti sono ansiosi di parteciparvi e io faccio il possibile per sostenerli al meglio."

Al netto dell'infelice (o troppo onesta) scelta della parola 'ansiosi' da parte di Zelnick, va detto che i dipendenti di Rockstar sono sempre stati abituati ai periodi di crunch: si tratta di una parte integrante della cultura di quella compagnia, come ci aveva raccontato l'ex-dirigente di Rockstar Lincoln, Mark Lloyd.

Quello di Lincoln è il principale studio di Rockstar dedicato ai test relativi alla qualità dei prodotti ed è tristemente famoso per le pesanti storie di crunch che lo vedono protagonista. Lloyd è riuscito a risalire all'origine della cattiva abitudine di lavorare per un numero eccessivo di ore. Tutto è cominciato poco dopo l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, quando Rockstar New York (comprensibilmente scossa dagli eventi di quel periodo) ha avuto bisogno di un supporto extra per finire i lavori su GTA III. Quest'ultimo è stato il primo di molti blockbuster a rivelarsi un successo planetario per Rockstar e, di conseguenza, Lincoln ha dovuto sostenere periodi di crunch sempre peggiori ad ogni nuovo gioco. Già dopo il lancio di GTA: San Andreas, Lloyd si è accorto che c'era qualcosa di profondamente sbagliato nel modo di gestire il lavoro della compagnia ma Red Dead Redemption ha rappresentato la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso: quei ritmi erano divenuti insostenibili.

"Ho lasciato Rockstar Lincoln poco dopo la chiusura dei lavori su Red Dead Redemption, nel 2011", ci ha scritto Lloyd. "Non potevo e non volevo sopportare oltre. Per oltre tre mesi sono rimasto a casa a rimuginare sul mio periodo in Rockstar e mi è sembrato quasi di essere a lutto. Mi sentivo in colpa per me stesso? Forse... eppure ho speso gli ultimi 12 anni in un team che amo, che considero parte della mia famiglia, più che semplici amici. Nonostante sia assolutamente orgoglioso di ciò che siamo riusciti a fare nel nostro studio, mi sento responsabile e colpevole di aver chiesto ai dipendenti di lavorare per un numero eccessivo di ore. Non sono riuscito a migliorare la vita del mio team."

Lloyd continua ripetendo di sentirsi in colpa per il suo tempo passato in Rockstar Lincoln e che ormai non frequenta più le persone con cui aveva stretto quel legame così importante. Ora lavora come consulente e ha scritto un libro circa le politiche da adottare per eliminare il crunch e migliorare le condizioni di lavoro degli sviluppatori di software.

È proprio questo elemento che va cambiato nella cultura del lavoro legato ai videogiochi. Serve che più di una persona faccia sentire la propria voce, anche se si tratta del capo di uno studio. Dopotutto, il capo di uno studio stufo di queste politiche potrebbe avere più influenza di un qualsiasi dipendente controllo qualità ed è anche più probabile che abbia i mezzi per iniziare a sradicare i principi negativi che da troppo tempo dominano questa industria. Siamo in una vera e propria lotta per cambiare una cultura che dura da anni.

Bisogna accettare che c'è un problema nel vecchio modo di gestire il lavoro e serve uno sforzo collettivo per modificare i percorsi tradizionali relativi allo sviluppo, nonostante si siano più volte rivelati fruttuosi. Dopo il caso Spouse, Rockstar e Take-Two non si sono dimostrate particolarmente inclini ad accettare questa verità, men che meno ad agire per cambiarla.

Proprio come i personaggi di Red Dead Redemption, molti studi stanno provando a cambiare le proprie politiche aziendali mentre l'industria intorno a loro sta passando da essere una frontiera senza legge ad un ambiente (marginalmente) più civilizzato.

Recentemente, per lo meno, ci sono stati piccoli segnali di cambiamento. Poco prima del lancio di Red Dead Redemption 2, ad esempio, Kotaku ha pubblicato un report basato sui racconti di decine di impiegati attuali e passati di Rockstar da cui emerge che l'attuale direttrice del publishing, Jennifer Kolbe, sia pienamente consapevole del fatto che la cultura del crunch non sia più sostenibile. Kolbe, inoltre, sembra intenzionata a fare tutto ciò che è in proprio potere per cambiare le pratiche scorrette dell'azienda in modo da garantire agli impiegati uno stile di vita più sano. Per quanto possa sembrare poco, è comunque molto più di quanto la compagnia abbia fatto nell'ultimo decennio. Lo scorso anno, inoltre, Rockstar Lincoln ha assunto molti dei QA tester come impiegati a tempo pieno.

Dunque, come si fa a cambiare una cultura così radicata? Come fa uno studio con un problema relativo al crunch a cambiare marcia? Generalmente, gran parte delle decisioni dipendono dalla classe dirigente: dopotutto, tocca a loro scegliere la tabella di marcia e fare sì che tutti seguano un certo ritmo. Quando si tratta di cambiare una cultura così presente e rodata, spesso non dipende solo da loro. Anche quando chi è in posizione di leadership cambia idea (come ha fatto Lloyd dopo 12 anni di lavoro in Rockstar Lincoln), cosa possono fare per migliorare? Hanno l'autonomia necessaria per imporre dei cambiamenti e per riplasmare le politiche aziendali pre-esistenti?

Questa cultura può e deve essere cambiata ma molto spesso tale rivoluzione proviene dal basso, proprio come ha riferito Kolbe a Kotaku. "La generazione sta cambiando: quella dopo la mia ha idee completamente differenti dalle nostre in merito al rapporto lavoro/vita sociale e presto porteranno la propria visione all'interno della compagnia. Credo sia qualcosa di positivo. Molti di loro penseranno semplicemente che siamo pazzi ma penso che ci abbiano insegnato molto sul modo di gestire il lavoro."

Qualunque cambiamento culturale verrà fatto, sotto questo punto di vista, proverrà dalla ferma volontà degli sviluppatori di cambiare lo status quo che, evidentemente, risulta ormai inaccettabile. C'è chi spinge internamente per il cambiamento, chi sostiene apertamente una modifica per l'industria in senso lato, chi si rifiuta di collaborare con datori di lavoro abusivi, chi sostiene il sindacalismo e chi parla in pubblico per far sapere a tutti quanto è diventata grave la situazione. Insomma, sembra che gli sviluppatori del settore stiano trovando una voce che non hanno mai avuto in passato.

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Brendan Sinclair

Managing Editor

Brendan joined GamesIndustry International in 2012. Based in Toronto, Ontario, he was previously senior news editor at CBS-owned GameSpot in the US.
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