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Immortals: Fenyx Rising - prova

Attenzione: può provocare divertimento spensierato!

Lo straordinario successo commerciale che ha accompagnato il lancio di Genshin Impact ha riaperto una vecchia ferita che ciclicamente torna a inasprire le discussioni tra videogiocatori. Accanto alle decine di milioni di persone che si stanno godendo un nuovo mondo aperto tutto da scoprire, ci sono infatti i puristi di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, uno zoccolo duro di appassionati decisi a rivendicare e proteggere l'identità artistica dell'avventura nel regno di Hyrule.

La questione è molto semplice: fino a che punto è possibile pescare ispirazioni da un capolavoro generazionale senza intaccare l'identità di una nuova opera? Beh, dopo aver trascorso oltre quattro ore all'ombra del Monte Olimpo, possiamo affermare con certezza che Immortals: Fenyx Rising ha le carte in regola per rappresentare una delle risposte più interessanti a questa eterna domanda.

Avendo lasciato ben più d'un semplice pezzo di cuore in mezzo al pastoso e colorato universo che ha illuminato Breath of the Wild, era inevitabile avvicinare l'ultimo progetto di Ubisoft Quebec tradendo un pizzico di diffidenza, convinti che il videogioco di Fujibayashi si sarebbe dimostrato un golem troppo pericoloso da affrontare a viso aperto. Ed è stato proprio allora che ci siamo sbagliati perché Fenyx non è in cerca di un confronto, e il suo obiettivo non è quello di salutare Link da pari a pari.

Immaginate di prendere un calderone e infilarci dentro qualche manciata dell'umorismo stile "Le Follie dell'Imperatore" di Allers, mescolandolo con il mondo della mitologia greca ed esasperando la caratterizzazione delle divinità. Ora aggiungete una consistente spolverata di Breath of the Wild, costellando lo scenario di enigmi ficcanti per poi insaporirlo con un sistema di combattimento che profuma di action puro, fra combinazioni aeree e schivate perfette. Qualche pennellata di colori accesi, un pizzico di personalizzazione, et voilà, il gioco è fatto.

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Immortals: Fenyx Rising non è un titolo che nasce con l'ambizione rivoluzionaria di stravolgere l'approccio alle formule open-world, o di risultare un unicum riconoscibile nel mercato contemporaneo. Vuole semplicemente presentarsi come un videogioco frizzante e spassoso, come un'avventura all'insegna dell'esplorazione in cui il seme della noia non riesca a trovare terreno fertile, al fine di regalare ai giocatori ore di intrattenimento spensierato.

L'odissea di Fenyx ha inizio sulle coste dell'Isola d'Oro, lo sventurato regno celeste ormai corrotto dalle forze di Tifone, un titano capace di mettere in ginocchio le divinità dell'Olimpo e soggiogare i grandi eroi del passato. Gli ultimi rimasti sono il caro vecchio Zeus, privato del suo potere, e suo cugino Prometeo, vecchi nemici impegnati in una costante discussione riguardo il destino del mondo, due personaggi che si trasformano negli inconsapevoli narratori dell'avventura.

Questo elemento, che potrebbe sembrare una sciocchezza, è invece fondamentale nel bilancio dell'esperienza: se già The Stanley Parable aveva dimostrato l'enorme peso del narratore esterno, le storie di Mimìr sulle sponde di God of War sono riuscite a tenerci compagnia anche durante le traversate più noiose. Ecco che i bisticci fra Zeus e Prometeo diventano un costante e divertentissimo sottofondo alle imprese di Fenyx, ironizzando sulle grandi storie del passato e spezzando la monotonia di ogni cavalcata.

Ma più in generale, la scrittura di Immortals: Fenyx Rising si è presentata come una delle più originali fra quelle emerse dal portfolio di Ubisoft. Certo, non si tratta di nulla di trascendentale, ma nella sua immediatezza è riuscita nell'intento di strapparci più di una risata, cosa che si è fatta tristemente molto rara nell'ultima decade videoludica. In alcuni momenti, poi, sembra voler omaggiare lo stile di Shadows of the Damned di Suda51, prendendo in giro non solo la mitologia greca ma anche e soprattutto il mondo dei videogiochi, i suoi stessi sistemi di potenziamento, in alcuni casi anche gli enigmi.

Zeus e Prometeo sono i narratori dell'avventura di Fenyx, e aggiungono enorme valore alla sceneggiatura.

Insomma, dietro il velo "disneyano" abbiamo scoperto un videogioco brillante, a tratti anche tagliente, che conosce molto bene la sua dimensione e non ha alcuna intenzione di oltrepassarne i confini. Fenyx, l'ultima speranza di salvezza per l'intero pantheon, naufraga sull'Isola d'Oro, e per salvare il fratello tramutato in pietra si lancia in un viaggio fatto di battaglie con creature leggendarie, reliquie divine e poteri sovrumani.

Scopo dell'avventura è liberare gli dei imprigionati da Tifone ai quattro angoli dell'immensa mappa aperta (vi ricorda qualcosa?), conquistando tutti i poteri e gli equipaggiamenti delle divinità greche cadute in battaglia (anche questo, vi ricorda qualcosa?), e trasformando infine quella che nel nostro caso era una giovane e timorosa umana in una macchina da guerra capace di affrontare a testa alta la versione corrotta del pelide Achille e altri temibili avversari.

A fare la differenza è il tono irriverente e scanzonato che traspare fin dal primo incontro con Ermes, il messaggero celeste, il protettore dei ladri e soprattutto la nostra guida ai piedi dell'Olimpo; un cleptomane che accompagna Fenyx nell'andirivieni fra la Sala degli Dei, ovvero l'hub situato al centro dell'isola, e i sette domini celesti a tema che si stagliano come sfondo a tonnellate di punti di interesse e missioni secondarie. Nel nostro caso ci siamo limitati all'esplorazione delle Rocce Cadute e della verdissima vallata della dea Afrodite, fra giardini variopinti e ville baciate dal sole.

Ed è qui che l'ispirazione tratta dal regno di Hyrule si fa sentire più forte che mai: il sistema della stamina, le arrampicate, la possibilità di planare sfruttando le ali di Icaro e di interagire con ciascun elemento della scenografia, disegnano un immenso mondo verticale dai colori sgargianti, una terra magica punteggiata di enigmi, segreti e creature ostili; insomma, di gran parte degli ingredienti che hanno efficacemente insaporito l'ultima epopea di Link.

Alcuni scorci dell'Isola d'Oro sono veramente fantastici.

Le immense statue in pietra e i maestosi alberi in fiore sono un pretesto per attrarre e guidare il giocatore attraverso un labirinto di piccoli e grandi puzzle ambientali, sfruttando il seme della curiosità per spingere Fenyx a svolazzare costantemente tra una meraviglia e l'altra. Nella mole di insegnamenti e ispirazioni che costituiscono lo scheletro dell'opera, la costruzione del mondo di gioco occupa il posto più vicino al cuore, e si traduce in una formula di esplorazione che lascia poco spazio ai tempi morti.

Il filo delle similitudini si interrompe sul fronte del sistema di combattimento, elemento che lungo il cammino di Fenyx si ritaglia un ruolo da protagonista assoluto. Si attacca con i pulsanti dorsali, nello stile tipico dei soulslike, ma a far da padrone è una meccanica di combinazioni assimilabile alle più tradizionali esperienze action, fra mosse che scagliano l'avversario per aria, gradevoli combo aeree e addirittura una schivata perfetta che richiama il celebre Witch Time incontrato nella serie Bayonetta.

L'approccio alla battaglia assume tonalità da arcade, spingendo a intrecciare l'uso dell'arco di Odisseo con le costanti interazioni ambientali, integrando anche il consumo di pozioni che non si limitano alla semplice cura, ma che influenzano l'output di danno e le resistenze. Il risultato dell'equazione a base di spada e ascia bipenne è più che soddisfacente, e nel nostro caso ha trovato l'unico vero limite nella scarsa varietà di nemici presenti nella valle di Afrodite.

Ovviamente, una struttura simile non può funzionare se non è sorretta da solide fondamenta, e nel caso di Immortals: Fenyx Rising il sistema di progressione rappresenta il cardine dell'intero comparto gameplay. Bisogna distillare ambrosia per aumentare la salute, recuperare le folgori di Zeus per incrementare la resistenza, spendere monete di Caronte per ampliare il ventaglio di abilità e forgiare l'acciaio adamantino di Efesto per potenziare le armi.

Nel sistema di combattimento bisogna intrecciare combo, attacchi a distanza, schivate e soprattutto interazioni ambientali.

È questo il motore nascosto dietro l'Isola d'Oro: ogni struttura apparentemente insignificante potrebbe celare una sfida di parkour, un boss opzionale, un semplice branco di minotauri posti a protezione di un antico tesoro, ma il risultato degli sforzi di Fenyx non si risolve in una mera crescita incrementale. Se a ciascuna impresa corrisponde una ricompensa, gli equipaggiamenti aprono a uno stratificato meccanismo di character-building dalle tinte GDR, fatto di statistiche e abilità da cucire su misura attorno al proprio stile di gioco.

La ventata di fresca soddisfazione che ci ha accarezzato completando enigmi e attività nei panni di Link torna quindi in Fenyx Rising, e seppur decisamente meno raffinata acquista un valore personale grazie al suddetto sistema di progressione. Ciò emerge soprattutto dalle Cripte del Tartaro, in tutto e per tutto assimilabili agli ormai famosi sacrari, segmenti sotterranei interamente composti da puzzle molto brillanti e ben confezionati, che in questo caso premiano il protagonista con oggetti divini e folgori di Zeus.

A fronte della cascata di inevitabili similitudini, Fenyx Rising non ha intenzione di affiancare il maestoso romanzo di pagine bianche realizzato da Breath of the Wild. Non tenta di trasportare l'esperienza fuori dallo schermo fino a coinvolgere l'ingegno e il pensiero creativo. Si limita a rinfrescare la formula open-world mantenendola saldamente fra i confini del videogioco tradizionale, guardando con ammirazione verso quello che rimarrà un capolavoro irraggiungibile e spingendo invece su meccaniche concrete.

Le cripte del tartaro ricordano in tutto e per tutto i sacrari di Zelda.

Da questo punto di vista Immortals: Fenyx Rising è un gioco diretto, senza fronzoli. È una colorata esplosione di freschezza ben consapevole di aver sacrificato grosse fette di originalità e innovazione in favore di una formula vincente. È un titolo che è andato all-in puntando su una serie di soluzioni chimicamente infallibili, e proprio per questo motivo è emerso dalla nostra prova come uno dei progetti più sorprendenti di casa Ubisoft.

Nel corso di queste cinque ore trascorse in compagnia di Fenyx abbiamo riso, abbiamo lottato, abbiamo soprattutto faticato a staccarci dal pad. E nell'era dei giudizi assoluti, quella di presentarsi come un semplice e tradizionale videogioco in cui si trascorre il tempo con piacere, è una caratteristica oltremodo sottovalutata.