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Kaze and the Wild Masks - recensione

A cosa serve un capolavoro quando hai il gioco di cui c'era disperatamente bisogno?

Sonic Jam, SEGA Saturn, 1998. Prima occhiata al trailer che mostrava questa sorta di coniglio saltellante tra verdure malvagie e paesaggi verdeggianti con una splendida pixel art e il primo pensiero di chi vi scrive è andato là, all'inizio di un'intera passione. Una console che sarebbe stata un flop praticamente su tutta la linea e una collection di grandi giochi ma con nulla di straordinario di per sé che attraverso gli occhi giusti erano...tutto, semplicemente pura magia e meraviglia. Parlare di effetto nostalgia è fin troppo abusato come lo è sfruttarlo per far breccia con idee e prodotti che in molti casi alla fine della fiera sono al massimo mediocri.

Per quanto affascinati dai ricordi, questa voglia di old school non ci convinceva del tutto ma una cosa bisogna concederla al lavoro di PixelHive: fin dal primo contatto l'amore per un certo modo di confezionare platform sprizzava da tutti i pixel. Ed è così che Kaze and the Wild Masks sembrava di colpo diverso, non solo un abuso del fattore nostalgia e poco altro.

"Quando le Crystal Islands vengono maledette, Kaze deve salvare il suo amico Hogo e affrontare delle malvagie verdure corrotte. Trova le Wild Masks, scatena i poteri dei leggendari guardiani e padroneggia terra, cielo e aria". Questa la trama ufficiale di un progetto che ci ha accolto con una breve presentazione che si dimostra ben presto una semplice scusa per spingerci ad esplorare in lungo e in largo quattro mondi e i livelli presenti al loro interno. L'aspetto narrativo è a dir poco un orpello ma questo è un platform puro e una scelta del genere è più che comprensibile.

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D'altronde non tutti i videogiochi devono raccontare una storia da premio Oscar e qui siamo decisamente lontani dal filone platform dei Limbo e degli Inside. C'è una maledizione da sconfiggere, un mondo di gioco corrotto e mostruosità assortite che rendono impossibile la vita di un gruppo di teneri animaletti antropomorfi assortiti? Come scusa per tuffarci in più di 30 livelli basta e avanza, anche perché il lavoro svolto a livello di gameplay magari non sa lasciare a bocca aperta e non propone nulla di troppo rivoluzionario ma fa dannatamente bene il proprio lavoro.

Kaze and the Wild Masks si pone l'obiettivo di trasmettere il feeling di un'esperienza old school e in parole poverissime fa centro su tutta la linea. Lo si potrebbe criticare perché privo di voli pindarici, di autentica e pura originalità e perché non prova a osare più di tanto per regalare novità importanti alla formula platform da cui prende spunto. Ma per molti versi stiamo cercando il pelo nell'uovo in un'opera che magari non fa strappare i capelli ma che bisogna ammetterlo, non sbaglia praticamente nulla.

Di base le abilità di Kaze sono decisamente tipiche dei platform 2D classici: un salto, una sorta di elicottero per planare grazie alle lunghe orecchie da coniglio e una "trottola" capace di danneggiare gran parte dei nemici simile a quella dell'adorato, e purtroppo sparito nel nulla, Rayman. Questa unione di meccaniche è palesemente molto basilare ma fa più che degnamente il proprio lavoro grazie a un level design ben studiato e ricco di ostacoli inseriti nel giusto contesto. Spuntoni, ghiaccio insidiosissimo, palle di fuoco, tanti nemici più o meno pericolosi e una perfetta gestione di molle, liane, passerelle semoventi e particolari balestre fanno il resto. Si muore sicuramente parecchio ma fortunatamente il checkpoint a circa metà livello dà una grande mano.

Non che ci aspettassimo un capolavoro narrativo ma la storia di Kaze è, a voler essere buoni, un orpello dimenticabile.

Al di là della nostalgia iniziale bisogna ammetterlo, Sonic è un lontano miraggio e non è un discorso di qualità quanto di ritmi. Kaze and the Wild Masks è decisamente più compassato e meno frenetico anche nei momenti in cui il level design e le maschere lo richiedono. Maschere? L'anomalia più importante, quella di cui c'era tanto bisogno per modificare i ritmi e combattere una piattezza di fondo contro cui la qualità, per quanto ottima, rischiava di non bastare.

Aquila, squalo, tigre e lucertola sono al centro di interi livelli o solo di alcune porzioni modificando notevolmente le abilità di attacco e movimento del nostro protagonista. Il level design sposa così queste rinnovate abilità modificando e arricchendo non poco i livelli e l'esperienza di gioco. Si spezza il rischio monotonia variando la formula in vista anche di tutti gli elementi bonus che aumentano un livello di sfida generalmente mai troppo hardcore nemmeno nella modalità originale, quella old school e teoricamente più ostica. Anche le boss fight che concludono ogni mondo, ad eccezione dell'ultimissima decisamente più dura, complicata e appagante, non verranno di certo ricordate per un livello di difficoltà eccessivo e la deriva masocore di alcuni platform più recenti è molto lontana.

Abbiamo completato il 100% del gioco in circa 8-9 ore (senza contare anche la possibilità di cimentarci nelle prove di velocità) e per farlo abbiamo ottenuto in ogni livello tutti i cristalli possibili, generalmente 3. Il primo, quello giallo, ci richiede di collezionare le lettere KAZE in una meccanica cara agli splendidi Donkey Kong. Quello viola è invece legato al raccoglimento di almeno 100 schegge viola sparse per i livelli in maniera non troppo lontana dagli anelli di Sonic mentre quello verde deriva da due bonus stage nascosti in ogni livello.

Ogni mondo termina con una boss fight da più fasi. Classico lo abbiamo già detto?

Questi bonus stage sono una ulteriore chicca molto classica e piacevole che ci ha spinto a osservare con estrema attenzione ogni accenno al portale che ci permette di raggiungerli. Anche perché raccogliendo tutti i cristalli verdi di un mondo si può accedere a un ulteriore livello caratterizzato da elementi unici e di rottura. Un esempio? Un livello in cui ogni superficie è invisibile e valutabile solo grazie agli oggetti appoggiati o al movimento dei nemici. Questi quattro scenari sono un plus che vale decisamente la pena esplorare e che spinge con decisione verso un completismo mai stucchevole e capace di motivare anche chi solitamente snobba la corsa al 100%.

Kaze and the Wild Masks è un concentrato old school estremamente piacevole che fa egregiamente il proprio lavoro. Manca il guizzo del capolavoro assoluto, quel qualcosa in più che arricchisca una formula di gioco riuscitissima ma tanto piacevolmente quanto eccessivamente standard. È però un gioco che secondo noi ci voleva, un platform come per molti versi non se ne fanno più. Qui il semplice saltare col tempismo perfetto regala soddisfazioni incredibili e un divertimento "vecchio" ma quasi impossibile da non apprezzare.

8 / 10