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Kermesse videoludiche, servono ancora? - articolo

Perché, nel 2013, se ne potrebbe fare a meno.

Tra qualche settimana si alzerà per l'ennesima volta il sipario sull'E3, il carrozzone massmediatico-videoludico, diventato nel corso degli anni "l'evento irrinunciabile" per ogni software house degna di questo nome e per ogni appassionato di videogiochi. Ma eventi di questo genere hanno ancora senso, dato il panorama attuale? Forse no.

La notizia dell'assenza contemporanea di Nintendo, Valve e Rockstar dal palcoscenico dell'E3 non ha suscitato reazioni particolari, forse perché un po' tutti si stanno rendendo conto che le kermesse videoludiche non sono più importanti come una volta.

L'atteggiamento dei fans nei confronti degli eventi di questo tipo è circolare e prevedibile: si comincia mesi prima con speculazioni, notizie false o inventate di sana pianta, rumor e voci incontrollate; poi ci si collega ad uno dei tanti siti che offrono la diretta dell'evento, si attende almeno mezz'ora che questo inizi ascoltando la (di solito) pessima musica di sottofondo, si assiste più o meno attoniti a due ore di nulla cosmico, contrappuntate da cantanti inutili, game designer che non sanno parlare in pubblico, CEO palesemente imbarazzati che mostrano grafici a manetta ed il tutto finisce con un flood di post su forum, Twitter e social network.

Diciamolo: da anni l'unica ragione per seguire codeste manifestazioni sono i thread con le gif animate di NeoGaf, tutto il resto è noia, come canterebbe il compianto Califfo.

"Internet ha ammazzato la carta stampata ma rischia di mietere vittime anche tra gli eventi ludici"

Il trio. No, non Aldo, Giovanni e Giacomo...

Internet ha ammazzato la carta stampata ma rischia di mietere vittime anche tra gli eventi ludici. Certo, le grandi manifestazioni sono (e sempre saranno) il miglior modo di potersi confrontare con la comunità, in un clima gioviale, festoso e rilassato, lontano anni luce da quello, sempre più arroventato, che sta diventando l'internet contemporaneo. Detto questo, non sfugge nemmeno al più distratto degli osservatori che la formula classica ha, come dire, fatto il suo tempo. A ben vedere però, i principali responsabili di questo declino sono proprio gli esponenti del mondo videoludico.

Flashback: quando c'erano "solo" le riviste, gli eventi di questo tipo erano attesi messianicamente ed infatti le testate specializzate su un singolo evento ci campavano almeno tre/quattro mesi tra preview, anteprime, interviste, anticipazioni, speciali ecc. Chi aveva le foto migliori o sapeva raccontare meglio la magia di quei momenti, guadagnava un certo vantaggio sulla concorrenza e, da lettore, a me pareva che tutti avessero qualcosa di interessante da dire, che non ci fosse un momento di pausa durante lo svolgimento delle kermesse e che tutti se ne tornassero a casa felici e contenti di sapere quale sarebbe stato il futuro dei videogiochi.

L'arrivo di internet inizialmente non ha cambiato molto le cose, perché non c'era banda sufficiente a supportare lo streaming delle conferenze, ma quando poi la Rete è migliorata, abbiamo potuto assistere dal vivo ad a alcune tra le più pallose ed inguardabili conferenze della storia dell'intrattenimento. Lì si sono capite molte cose.

"Da quando la Rete è migliorata, abbiamo potuto assistere ad a alcune tra le più pallose ed inguardabili conferenze della storia"

Come dimenticare la memorabile performance di Usher l'anno scorso? Ecco, appunto, se qualcuno ce lo dice...

Ad esempio che i game designer non sanno parlare. Onestamente, fatte salve le solite eccezioni, non rammento interventi che mi siano particolarmente rimasti impressi nella memoria; sì, ricordo benissimo quando Miyamoto se ne uscì sul palco dell'E3 con lo scudo e la spada di Zelda indossando la maglietta col fungo, di quando nel 2004 apparve sul palco l'imponente figura di Reggie Fils-Aime o il miserabile flop del "comico" Jamie Kennedy nel 2007 (a suo modo epocale, anche se in senso negativo), ma si tratta di sporadiche eccezioni.

I casi sono due: o il marketing ha infettato anche il mondo dei videogiochi oppure questa gente non sa spiccicare parola davanti ad un pubblico. Il che, volendo, sarebbe pure comprensibile, visto che non è il loro lavoro. Probabilmente gli interventi dei game designer potrebbero risultare più interessanti se inseriti in un contesto più vivace... ma andatelo a dire alle big dei videogiochi. Nonostante passino gli anni, pare che nessuno abbia ancora capito come si conduce una conferenza. Tanto per cominciare, c'è la questione dei tempi: troppo lunghi. Le due ore si sforano di default (ehi, è la durata di una partita di calcio + intervallo o quella media di un film al cinema) e c'è da chiedersi come si possa tener desta l'attenzione da parte del pubblico per un periodo così lungo. Poi il ritmo, il ritmo! Per ogni attimo brillante ci sono minuti e minuti caratterizzati da tempi morti, stecchiti ed in avanzato stato di decomposizione.

Per ovviare alla loro manifesta incapacità di sintetizzare in un'ora i desideri dei videogiocatori (ovvero: vedere come sono i giochi, possibilmente dal lato gameplay e non sotto forma di interminabili filmati in CG, spesso farlocchi), sviluppatori e produttori hanno così pensato (male) di infarcire le presentazioni con elementi e soggetti che con i videogiochi non c'entrano nulla. Abbiamo così tristemente visto sfilare davanti ai nostri occhi cantanti, ballerini, ballerini-cantanti, attori, attrici (sempre discrete gnocche, questo è l'unico dato positivo), musicisti, ex-musicisti, vip di varia estrazione, personaggi di sitcom, serie TV e reality e fenomeni da barac... scusate dell'internett(e) con il loro scodazzo di fan a seguito. Sadness.

"Un altro grosso problema dell'E3 e di molte kermesse ludiche è il concentrarsi quasi esclusivamente su titoli AAA"

Gli unici argomenti che mettono tutti d'accordo.

Un altro grosso problema dell'E3 e di molte kermesse ludiche (ma non tutte, per fortuna) è il concentrarsi quasi esclusivamente su titoli AAA che bene o male conoscono tutti. L'ennesimo FIFA, l'ennesimo COD, l'ennesimo Assassin's Creed. Ci mancherebbe, tutti aspettano i trailer dei sequel di film che hanno avuto successo, ma proprio come nel cinema di solito i film migliori sono gli indie, le pellicole d'autore o le produzioni medie che trionfano ai Festival (e poi agli Oscar...), forse non sarebbe una cattiva idea mettere in mostra produzioni minori o quanto meno diverse dai soliti e prevedibili million seller.

In questo senso, tra le grandi, Sony pare essere più cosciente del fatto che esiste una fetta di pubblico attenta al nuovo e al "particolare" e molte delle sue produzioni "atipiche" presentate sul PSN vanno appunto in questa direzioni (infatti poi vendono e vincono premi, e ogni riferimento a Journey è assolutamente voluto). Microsoft invece, da questo punto di vista, è ancora troppo americana. Nel senso peggiore del termine.

Ma allora quale potrebbe essere la direzione giusta da seguire per le aziende che vogliano comunicare qualcosa ai propri utenti? Nintendo Direct. Durata limitata, "boss" che ci mettono la faccia (diciamolo, Iwata e Miyamoto sono la coppia più simpatica dell'industria videoludica), vere novità (i titoli di solito non vengono anticipati da rumor... anche se effettivamente i titoli Nintendo da qualche anno sono facili da indovinare) , un ritmo serrato e filmati con tanto gameplay. Nel giro di mezz'ora tutti sono soddisfatti.

"Tanto arrosto e zero fumo. Un'alternativa? I Keynote Apple dell'era Jobs"

Le sue presentazioni restano le migliori.

Tanto arrosto e zero fumo. Un'alternativa? I Keynote Apple dell'era Jobs. Veri e propri one man show, che però, a differenza delle bolse conferenze delle big ludiche, hanno fatto la storia della tecnologia ma soprattutto della comunicazione. Certo, Jobs era dotato di un carisma unico e irripetibile ma con le persone giuste...

Andrea Chirichelli è co-founder ed editor di Players Magazine, un progetto editoriale che mira a discutere di intrattenimento in maniera matura e indipendente, coinvolgendo un pubblico smaliziato e vagamente geek.