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Killzone 2

Sony cala il suo asso.

E' difficile realizzare il sequel di un classico, ma probabilmente è ancora più difficile produrre un sequel di un titolo che tutti si aspettavano sarebbe diventato un classico. Con Killzone, Guerrilla mise sul tappeto una serie di buoni elementi come una grafica molto ispirata e nemici brutti come il fondoschiena di un babbuino, gente che (secondo la pomposa campagna stampa pre-lancio) sarebbe stata governata da un'intelligenza artificiale sorprendente e rivoluzionaria. Ma il gioco, una volta finito, non si rivelò all'altezza di queste roboanti aspettative. Le sue grigie trincee imbottigliavano il gameplay in una sprecie di sparatutto su binari e i nemici si rivelavano tonti come oche al mercato, mostrando tutta la loro supposta "cazzutaggine" e intelligenza limitandosi a incassare dosi extra di piombo prima di collassare, senza preoccuparsi troppo di schivare le pallottole, magari nascondendosi da qulche parte. Non c'è che dire: se la potenza e la complessità di una IA vanno giudicate sulla base della barra della salute e non sul comportamento in combattimento, possiamo tranquillamente affermare che qualsiasi sparatutto dove funziona la vecchia regola '1 shot 1 kill' (vedi Operation Flashpoint o alcune modalità del mitologico Rainbow Six) mostra la stessa IA di un camion carico di ghiaia.

Come base per un sequel, quindi, il primo Killzone sembrerebbe il prodotto ideale. C'è sacco di spazio per lavorare in libertà, molti errori da correggere e una cifra di cose da migliorare. Se a questo aggiungiamo che di Killzone 2 si sa davvero pochino, che Guerrilla si è guadagnato lo status di sviluppatore 'first party' con tutto quello che ne consegue, che in molti hanno salivato come mastini napoletani guardando il trailer "target render" mostrato all'E3 (del 2005, però...) e in giro ci sono competitor fottutamente agguerriti, è facile capire quanta pressione ci sia sugli olandesi Guerrilla. Gli sviluppatori vivono ormai barricati nel loro quartier generale di Amsterdam (visitato dal vostro Costina anni fa proprio per Killzone 1) e stanno lavorando come indemoniati 24 ore al giorno per rendere Killzone 2 il gioco perfetto.

Ma in questo preciso momento non c'è nessuno che corre all'impazzata da una stanza all'altra, nessuno che pesta furiosamente sui tasti di un PC o che armeggia col mouse come se ne andasse della sua stessa vita. Congelata nel tempo sullo schermo di uno degli sviluppatori, invece, c'è un'immagine di una delle ambientazioni cittadine di Killzone 2 che sembra la rappresentazione assoluta della calma. Una figura solitaria si staglia china contro il cielo grigio, cupo, in un'ambiente opprimente, mentre sembra impegnata ad evitare una salva di proiettili fissati nell'istante in cui sbrecciano il cemento. Come la maggior parte dei giochi ad ambientazione fantascientifica anche Killzone 2 rende volentieri omaggio alla Los Angeles di Blade Runner, ma qui c'è anche qualcosa della linda Detroit di Robocop, un accattivante ibrido, contemporaneamente sordido e lindo allo stesso tempo.

Uno sguardo più approfondito rivela un'ulteriore messe di dettagli: il cemento appare crepato e graffiato, mentre gli edifici sembrano appoggiarsi pericolosamente l'uno all'altro, con le loro facciate segnate da finestre rotte e lamiera. C'è tempo sufficiente per godere di altri particolari appetitosi come la bontà generale delle texture e una pozzanghera di acqua putrida in mezzo alla strada che, da sola, è in grado di comunicare tristezza e abbandono. Di colpo lo sviluppatore preme nuovamente il pulsante della pausa e questa apparente quiete cittadina torna a tarsformarsi in un inferno di brutalità, traboccante di urla, colpi d'arma da fuoco e fulmijni in lontananza.

La risposta dei corpi ai colpi e la fisica sono così accurate che Guerrilla ha dovuto barare per fare in modo che i nemici non perdano ne armi che impugnano se li colpite troppo violentemente.

Texture, effetti speciali, illuminazione: Guerrilla non vede l'ora di accompagnaci lungo il tour dei suoi studios e di mostrarci in modo approfondito la tecnologia che ha sviluppato. Dopo tutto, giocare in casa fa comodo al team che, tra le mura amiche, si sente più a suo agio anche se invece di trasmettere l'atmosfera rilassata tipica dei coffe shop che abbondano nei paraggi, comunica una strana elettricità tremendamente positiva. Da quando siamo arrivati, infatti, non hanno smesso di ripeterci che, solo per dare la possibilità di mettere le zampe su Killzone 2 a un pugno di giornalisti sfatti dal sonno senza friggere i contatori dell'intero vicinato, la bellezza di dodici dipendenti sono stati mandati a casa prima dell'orario previsto. Onestamente, la cosa ha immediatamente mandato in overdrive il rivelatore di cazzate che viene fornito a ogni critico videoludico con un minimo di esperienza e il dubbio che questa pantomima sia l'ennesima trovata di qualche PR in botta da fumo (la zona invita...) si fa sentire con violenza. Ma quando durante la presentazione ci viene mostrata con una serie di slide l'installazione del gigantesco serbatoio che fornisce il carburante a una serie di generatori sistemati in giardino, è chiaro che qui non scherza proprio nessuno: gli serve davvero un sacco di energia elettrica. Per fare cosa, lo scopriremo prestissimo.

Di una cosa potete essere certi fin d'ora: Killzone 2 è un gioco davvero bello. L'engine sviluppato internamente da Guerrilla utilizza il deferred rendering (date un occhio su Wikipedia o fatevi una googleata perchè a spiegarlo senza usare parloni ci vuole una giornata), che separa i suoi vari filtri come il motion blur, la grana dell'immagine e che si appoggia su sei delle SPU di PS3 per creare una miscela di effetti cinematici che non intaccano le prestazioni e non danneggiano il frame rate, mentre il dipartimento artistico si focalizza sui vari dettagli di design che aiuteranno la narrazione della trama. Armi e veicoli avranno entrambi la loro parte di gloria nel differenziare le due fazioni, da quelle fetenti e arrugginite degli Helgast a quelle scintillanti e stilose dell'ISA, i cui carri armati e velivoli citano l'attuale dotazione bellica di una nazione qualsiasi soltanto proiettata pochi anni nel futuro.

Ma la reale raffinatezza che si nota immediatamente è quella relativa agli ambienti di gioco. Il primo Killzone era ambientato in una serie di paludi, corridoi e cunicoli fangosi, mentre questo sequel porta lo scontro direttamente sul pianeta natale degli Helgast. GoW 2 anyone? Boh... ma una differenza c'è. La trama di Killzone 2, infatti, racconta una storia diversa che, una volta tanto, non vede il giocatore nei panni dello sfigato, ultimo eroico rappresentante di una razza che ha appena finito di prendere mazzate. Qui l'ISA sta vincendo ed è a un passo dall'ultima enclave nemica, pronta a chiudere la partita una volta per tutte.

L'IA dei vostri compagni di quadra è stata notevolmente migliorata: i vostri camerati faranno gli stessi vostri danni anche se, per bilanciare le cose, saranno meno precisi.

"Sappiamo che gli Helghast hanno un'indole fascista e volevamo che questa loro caratteristica si riflettesse nel gioco senza che apparissero troppo forti o ricchi. Per questo motivo abbiamo pensato al loro mondo come un luogo angusto e sporco, volevamo che somigliasse più alla Cina o a Mosca più che a Berlino" spiega l'art director Jan-Bart Van Beek. I risultati di questo processo creativo sono stati la creazione di una specie di baraccopoli futuristica, un agglomerato urbano decadente prossimo al crollo. Invece delle strade, i livelli scorrono su letti asciutti e cementificati di fiumi e i segni dell'oppressione e dell'abbandono sono ben visibili ovumnque.

Ma il gioco non corre alcun pericolo di sembrare noioso, poichè la città che abbiamo visto non è l'unico scenario disponibile e quelli che rimangono mostrano una sorprendente varietà di stili. Una successiva visita all'avamposto degli Helghast outpost ci ha permesso di vedere le rovine di complessi industriali fatiscenti costruiti utilizzando le carcasse di navi spaziali misteriosamente schiantatesi a terra. L'ispirazione, pare, sia venuta dalle banchine del Pakistan dove le navi vengono letteralmente smantellate per fornire pezzi da costruzione alla popolazione e mentre tutto questo ci porta alla previsione di altri scontri a fuoco all'interno di strutture industriali, i dettagli di design suggeriscono agli ambienti un'atmosfera particolarissima e misteriosa: una riuscita miscela tra tristezza, brutalità e delicato esotismo. E in ogni location i caratteri distintivi dell'atmosfera tossica di Helghan sono presenti, sottolineati dall'infezione dell'aria da parte della tossina Class III e dal sistema meteorologico, le cui tempeste di sabbia e i fulmini è probabile che avranno un'influenza diretta sulla costruzione dei livelli.

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A proposito dell'autore

Stefano Vanini

Contributor

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