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La caduta dei Titani - editoriale

Qual è il futuro degli MMO dopo la cancellazione di Titan?

È notizia di questi ultimi giorni che, dopo un travagliato periodo di sviluppo durato ben sette anni, Blizzard ha definitivamente cancellato il suo progetto Titan. Non si tratta di un avvenimento da poco: Titan era infatti da molti considerato come il post-World of Warcraft, il nuovo gigante che avrebbe dovuto raccogliere l'eredità del titolo massivo online più popolare (e redditizio) di tutti i tempi e proiettare l'intero genere degli MMO verso nuovi livelli di eccellenza e verso il futuro.

Fino al 2010 o giù di lì, un tale scenario era considerato inevitabile e atteso da milioni di fan in tutto il mondo. WoW generava una quantità di soldi tale da rendere praticamente scontata la creazione, prima o poi, di un qualche tipo di successore, e nonostante la continua opera di aggiornamento e ammodernamento operata da Blizzard con le varie patch ed espansioni, in molti cominciavano a desiderare qualcosa di realmente nuovo, la "next-gen" degli MMORPG, sviluppata dal developer più competente in materia al mondo.

Adesso quel futuro, che fino a ieri sembrava così scontato, non esiste più. Dal 2007 (anno in cui iniziò lo sviluppo di Titan) ad oggi, sono infatti successe molte cose. Troppe perché un progetto che affondava le sue radici in un passato così remoto potesse arrivare indenne sul mercato odierno.

Blizzard se n'è accorta e, dopo aver rinviato più volte il suo gioco, arrivando addirittura a ricominciarne lo sviluppo dalle fondamenta circa un anno fa, ha infine preferito abbandonarlo e buttare alle ortiche qualcosa come 50 milioni di dollari (secondo le prime stime degli analisti), piuttosto che proseguire su una strada che, probabilmente, non avrebbe portato molto lontano.

Che tipo di gioco sarebbe stato Titan? Che modello di monetizzazione avrebbe adottato? Nessuno può dirlo con certezza.

Ma cos'è successo perché si arrivasse ad una così totale, sofferta e clamorosa retromarcia? La prima e più banale risposta riguarda l'avvento del modello free to play. Impensabile fino a solo qualche anno fa, specialmente per un titolo tripla-A ad alto budget, il modello di gioco "gratuito" basato sulle micro-transazioni è ormai dilagante, soprattutto nel campo dei titoli massivi online. Ha portato ad una trasformazione culturale tale che, se fino a pochi anni fa era considerato normale pagare un abbonamento mensile per giocare ad un MMORPG, adesso appare quasi illogico.

Lo ha sperimentato sulla sua pelle un altro mega-progetto online dalla vita piuttosto turbolenta, quello Star Wars: The Old Republic che, forte del suo brand e dei quintali di hype ad esso collegati, è giunto sul mercato a fine 2011 con un modello di sottoscrizione classico. Sappiamo tutti come è andata a finire: il titolo di BioWare s'è infranto molto presto contro il muro della realtà, trasformandosi in free to play ad appena un anno dalla sua uscita. Da allora, la frase "lo proverò quando diventerà free to play" è ineluttabilmente associata a qualsiasi MMORPG che osi affacciarsi sul mercato con una formula a pagamento.

Questo fenomeno di trasformazione ovviamente non è sfuggito a Blizzard, che difatti solo l'anno scorso aveva annunciato che Titan non avrebbe richiesto un abbonamento mensile. Quale fosse però la direzione globale del progetto non è dato saperlo: l'azienda, infatti, è sempre stata molto parsimoniosa nel rivelare dettagli sul gioco, tanto che ad oggi, giorno della sua cancellazione, non è nemmeno chiaro di cosa si trattasse.

(Secondo un recente report di Kotaku, Titan avrebbe dovuto essere un MMO semi-realistico ambientato nella Terra del futuro prossimo, in cui i giocatori avrebbero potuto mantenere una normale professione durante il giorno per poi trasformarsi in avventurieri nel corso della notte, dedicandosi alle consuete attività di PVE e PVP. Si tratta però di voci di corridoio che, a meno di sensazionali leak futuri, non troveranno mai una vera conferma o una smentita.)

Pur essendo sviluppato da BioWare e potendo contare su una licenza amatissima come quella di Star Wars, The Old Republic non è comunque riuscito a sfuggire al destino da free to play.

Non si può lavorare ad un progetto per sette anni e non essere mai pronti a rivelarne alcun dettaglio. È evidente, insomma, che nel corso del suo sviluppo Titan è stato modificato più e più volte, nel tentativo di adattarlo ai continui cambiamenti del mercato moderno, tanto da portare ad una perdita d'identità generale che, insieme alle immancabili proiezioni economiche da parte del publisher, ne ha decretato la morte.

Questo ci insegna una cosa molto importante riguardo all'attuale industria dei videogiochi: adottare un ciclo di sviluppo così lungo è molto pericoloso, in un mondo del gaming in continua trasformazione e sempre all'avanguardia nella ricezione dei nuovi trend e delle nuove tecnologie.

Mentre il "titanico" nuovo progetto di Blizzard era in cantiere, infatti, un nuovo tipo di videogame online, più semplice e immediato ma altrettanto gradito alle masse, è intervenuto a sottrarre molta centralità al mondo dei MMORPG. Stiamo parlando dei MOBA, che sfruttano alla perfezione il modello free-to-play e, adattandosi naturalmente a fenomeni sociali contemporanei come l'ascesa degli e-sports competitivi e il proliferare dello streaming di sessioni di gioco su Twitch, ormai rappresentano un prodotto molto più "moderno" di un gioco di ruolo massivo tradizionale.

In poche parole, nonostante il suo budget probabilmente mostruoso e tutta l'esperienza di uno dei developer più amati al mondo, Titan rischiava di uscire sul mercato (nel 2016 o giù di lì) già "vecchio". E, comprensibilmente, Blizzard non se l'è sentita di resettare il progetto per l'ennesima volta, rischiando di posticipare ulteriormente il lancio e magari anche di ritrovarsi, di qui a due anni, a rincorrere ancora l'ennesima ed imprevedibile novità nel mondo del social gaming online.

LoL e DotA 2 rappresentano la nuova frontiera del gioco - e dei guadagni - online. Possiamo forse considerare quello dei MMORPG tradizionali un genere 'sorpassato'?

Quello che resta da vedere ora, all'indomani della cancellazione di uno degli MMO più ambiziosi e attesi in assoluto, è quale sarà il futuro di World of Warcraft e del genere nel suo complesso. La gallina dalle uova d'oro di Blizzard continua a generare ingenti profitti e di certo non desta preoccupazioni per quanto riguarda la sua sopravvivenza nell'immediato futuro, ma è anche afflitta da un lento e costante calo di utenti, che ha portato la popolazione attuale a circa 6.8 milioni di giocatori contro il picco di 12 milioni registrato nel 2010.

Per quanto tempo ancora la bandiera del genere potrà essere portata da un titolo uscito ormai 10 anni or sono? E cosa succederà in assenza di un vero e proprio successore? Nuovi ed interessanti MMORPG sono attualmente in fase di sviluppo, a partire da Everquest Next di Sony fino al progetto kickstarter di Camelot Unchained, ma riusciranno mai a replicare il successo di World of Warcraft? Oppure il genere dei MMORPG, un tempo vera avanguardia del gioco online, è destinato a cedere definitivamente la sua centralità, diventando subalterno dei MOBA e di tutte le nuove esperienze di gameplay "social" che l'industria dei videogame inventerà nei prossimi anni?

Quando Titan era ancora una realtà, disegnare lo scenario futuro era relativamente più semplice: avremmo potuto immaginare un "pensionamento dolce" per World of Warcraft, un lento staccare la spina per passare gradualmente il testimone a quella che, con buona probabilità, sarebbe stata la next big thing all'interno di un genere che resta comunque molto amato e molto giocato online. Adesso che il titano è caduto, le sorti di un intero genere sono molto più incerte...

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Luca Signorini

Contributor

Luca gioca e scrive da quando ha scoperto le meraviglie del pollice opponibile. È giornalista ma soprattutto appassionato; non gli toccate Metroid, Stallone, i Black Sabbath e la carbonara e sarete suoi amici per sempre.
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