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La pubblicità che ha cambiato per sempre l'industria dei videogiochi - articolo

Electronic artists.

La foto è in bianco e nero, leggermente fuori fuoco. Ci sono otto persone vestite di nero davanti ad una tela macchiata di vernice. I loro volti sono giovani ma allo stesso tempo molto seri, somigliano quasi a delle rockstar.

Potrebbero essere attori o musicisti ma non lo sono. Sono sviluppatori di videogiochi (o 'software artists' come recita la didascalia della foto). Questa immagine faceva parte di una campagna pubblicitaria per il neonato publisher Electronic Arts, accompagnata da due possibili slogan da applicare a seconda del contesto. Il primo esclamava 'We see farther' (noi guardiamo più lontano) mentre l'altro, molto più memorabile, chiedeva: 'Can a computer make you cry?' (può un computer farvi piangere?)

Questo era il modo in cui EA si promuoveva, nel 1983.

Al giorno d'oggi, chiedere 'se un videogioco può farvi piangere' è diventato un cliché, un tormentone (assieme ad altri classici come 'i videogiochi avranno mai il loro Quarto Potere?' o la celeberrima diatriba sul fatto che 'i videogiochi siano considerabili come una forma artistica'). Qui però siamo all'inizio degli anni '80 e l'industria era molto diversa, all'epoca. I videogiochi erano ancora visti come qualcosa di inusuale e avveniristico: si giocavano nelle sale giochi e nei bar oppure si compravano le prime console per i ragazzini. Nessuno sapeva chi li creava e a nessuno importava: nessuno ha mai visto Pac-Man o Space Invaders come qualcosa di diverso dal semplice intrattenimento. L'idea stessa di creare, pubblicare e distribuire giochi per computer come veri e propri prodotti commerciali stava muovendo ancora i primi passi.

Il fatto di aver prenotato uno studio a San Francisco una mattina d'estate e l'aver assunto Norman Seeff, uno dei più grandi fotografi delle rockstar dell'epoca per produrre una pubblicità, quindi, mostrava una considerevole ambizione e lungimiranza. Tutto merito di Trip Hawkins. Sagace, determinato e carismatico, il fondatore di Electronic Arts è stato parte di Apple fin dal 1978 e, come coordinatore delle strategie di marketing, ha aiutato a trasformare la compagnia da produttrice di kit per computer a vera azienda manifatturiera con un'inconfondibile identità stilistica. È stato lì, lavorando a stretto contatto con Steve Jobs, che Hawkins ha capito qualcosa di importante sulle industrie emergenti.

"Mentre lavoravo in Apple, ho imparato ad apprezzare la forza dei punti di riferimento per l'innovazione", afferma l'uomo. "Mentre cerchi di fare qualcosa di nuovo, cerchi cose che hanno problemi ed esigenze simili, per vedere cosa puoi realizzare. Apple è riuscita a utilizzare l'industria dell'elettronica di consumo come punto di riferimento per i suoi canali di distribuzione, vendite, accordi con i venditori, promozione, imballaggio ecc. Mi sono reso conto che EA avrebbe potuto trarre vantaggio da questo stesso approccio basato sui "punto di riferimento".

Trip Hawkins

Perciò, quando Hawkins ha fondato EA, nel 1982, aveva bisogno di un punto di riferimento, un business simile da cui poteva acquisire idee per commercializzare al meglio i suoi giochi. Aveva già ingaggiato un gruppo di designer di talento, tra cui il mago della grafica Bill Budge che aveva avuto un enorme impatto con Raster Blaster su Apple II e Danielle Bunten Berry, che ha scritto l'innovativo titolo multiplayer M.U.L.E. ma voleva qualcosa in più per far risaltare EA. "Fin dall'inizio del mio lavoro in Apple, sono stato a stretto contatto con persone creative come Jobs e con ingegneri software come Bill Atkinson", afferma. "Nel 1980 mi resi conto che erano persone complesse ed enigmatiche come le dive del grande schermo. Si trattava pur sempre di artisti che meritavano trattamenti speciali e, di conseguenza, capii che il grande sviluppo del software poteva essere organizzato e gestito come quello di un film. Hollywood divenne quindi il nuovo punto di riferimento e molte idee chiave sono nate spontaneamente nella mia testa, una volta visto il quadro completo".

L'idea principale, secondo lui, era quella di promuovere i creatori di videogiochi come 'software artists', invece che come programmatori o ingegneri, trapiantandoli in un nuovo contesto culturale. "Tutti quelli a cui l'ho detto nel primo anno erano davvero entusiasti", ha aggiunto. "Hanno capito da subito la potenza di questo concetto e sono riusciti a trasportarlo velocemente nel marketing. Ovviamente potevamo ricevere molta più attenzione, diventando la Nuova Hollywood".

Affascinato da questa idea, Hawkins ha organizzato un meeting con un gruppo di giovani agenti pubblicitari, Jeff Goodby, Andy Berlin e Rich Silverstein che, in quel momento, stavano lavorando con la pluripremiata Hal Riney & Partners. "Andy Berlin ha passato molte ore ad ascoltare le mie idee, i miei piani e la direzione che volevo dare all'azienda e il loro team ha svolto davvero un ottimo lavoro", ricorda Hawkins. "Non avevano ancora organizzato formalmente un'agenzia pubblicitaria e noi eravamo già diventati i loro primi clienti". Goodby, Silverstein & Partners, successivamente, si sarebbero occupati della celeberrima campagna pubblicitaria 'Got milk?' e di quella, altrettanto famosa, di Louis the Lizard lucertola per la Budweiser. La campagna per EA, però, è stata quella che ha levigato le loro abilità concettuali di cattura dell'attenzione pubblica.

M.U.L.E.

"Ricordo bene il giorno del set fotografico", dice David Maynard, passato ad EA dopo un lungo periodo in Xerox. Maynard era un coder della vecchia scuola, membro della prima classe di Computer Science dell'università di Berkeley, nel 1969. Negli anni '70 ha lavorato con il team di Doug Engelbart allo Stanford Research Institute usando computer PDP-10 che eseguivano il sistema operativo formativo Tenex. Qui è entrato in contatto con i primi giochi basati su testo come Hunt the Wumpus e Adventure di Will Crowthers e Dan Woods. Alla fine degli anni '70 si è unito ad un gruppo di Xerox PARC lavorando ad Alto, il primo personal computer con una connessione Ethernet integrata, scrivendo un clone di Breakout solo per abituarsi all'hardware. Successivamente ha acquistato un Atari 800 per progettare il suo gioco, Sumo Worms. Poi ha conosciuto Trip, lasciato Xerox e, una mattina del 1983, si è ritrovato a San Francisco nel caldo soffocante, in attesa di essere fotografato dall'uomo che contava Ray Charles, John Lennon e Debbie Harry tra le sue centinaia di soggetti.

"Avevano noleggiato uno studio e avevano chiamato Norman Seeff con i suoi due assistenti direttamente da Los Angeles", racconta. Nella foto, vicino a Budge e Maynard c'era John Fields, il creatore di Axis Assassin e The Last Gladiator, Jon e Ann Freeman, i creatori di Archon e Michael Abbott e Matt Alexander, le menti dietro Hard Hat Mack e Bunten, provenienti direttamente da Little Rock, in Arkansas. "Il fotografo ha iniziato attorno alle 10 del mattino ed ha continuato a lavorare fino alle 3 del pomeriggio", ricorda Maynard. "Faceva davvero caldissimo nello studio e il set fotografico è stato estenuante. A un certo punto John Fields è addirittura svenuto."

Agli sviluppatori è stato detto di indossare maglioni neri a girocollo, un look considerato moderno e interessante, e, il fatto che tutti fossero vestiti in modo identico, dava al team un aspetto da rock band: un concetto che a Hawkins e al suo uomo del marketing Bing Gordon era piaciuto molto. "L'azienda di pubbliche relazioni di EA, Regis Mckenna, aveva mandato sul posto alcuni rappresentanti, tutte donne giovani e attraenti, per coprire l'evento", dice Budge. "Penso che abbia fatto sentire tutti speciali. Ricordo che Trip mi ha dato alcuni consigli di stile e cura personale. Mi è sembrato strano ricevere questo trattamento per un servizio fotografico. Non penso che fossi a conoscenza dell'utilizzo che sarebbe stato fatto della foto".

The Last Gladiator

Budge è l'uomo in alto a destra della foto, famoso per aver indossato un singolo guanto senza dita e pieno di borchie. "Qualcuno di Apple stava organizzando un evento a tema punk rock quella sera", racconta l'uomo. "La mia amica Susan Kare, famosa designer grafica, mi ha portato in alcuni negozi della città dove ho comprato una felpa smanicata nera, una cintura in cuoio nera e il celebre 'guanto'. Era solo un costume, nella mia testa, non qualcosa che avrei indossato normalmente. Sono arrivato sul set con il costume in una busta. In qualche modo, il fotografo l'ha notato e ha insistito affinché lo indossassi. Tutti pensavano fosse una buona idea e sono stato persuaso."

Dopo aver scattato le foto è iniziato lo sviluppo delle pubblicità. Bing Gordon ha assunto Nancy Fong, una giovane production manager dell'azienda McCann Erickson, per supervisionare il progetto. "Ho lavorato con Rich Silverstein, l'art director della Goodby, Berlin & Silverstein, sulla produzione", dice Fong. "È stata un'esperienza indimenticabile. Ricordo quanto tutti fossero attenti ai minimi dettagli, al punto da stabilire in anticipo la percentuale di colore da includere in ogni singolo punto. Il lavoro di Andy Berlin era qualcosa di mai visto fino a quel momento."

Dietro al motto 'can a computer make you cry' (può un computer farvi piangere?), c'era una dichiarazione di intenti di 500 parole su come Electronic Arts comprendeva l'era nascente della tecnologia dei computer di casa, di come ha visto il potenziale di andare oltre la costruzione di fogli di calcolo ed esplosivi alieni. "In breve", conclude, "stavamo scoprendo che il computer poteva essere più che un semplice processore di dati: poteva diventare un mezzo di comunicazione, uno strumento interattivo per avvicinare i pensieri e le emozioni delle persone, più di qualsiasi altra cosa". Considerando che stiamo ancora parlando delle possibilità emotive e sociali dei giochi nel 2018, un annuncio come questo è stato un miracolo, nel 1983.

È stato anche molto costoso. Creare le pubblicità stesse è costato una fortuna ma EA ha anche deciso di inserirle in pubblicazioni lontane dal mondo dei computer e dei videogiochi. "Quando ero bambino, uno dei miei obiettivi era quello di essere pubblicato su Scientific American", dice Maynard. "Perciò quando Bing Gordon ha iniziato a parlare della pubblicità, ho suggerito di inviarla a loro". Gordon ha accettato. La pubblicità si estendeva da pagina 192 a 193 del numero di settembre 1983. "Quel placement è costato praticamente tutto il budget per il marketing che avevamo quell'anno!", dice Fong, ridendo.

Ma ha funzionato? "Tutti pensavano che il messaggio fosse chiaro e intelligente ma 'un po' fuori target", spiega Hawkins. "La pubblicità non cercava di vendere giochi nello specifico e sono sicuro che molti competitor più 'pratici' pensavano saremmo morti nel giro di qualche mese. La cosa importante è che tanti artisti l'hanno apprezzata e molti di loro hanno iniziato a desiderare di lavorare con noi."

L'approccio di EA era davvero molto diverso dalle pubblicità dell'epoca.

Quello è stato sicuramente un elemento importante. In un'industria che aveva così poco rispetto per gli sviluppatori, in cui una compagnia come Atari oscurava deliberatamente il talento creativo dietro ai suoi giochi per evitare che si sapesse in giro il nome dei loro creatori, il fatto che EA idolatrasse e promuovesse i suoi artisti in quel modo faceva una grande differenza per i designer ed i coder. Come dice Maynard: "sono d'accordo con il blogger e storico del computer Jimmy Maher quando scrive che 'la prospettiva più esaltante che Hawkins offriva ai suoi sviluppatori, e la più ricordata tutt'ora, era qualcosa che puntava direttamente al loro ego: gli aveva promesso di renderli delle rockstar."

Budge concorda. "Per gran parte della gente, all'epoca, i videogiochi erano solo Pong: quella pubblicità, invece, promuoveva l'idea che molto di più fosse possibile. I miei amici alla Apple e nell'industria videoludica ci prendevano scherzosamente in giro ma io credo che essa abbia ispirato molti programmatori a lavorare nel campo dei videogiochi perché faceva sembrare tutto incredibilmente entusiasmante."

Ma era molto di più di quello. La pubblicità 'can a computer make you cry' ha anche aperto la strada ad una nuova filosofia per i videogiochi, una filosofia che guardava oltre le sale giochi, verso un'esperienza molto più profonda."Trip ha capito che la crescente potenza e accessibilità dei computer casalinghi dava la possibilità di aggiungere molta profondità alle esperienze proposte", dice Maynard.

Questa era EA all'inizio degli anni '80, creatrice di giochi strani ma interessanti come Worms e M.U.L.E, carichi dell'eccitazione e delle speranze di una start-up. Quando Nancy Fong si è unita all'azienda, c'erano circa 20 persone ammassate in un ufficio di una sola stanza nella città di Burlingame, appena a sud dell'aeroporto di San Francisco, un ufficio di proprietà di uno dei primi finanziatori della compagnia. Non avevano ancora nessun gioco in uscita e nessuno poteva creare le confezioni per loro, anche se ne avessero avuto uno. "Da quel pomeriggio, ci siamo trasferiti in uno spazio più ampio della penisola e ho convinto un paio di miei contatti ad estendere il credito e diventare i nostri primi fornitori di stampa", afferma Fong. La compagnia era Ivy Hill Packaging a Los Angeles, una delle più grandi tipografie di copertine di album musicali del paese. L'altra grande idea di Trip era di confezionare i suoi giochi come album, completi di splendide illustrazioni apribili. Ancora una volta, voleva che i suoi giochi fossero visti come prodotti culturali, non come giocattoli tecnologici spediti in sacchetti a chiusura lampo. Le pubblicità erano il biglietto da visita per una filosofia che avrebbe modellato i primi anni dell'azienda.

"We See Farther' (noi guardiamo più lontano) era il motto del manifesto appeso nella reception dei nostri primi due uffici", ricorda Fong. "Era la nostra visione di dove eravamo, di dove stavamo andando e di come avremmo lavorato. Il nostro obiettivo comune era quello di sfruttare al meglio l'enorme potenziale offerto dai personal computer. Una delle mie T-Shirt preferite dell'azienda recitava la frase: 'Software worthy of the minds that use it' (Software degno delle menti che lo usano). Abbiamo riutilizzato quella frase nel report annuale del nostro decimo anno."

Doctor J and Larry Bird Go One on One

La pubblicità di EA ha cambiato radicalmente l'industria perché ha mostrato il vero potenziale dei videogiochi, ha catturato l'interesse di un nuovo audience promettendo nuove esperienze ed ha sancito l'inizio della crescita nelle ambizioni dell'industria stessa. Più tardi, nel 1983, il publisher ha lanciato il simulatore di basket Doctor J and Larry Bird Go One on One, aprendo la strada al reparto EA Sports che avrebbe definito la compagnia e fruttato guadagni milionari. Il tutto, però è partito da quella pubblicità su due pagine.

Per quanto riguarda i 'software artists', essi si sono sentiti elevati da quella promozione. Budge e Bing Gordon sono partiti con un tour pubblicitario, apparendo in TV e nei negozi di computer di tutta la nazione. "Stavamo cercando di rendere i programmatori al pari delle rockstar ma senza troppo successo", ammette Budge. "In alcuni posti che abbiamo visitato sembrava di essere ad un raduno hobbistico. Al Lechmere di Boston ci hanno visti come rappresentanti che aiutavano a vendere la merce, quindi hanno insistito perché mi togliessi i jeans e la t-shirt da programmatore. Bing mi ha portato a fare shopping e mi ha comprato il vestito più economico che avremmo potuto trovare".

Maynard apprezzava davvero questa nuova fama. "Ho lavorato con i ricercatori di Xerox PARC, che ospitava alcuni dei più brillanti scienziati informatici del mondo: c'erano molte superstar ma io non ero uno di loro. Ora invece ero qui, con la mia fotografia su Scientific American, etichettato come 'software artist'. Era, se non altro, qualcosa di davvero audace".