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Le difficoltà dell'essere verdi: la storia del popolo degli orchi nei videogiochi - articolo

Dalla A a Zug Zug.

Quando abbiamo incontrato per la prima volta Thrall, l'orco Capoguerra di Warcraft 3, egli si era appena svegliato da un incubo: aveva avuto vivide visioni di un brutale scontro tra le armate degli umani e quelle degli orchi su un campo di battaglia sovrastato da un cielo in fiamme.

"Come dei folli ripiombavamo nelle vecchie diatribe", recita una voce fuoricampo in una sequenza cinematografica renderizzata in maniera splendida, una battaglia che rappresentava il primo passo verso i celebri filmati di presentazione per cui Blizzard è divenuta famosa. A differenza dei due giochi precedenti, però, non vi è alcuna gloria nel combattimento. I vecchi scontri, moralmente semplicistici, sono ora narrati con tono malinconico, quasi di rimpianto. Le antiche cronache di guerre e trionfi bellici, ora sono viste come una follia destinata ciclicamente a ripetersi.

Thrall si sveglia dalla propria visione agitandosi nel suo giaciglio. Possiamo vedere il terrore nel suo volto, un sentimento che rapidamente si tramuta in... tristezza. In questo modo, gli orchi di Warcraft assumono un ruolo che non hanno mai avuto in precedenza.

Per la prima volta, hanno la possibilità di essere delle persone.

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Per quanto ne sapessi a 10 anni, nessuno ha realmente 'inventato' gli orchi. Ci sono sempre stati, proprio come i giganti, le fate o i draghi, nell'immaginario popolare. Avevo combattuto contro di loro in HeroQuest, li avevo visti con i loro canini protrusi e i loro occhi rosso sangue, con le loro primitive clave di legno e i loro rozzi spadoni. Avevo difeso castelli dal loro assalto nel gioco da tavolo di Dungeons & Dragons, DragonStrike. Avevo addirittura controllato dei guerrieri orcheschi con catapulte e tartarughe azzannatrici giganti in Warcraft 2: Tides of Darkness. Non ne avevo ancora una cognizione completa, all'epoca, ma avevo già piazzato la razza degli orchi nel reame del folklore, come se fossero parte di una narrazione di pubblico dominio. Poi, però, la mia insegnante del quinto anno ha definito scherzosamente 'un plagio di Tolkien' una storia scritta da me e mi ha regalato la sua personale copia de 'Lo Hobbit'. In quel momento sono stato colpito nel profondo. Era tutto addirittura più interessante rispetto ai racconti di C.S. Lewis: c'erano battaglie più ampie, draghi, Gollum e tanti, tantissimi orchi.

Orchi.

Malvagi. Sacrificabili. Generalmente si muovevano in gruppi ma spesso finivano per ammazzarsi l'uno con l'altro. Sacrificabili. Pessimi nell'intavolare delle strategie ma abbastanza numerosi per poterne fare a meno. Sacrificabili. Abili nel combattimento al punto da dare filo da torcere ai nostri eroi ma mai sufficientemente valorosi da rappresentare una reale minaccia.

Sacrificabili.

Ecco cosa li rende così resistenti e duraturi. Certo, spesso sono anche ridicoli ma, in generale, sono individui selvaggi e senza paura. A volte, come nel caso dei Goff Rockers di Warhammer 40.000 o in quello dei troll moicani di Blizzard, sfociano nel punk: la controcultura del fantasy. Sono sconnessi, pieni di risorse e dotati di un'estetica basata su indumenti fai-da-te e su stendardi dipinti.

Il primo livello del prologo di Warcraft 3 inizia con una singola linea di testo su una schermata di caricamento. Una semplice frase che garantisce a Thrall (e, di conseguenza, anche all'Orda), una maggiore profondità rispetto ai due giochi precedenti combinati.

"Da qualche parte, nella Regione Montuosa di Arathi, Thrall, il giovane capo dell'Orda degli Orchi, si sveglia da un sogno agitato."

Il suo sogno agitato. Provate ad immaginare: Thrall è agitato. Non arrabbiato, non assetato di vendetta, non desideroso di uccidere umani. È agitato. Quando lo vediamo parlare con il profeta Medivh nella cutscene successiva, la sua voce è pacata. Il suo tono è quello della risoluta contemplazione, un netto contrasto con i feroci gorgoglii riprodotti durante i dialoghi tra orchi nei vecchi giochi.

Ripercorrere la trilogia degli strategici di Warcraft oggi rende ancora più palese questo cambio repentino. È quasi stridente, in netta dissonanza col passato, nonostante fosse pianificato dal principio. Il personaggio di Thrall è stato creato per il gioco di avventura Warcraft: Lord of the Clans. Quest'ultimo era un progetto infuso di un alto tasso di amara commedia e il Capoguerra è stato immaginato come un personaggio sardonico, sagace e pungente come un novello Guybrush Threepwood. Si tratta di un carattere molto diverso da quello che abbiamo visto, poi, in Warcraft 3 ma è anche totalmente differente ma qualsiasi orco mai apparso in precedenza nella serie. Il primo umano che incontriamo nel gioco, il carceriere di Thrall, è crudele e maldestro, in netto contrasto con il nobile imperialismo con cui veniva dipinta l'Alleanza in passato. All'epoca di Lord of the Clans, gli orchi sono stati confinati in riserve dedicate, schiavizzati dopo la loro sconfitta da parte degli umani. Per la prima volta, in una serie fantasy mainstream, gli orchi sono tratteggiati come vittime, non come aggressori. Anche lo stesso nome, 'Thrall', evoca concetti come servitù e catene.

A dispetto della cancellazione, dopo 18 mesi di sviluppo, la storia di Lord of the Clans è stata narrata, in seguito, in un romanzo dal tono decisamente più contemplativo, rilasciato un anno prima di Warcraft 3. Nello stesso anno, il 2001, è stato pubblicato un altro racconto denominato 'Of Blood and Honour' che reinterpretava la figura degli orchi in modo simile. Eppure, non avremmo visto questi nuovi orchi in azione prima dell'uscita di Thrall da quella tenda.

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La narrazione delle gesta nobili degli orchi, prima di esso, erano comuni quasi quanto un nano senza barba. Sono sempre stati una razza bistrattata. La parola 'orco', secondo molti, è stata coniata da Tolkien che ha rielaborato un estratto di un racconto classico della letteratura inglese: Beowulf. Nel poema, infatti, appare la razza degli 'orcneas', una tribù composta da esseri malvagi e condannati da dio. Un altro possibile corollario (che potrebbe essere stato familiare allo stesso Tolkien) è il termine utilizzato dai Sassoni per definire gli invasori Normanni. In questo caso, in effetti, la parola 'orco' può essere tradotta in 'demone' o 'straniero'. La connessione appare ancora più evidente se consideriamo che gli Anglo-Sassoni definivano in nostro mondo come 'La Terra di Mezzo', un posto a metà tra il paradiso e l'inferno (proprio come afferma la storica Kate Sedley nella sua opera Tintern Treasure). Una Terra di Mezzo che hanno cercato di difendere dagli attacchi degli 'orchi' nella Battaglia di Hastings.

Rimane da chiarire, tuttavia, quanto di questa storia fosse realmente rilevante per Tolkien. In una lettera indirizzata alla scrittrice scozzese e correttrice di bozze de 'Il Signore degli Anelli', Naomi Mitchison, l'autore scrive: "questo termine, secondo me, deriva dalla parola 'demone' utilizzata nell'Inglese Antico ma solo a causa della sua idoneità fonetica."

La Principessa e il Goblin di George MacDonald, illustrato da Jessie Willcox Smith, 1920.

Facciamo tutti un brindisi per i nostri amici dalla pelle verde, ripudiati fin dal concepimento a causa di un capriccio etimologico. A dirla tutta, non è andata molto meglio, in termini di aspetto fisico. La favola dal titolo 'La Principessa e il Goblin', scritta da George MacDonald nel 1872 (una delle preferite di Tolkien), è stata indicata dall'autore come principale ispirazione per la creazione dei suoi orchi e dei suoi goblin. La storia di MacDonald li descrive come una razza 'sotterranea', "definita da alcuni come gnomi, da alcuni come coboldi e da altri come goblin".

"Straordinariamente brutti, orribili e grotteschi nell'aspetto sia del volto che del fisico."

Ciò non differisce molto dalla descrizione degli orchi fatta dallo stesso Tolkien.

"... sono (o erano) tozzi, larghi, dal naso piatto, dalla pelle giallastra, con bocche larghe e occhi obliqui; in realtà versioni degradate e repulsive dei archetipi mongoli meno belli (per gli europei)."

È bene chiarire, tuttavia, che per Tolkien gli 'orchi' e i 'goblin' sono la stessa cosa. La divisione in base alla taglia e alla gerarchia tra goblin e orchi è avvenuta solo in seguito con l'evoluzione del genere fantasy. Non ditelo agli orchi, però.

La prima apparizione mainstream degli orchi nei giochi di ruolo da tavolo è avvenuta nel 'White Box Set' di Dungeons & Dragons del 1974. Prendendo in prestito molti dei tratti distintivi descritti da Tolkien, gli orchi appaiono come creature malvagie ed inclini alla guerra che nutrono un intenso odio nei confronti della luce del Sole. Condivisibile. Appaiono nuovamente nel Manuale dei Mostri originale del 1977 (il bestiario principale del mondo di D&D), in cui le 'tribù' degli orchi vengono analizzate nel dettaglio. Questa correlazione tra bassa intelligenza, comportamenti aggressivi e organizzazione tribale della loro società è stata approfondita in Warcraft 3, in seguito, ma a quel tempo gli orchi erano considerati come semplici servi sacrificabili dell'oscurità.

Il Manuale dei Mostri del 1977.

Persino nel Manuale dei Mostri del 1977, però, gli orchi non sono caratterizzati da uno dei loro più famosi tratti distintivi: la pelle verde. Quelli di Tolkien sono descritti come 'scuri' o 'giallastri' mentre il Manuale dei Mostri li definisce 'marroni con sfumature bluastre'. Per risalire all'origine della colorazione verde, ora accettata universalmente, dobbiamo guardare ad un altro gioco da tavolo.

La storia (considerata apocrifa da molti) narra che qualcuno di Games Workshop, negli anni '80, stava dipingendo la propria armata di orchi prima di rendersi conto di aver esaurito la vernice violacea a metà dell'opera. Frustrato ma caparbio, l'uomo ha deciso di utilizzare la base verde scelta da un collega per i nani per evidenziare i muscoli e le prominenti mandibole dei suoi orchi. Tutti quelli che hanno visto quell'armata il giorno dopo erano d'accordo: questi sono orchi. Così sono nati i pelleverde.

Warhammer Armies 1988.

Vero o no (molto probabilmente la seconda), Warhammer sembra aver rappresentato il punto di svolta per l'immaginario degli orchi che, tuttavia, non venivano ancora chiamati 'Pelleverde'. Le orde degli orchi, dei goblin e simili, in Warhammer, venivano ancora chiamati 'Goblinoidi' dal primo libro degli eserciti, del 1988, almeno fino alla quarta edizione di Orcs and Goblins. Nonostante non fosse ancora stato utilizzato il termine 'Pelleverde', gli orchi di Games Workshop sono stati colorati in verde dal 1988 in poi.

Per quanto gli Space Orks di Games Workshop, introdotti nel set di regole Rogue Trader del 1987, continuassero ad essere delineati tradizionalmente come selvaggi inclini alla guerra, la prima edizione di Shadowrun pubblicata nel 1989 è stata la prima ad introdurre la classe dell' 'Orco Mercenario' che veniva descritta come segue:

"È rozzo e ruvido e di sensibilità limitata ma ha un ruolo specifico nella società. Non è un killer psicotico come affermano alcuni cultisti Humanis. Si sta solo guadagnando da vivere facendo ciò che gli riesce meglio."

L'Orco Mercenario di Shadowrun.

Al netto di alcuni tentativi, come quello di Shadowrun, di fornire un po' di umanità agli orchi, questi ultimi rimanevano dei semplici cattivi monocorde. Come hanno confermato gli sviluppatori, è dagli orchi di Tolkien e da quelli di Games Workshop che Warcraft: Orcs and Humans ha tratto maggiore ispirazione.

A causa della forte influenza di D&D, tuttavia, Warcraft: Orcs and Humans non è stato il primo videogioco a includere gli orchi. Anche se non considerassimo i titoli su licenza di D&D o Warhammer, infatti, Rogue (il gioco del 1980 da cui proviene il termine 'roguelike'), Bard's Tale del 1985 e Megami Tensei del 1987, includono tutti una variazione degli antagonisti Tolkieniani o la loro interpretazione di D&D. Gli orchi di Megami Tensei sono particolarmente interessanti poiché servono il signore dei demoni Orcus: lo storico dio romano degli inferi (altra plausibile provenienza etimologica della parola 'orco').

Gli orchi appaiono anche in The Elder Scrolls: Arena, titolo sviluppato nello stesso periodo di Warcraft: Orcs and Humans ma rilasciato l'anno seguente. Solo con l'arrivo di Morrowind, tuttavia, la razza degli Orsimer è stata resa giocabile. La loro descrizione è la seguente:

"Questi sofisticati popoli barbari delle montagne Wrothgarian e Dragontail sono noti per il loro incrollabile coraggio in guerra e la loro stoica resistenza di fronte alle difficoltà. I guerrieri orchi in armatura pesante sono tra le migliori truppe di prima linea dell'Impero. La maggior parte dei cittadini imperiali considera la società degli Orchi come rozza e crudele ma c'è molto da ammirare nelle loro feroci lealtà tribali, nella loro generosa uguaglianza di rango e nel loro rispetto tra i sessi."

Il concetto che gli Orchi siano accettati nella società solo dopo aver provato il proprio valore agli umani come combattenti di fanteria sarà approfondito in seguito.

In un suo articolo pubblicato su Vice, Rowan Kaiser descrive la campagna degli orchi di Warcraft 3 come una storia che tratta il tema del "conflitto tra il radicalismo e la moderazione, tra la vendetta e il perdono, tra la volontà di morire per la libertà e quella di vivere per combattere ancora un altro giorno. Thrall è una figura che ricorda da vicino il carattere della figura biblica di Mosé e quella reale di Martin Luther King". Kaiser muove una critica (condivisibile) alla mancanza di persone di colore nei prodotti Blizzard ma promuove la trama di Warcraft 3 come una delle più rappresentative della diversità all'interno dei videogiochi.

L'uscita di World of Warcraft, successivamente, ha permesso allo studio di espandere la storia di Warcraft 3 facendo affidamento sulla corruzione demoniaca per giustificare la posizione degli orchi come malvagi antagonisti. Molti altri giochi, però, hanno incluso i Pelleverde in ruoli di rilievo.

Of Orcs and Men di Cyanide Studio e i relativi spin-off della serie Styx, hanno orchi e goblin come protagonisti giocabili. Nell'universo immaginato da Cyanide, gli orchi e i goblin vengono perseguiti e schiavizzati dalle mire espansionistiche dell'impero umano. "Non è facile essere un Pelleverde in questo dannato continente", afferma la voce narrante durante l'introduzione. Una storia di schiavitù simile è presente anche in Divinity: Original Sin, al contrario del suo sequel in cui, invece, non appare alcun orco.

Of Orcs and Men.

Infine, arriviamo a Shadow of Mordor che, ancora una volta, ci mostra gli orchi immaginati da Tolkien, 12 anni dopo l'incubo di Thrall che ha portato all'unificazione del suo popolo.

In quanto amante degli orchi e dello storytelling procedurale, il Nemesis System è stata una delle mie meccaniche preferite dell'intera generazione. Si tratta di un'Intelligenza Artificiale che consente agli orchi di architettare i propri piani e la propria vendetta contro il giocatore anche dopo decine di ore di gioco. Gli orchi sono più che semplice carne da macello nell'open world di Monolith: sono il perno su cui ruota l'intero gioco!

Sono, a tutti gli effetti, le vere star dello show ma, allo stesso tempo, hanno un ruolo stranamente passivo nelle dinamiche narrative del gioco. Grazie al Nemesis System, gli orchi di Tolkien hanno assunto un ruolo di assoluta importanza che, contrariamente, sarebbe sfociato nei vecchi canoni a cui eravamo abituati. In un articolo pubblicato su Paste, Austin Walker ha osservato come la descrizione fatta da Celebrimbor degli orchi parli di "bestie vili e selvagge" quando, effettivamente, si trattava di "imperialismo travestito da cieca determinazione".

Il sequel, Shadow of War, ha fornito al protagonista la possibilità di controllare mentalmente gli abitanti orcheschi di Mordor. Secondo alcuni critici, il fatto che il gioco ricompensasse l'azione di spezzare lo spirito degli orchi come fossero "semplice bestiame o cavalli da corsa", lo rendeva sgradevole da giocare. Cameron Kunzelman ha pubblicato un articolo per Polygon in cui afferma che la svolta malvagia di Celebrimbor sia un tentativo di criticare la sua crudeltà verso gli orchi ma il fatto che questa meccanica ricompensi i giocatori per essere così crudeli verso di loro rende totalmente inefficace la critica.

"Che comprendiate il parallelismo tra la raffigurazione degli orchi e le razze del mondo reale o meno, la logica del razzismo nel mondo reale viene chiaramente citata nel modo in cui Celebrimbor giustifica l'asservimento di orchi e troll", afferma Kunzelman. "Li vede come mezze-persone nella migliore delle ipotesi e soprattutto li considera come una risorsa da sfruttare nella competizione con il suo nemico."

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All'inizio di questo articolo, ho suggerito che potremmo considerare gli orchi come la controcultura del genere fantasy. Esploratori perpetui, fraintesi dai regni altezzosi e autorevoli degli uomini. Qui, tuttavia, è dove le cose iniziano a complicarsi. Se gli orchi sono ritratti come malvagi, abominevoli o, nel caso di Tolkien, un'imitazione contorta e brutta di una razza bella e nobile... è così che dovremmo considerare gli estranei?

"Una sorta di mezzi-uomini che non sono degni nemmeno della più basilare considerazione morale come il diritto ad esistere" scrive l'autore sci-fi e fantasy N.K Jemisin in un post del 2013 dal titolo 'The Unbearable Baggage of Orcing' (L'Insostenibile Peso di Essere un Orco). "L'unico modo di relazionarsi con loro è ridurli in schiavitù o cancellarli dalla faccia della Terra. Uh. Tutto questo sembra familiare..."

Ho trovato questa citazione di N.K.Jemisin (assieme ad una disquisizione sul motivo per cui la storia degli orchi sia comparabile con il razzismo dell'impero britannico) in un saggio in due parti redatto dal game designer e consulente culturale James Mendez Hodes, chiamato Orcs, Britons, and the Martial Race Myth. Nell'articolo, Mendez Hodes fa risalire l'ispirazione di Tolkien per la creazione degli orchi fino a Attila, agli Unni e ai Mongoli, passando per il sinofobico 'Pericolo Giallo'. È un trattato davvero interessante e ricco di dettagli sul motivo per cui non dovremmo sottovalutare l'importanza della descrizione degli orchi fatta da Tolkien come "una versione degradata e ripugnante dei peggiori archetipi dei Mongoli (per gli europei)". Anche lo stesso aggettivo 'degradata' affonda le proprie radici in un concetto di razza dannoso e dissennato.

Persino l'idea stessa di una 'razza guerriera', dice Mendez Hodes, proviene dal concetto imperialista britannico delle 'Razze Marziali'. Quest'ultima è una classificazione ideata dal Raj britannico dopo la ribellione indiana del 1857, per identificare "caste" bellicose dalle quali reclutare un servizio per l'esercito coloniale. Le potenze coloniali britanniche consideravano alcuni popoli come:

"... forti, resistenti e selvaggi. Nati nella violenza in culture basate sul conflitto. Cresciuti per perseguire la carriera militare più di ogni altra cosa. Naturalmente inclini a lottare con i propri vicini o, qualora non ce ne fossero, a combattere tra loro stessi. Testardi e stupidi, a dispetto delle loro abilità marziali. Facili da controllare, soprattutto da persone più aggraziate e dal più alto quoziente intellettivo..."

Tutto questo potrebbe suonarvi familiare, se prestate la giusta attenzione...

"Ho scoperto gli orchi quando un amico mi ha mostrato Warcraft: Orcs & Humans nel 1996. Ero deluso che non assomigliassero alle illustrazioni de 'Il Signore degli Anelli' o Dungeons & Dragons", mi ha confidato Mendez Hodes via email.

"Quando Blizzard Entertainment ha annunciato Warcraft Adventures: Lord of the Clans, ero in fibrillazione. Una storia su un orco chiamato Thrall che si è liberato dalle catene dell'impero umano europeo e diventa capoguerra dell'Orda? Quella roba parlava direttamente al mio cuore! Mi è davvero dispiaciuto vederlo cancellato ma, allo stesso tempo, sono contento che Warcraft 3: Reign of Chaos abbia ripreso la storia di Thrall".

Mentre i primi due giochi hanno trattato gli orchi come dei semplici nemici da abbattere, Warcraft 3, secondo Mendez Hodes, ha avuto il merito di "rendere l'Orda più simile a delle persone vere con tanto di voci e culture specifiche".

Il loro design, sfortunatamente, era ancora radicato nell'antico concetto di razza marziale e selvaggia.

"Se provassi a elencare tutti gli stereotipi degli Indigeni, degli Asiatici e degli Africani presenti tra le unità e gli incantesimi dell'Orda (o quelli presenti nella serie di Diablo), staremmo qui tutta la notte. Per esempio, c'è molto dell'Orda nel personaggio più gentile e, probabilmente, più offensivo di Diablo: lo Sciamano interpretato da Carl Lumbly e Erica Luttrell.

"Il problema degli stereotipi positivi è che quando si è alla disperata ricerca di una rappresentazione positiva di qualsiasi genere, essi possono essere inebrianti..."

Mendez Hodes cita l'arco narrativo della redenzione di Grommash Malogrido in Warcraft 3 come la "prova inconfutabile che il male è una scelta e non un tratto razziale degli orchi. Ciò risuona con tutte le volte che mi sono sentito tentato di impersonare uno stereotipo per ottenere un vantaggio momentaneo in un mondo ostile".

Ho chiesto a Mendez Hodes se crede che i cambiamenti apportati da Warcraft 3 siano stati un passo nella giusta direzione, tutto sommato.

"Sono contento che Warcraft 3 sia uscito. Credo che fosse giunto il momento di superare l'antica descrizione degli orchi e permettere loro di perseguire i propri obiettivi".

Mendez Hodes ammette di aver imparato molto da Warcraft 3. La relazione tra il fantasy e la cultura popolare, ad esempio, o il modo in cui mantenere la dissonanza cognitiva necessaria per riconoscere che lo stesso lavoro può aiutare o danneggiare la sua causa e identità.

"Domani mattina mi farò una bella tazza di caffè e giocherò a Warcraft 3 Reforged. Sono sicuro che mi innamorerò di nuovo di Thrall e del mio bistrattato popolo preferito ancora una volta."

Alla fine del saggio di Mendez Hodes, l'uomo espone alcuni pensieri sulla riabilitazione della figura degli orchi umanizzandoli e personificandoli attraverso romanzi, giochi di ruolo e videogiochi, liberandoli, una volta per tutte, dagli antichi retaggi. Volevo finire quest'articolo con una nota positiva, quindi ho parlato con alcuni creatori che hanno fatto proprio questo.

Lo sviluppatore Bitter Berries descrive il suo Salting the Earth come un fantasy moderno ambientato in un mondo post-guerra civile che si concentra su tematiche importanti come l'amicizia, la maternità e i diritti della comunità LGBT+.

"Gli orchi vengono spesso disegnati come esseri brutti, muscolosi e patriarcali nei media mainstream", ci ha detto Bitter Berries tramite email.

"Allo stesso tempo, donne alte e muscolose vengono spesso relegate a ruoli minori o alla funzione di antagonista, forse a causa del loro aspetto così in netto contrasto con il concetto popolare di femminilità."

L'universo di Salting the Earth è popolato dagli Orogans (termine mutuato dagli 'Orog' apparsi in Forgotten Realm).

"Il progetto tenta di sovvertire i cliché più comuni, dando a donne fisicamente dominanti delle personalità più complesse ed una più ampia varietà di ruoli. Stiamo cercando di renderle 'sexy'."

"Invece del primitivismo, la cultura degli orchi nel gioco è stata ispirata dalla cultura del sud-est asiatico. Nonostante il razzismo non sia il tema principale, inoltre, c'è una gerarchia all'interno degli orchi nel gioco basata sul colore della loro pelle."

Salting the Earth.

Tusks è una visual novel in cui il giocatore si unisce ad una band di strambi orchi in un festival e decide di viaggiare insieme a loro in quella che il creatore, Mitch Alexander, descrive come 'una Scozia semi-mitologica'.

"Gran parte delle idee che vengono esplorate nel gioco in relazione alla vita degli orchi (la loro comunità, la loro storia, le famiglie, la sessualità, il potere, lo stato sociale) sono importanti per le persone Queer e provengono dalle mie esperienze dirette in quanto persona Queer."

Alexander ha concepito Tusks mentre giocava a Skyrim nei panni di un Orsimer che, dal suo punto di vista, stava tentando di unire tutti gli Orsimer del continente in modo da costruire una 'fortezza di orchi Queer'.

Alexander voleva anche riflettere la sua nazione natale, all'interno del gioco.

"Gli orchi rappresentano un ottimo sostituto di cose come il folklore e il mito di fate, selkie, folletti ed elfi in Scozia, come se queste creature potessero essere in qualche modo sinonime o correlate agli orchi di Tusks."

Tusks.

Quando stava scrivendo il background dei propri orchi, Alexander non si è limitato a descrivere la razza ma ha anche tenuto in considerazione la sessualità dei propri personaggi.

"Ci sono molte cose da tenere in considerazione se si desidera ridurre la quantità di stereotipi dannosi impiegati nella rappresentazione di orchi. Essi sono spesso descritti o raffigurati in modi razzisti, imperialisti o essenzialisti che sembrano scritti da qualcuno proveniente direttamente dal diciannovesimo secolo. Ci sono poche raffigurazioni di donne orche nei media e, quando ci sono, sono donne umane convenzionalmente attraenti ma con la pelle verde."

Tusks, dice Alexander, è stata per lui un'opportunità di esplorare tematiche come la famiglia acquisita, la comunità, le relazioni poliamorose, la sessualità e le dinamiche legate al potere ma è anche stato un modo di sovvertire la concezione popolare degli orchi.

"Se siamo davvero appassionati di costruzione di mondi fantastici e abbiamo qualcosa di interessante da dire nei nostri media, è sbagliato pensare che il modo in cui dipingiamo i non-umani non abbia importanza o non valga la pena di essere esplorato."

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Nic Reuben

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