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Mable & The Wood - recensione

Il crepuscolo di un regno fiabesco

Mable & The Wood è un platform 2D con elementi metroidvania, disponibile su PC e in arrivo su Nintendo Switch e Xbox One. È il progetto di Andrew Stewart, un game designer che si è fatto in tre per dar vita a un delizioso viaggio fiabesco, occupandosi anche della pixel art e della programmazione. Non a caso il nome del suo one-man team è Triplevision Games, in questo caso supportato dalla colonna sonora composta dal duo Fat Bard e dal publisher Graffiti Games.

Il gioco nasce in occasione del Ludum Dare game jam del 2015, ritrovo per la community indie che quest'anno, nella sua nona edizione, avrà luogo dal 24 al 27 agosto. Il tema, all'epoca, era la costruzione di un videogioco incentrato sull'utilizzo di un'arma atipica: 26° su 2861 contendenti, Mable si è aggiudicato l'attenzione di una fetta di appassionati, riuscendo a ottenere in seguito qualche modestissimo fondo grazie a un Kickstarter. Insomma, siamo in pieno ambiente indie: i sobborghi creativi dell'industry.

La trasformazione in fata permette di librarsi in aria, per poi richiamare la spada. L'indicatore giallo indica la durata della capacità di volo.

Ciò, nel caso specifico, significa che siamo anche di fronte a uno di quei prodotti fatti con cuore, se non proprio con gusto, ma che si scontrano con i limiti dovuti a mancanza di fondi e d'esperienza. Andiamo con ordine. Mable è una ragazza resuscitata da un culto; risvegliatasi, dovrà fuoriuscire da una foresta mistica, colma di lucciole e ricca di vegetazione, per poi seguire le guardie reali del vicino villaggio in un lungo pellegrinaggio, in cerca di un posto al sicuro dai mostri. Accolta come la Portatrice dell'Alba, sarà chiamata a combattere una belva misteriosa, mentre il re rinchiusosi nel castello non vuole affrontare i propri doveri da regnante e ha lasciato il proprio reame in balia degli eventi.

Un incipit pieno d'atmosfera, in un mondo sì fantastico, eppure sul finire di un'epoca e moribondo, sostenuto da una colonna sonora e da una grafica che insieme formano una combinazione delicata. I dialoghi, a volte sopra le righe e comici, tradotti tra l'altro in italiano (pur con qualche errore), ci conducono in un mondo dalla backstory semplice ma evocativa. Un mondo fatto di rovine abbandonate, acquitrini, cavalieri e maghi del sottosuolo. Non mancano NPC con cui è possibile comunicare, mercanti che vendono pozioni curative e qualche scrigno segreto ad arricchire il viaggio della protagonista dai capelli rossi.

Mable si muove trascinando con sé una spada molto pesante, che la impaccia non poco nei movimenti. Dovrà dunque ricorrere ai suoi poteri mutaforma per superare gli ostacoli e aumentare il passo. L'arma atipica di cui si parlava, dunque, è una spada utilizzata in modo creativo: Mable - per cominciare - può trasformarsi in fata, così da volare più rapidamente nel punto designato e poi - con un comando - attirare a sé l'arma per ripetere il processo, colpendo intanto nemici frapposti nella traiettoria tra personaggio e lama.

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Quest'espediente di gioco permette interessanti combinazioni di platforming, visto che l'arma fa da perno e zavorra. Conficcandola su un interruttore, per esempio, lo si potrà tenere attivo mentre si supera un terribile burrone spinato. La manovra è però limitata da una barra d'energia: dunque scegliere dei punti errati può rivelarsi fatale nel caso in cui la nostra capacità di volo si esaurisca durante una planata su una pozza di lava.

A questo potere di base si aggiungono altre meccaniche di trasformazione, rubate dai boss man mano che li si sconfigge. La Forma Ragno permette di lanciare la spada come un'arma da lancio, grazie alla spinta della ragnatela, per poi adoperarla come rampino. Altre forme permettono Dash e salti più lunghi, di fermare il tempo o proteggersi dal danno, seguendo tipologie di traiettorie differenti.

Purtroppo, al di là dell'high concept e dell'inventiva dietro, inoltrandosi nel gioco appaiono problemi di varia natura e gravità. Innanzitutto una quantità di bug eccessiva: chiavi che non vengono conteggiate in inventario; poteri che causano clipping contro le pareti; oggetti vitali (come ascensori) che scompaiono e riappaiono a seconda del punto d'accesso adoperato (segno di una connessione tra le zone a volte carente a livello di programmazione); cutscenes costruite senza adeguati tempi d'attesa, che di conseguenza risultano molto sporche e improvvise. Nulla che non possa essere sistemato da patch correttive (alcuni già in arrivo), ma di cui dobbiamo tener conto alla luce del prodotto provato.

Alcune aree hanno uno stile grafico davvero ispirato.

Mable & The Wood ufficialmente è un metroidvania. Nonostante ciò, riteniamo che sia più opportuno parlare di un platform non lineare, in quanto mancano alcuni dei presupposti del genere di riferimento. A ciò è connesso uno dei problemi più gravi del gioco, complici anche i salvataggi automatici: i soft lock, in caso di backtracking, sono frequenti (ne abbiamo incontrati due) e costringono a ricominciare una partita da zero. Un metroidvania fa dell'esplorazione totale il suo cavallo di battaglia, ma in questo caso i poteri non servono quasi mai per rivisitare vecchie zone; se si aggira la route pensata in fase di design si rischia di finire in fastidiosi loop che conducono al riavvio forzato (un caso d'esempio particolarmente vistoso, quello legato al pozzo di uno dei villaggi).

I power up servono dunque a fronteggiare le nuove sezioni, nelle quali, una volta giunti, si perdono le chiavi della precedente fase di gioco. Il mondo non è interconnesso al punto da poter essere esplorato e riesplorato: i bivii e le diramazioni segrete, salvo qualche eccezione, conducono "sempre avanti", in aree identificabili come veri e propri livelli. Il disegno di una mappa permette intanto di orientarsi in quelle sezioni leggermente intricate. Se vogliamo chiamarlo metroidvania, è forse più vicino alla formula di un Guacamelee, che però permetteva in ogni caso del backtracking sostanzioso e di tenere d'occhio l'intero mondo di gioco grazie a una mappatura dinamica.

Ovviamente, quest'impostazione non la si intende come un difetto in sé, se non causasse appunto le suddette problematiche tecniche. Si aggiunge inoltre qualche elemento di game design poco convincente, come la presenza di monete quasi inutili a livello economico (utili invece per identificare i percorsi da seguire). La sparutissima presenza di mercanti di pozioni rigeneranti, in combinazione con un profluvio di punti di checkpoint che al contempo servono a ripristinare appieno l'energia, rendono questa risorsa un controsenso parecchio evidente. In genere, anche per come sono gestiti ostacoli e piattaforme, distribuzione dei nemici e sfide per adoperare i poteri acquisiti (o meno), siamo di fronte a un level design basico e alle volte ripetitivo.

Il mondo è disseminato di NPC molto chiacchieroni, con diversi dialoghi secondari.

Tornando alle note positive, grazie ai percorsi alternativi è possibile superare i livelli senza sconfiggere i boss. Con una Pacifist Run ispirata principalmente ad Undertale si ha un'altra percezione delle vicende di gioco e ciò permette di imbattersi in diversi finali. Il gioco è infatti sì rapido, circa cinque ore, ma vanta di un certo grado di rigiocabilità. Insieme alla presenza di qualche boss opzionale questo è indubbiamente un fattore che arricchisce Mable & The Wood.

In sintesi: OST e atmosfera, grafica, originalità delle meccaniche e rigiocabilità, salvano Mable dai segni di fatica di una programmazione solitaria e di un game design a tratti immaturo, che purtroppo danneggiano l'esperienza complessiva. Molto il potenziale inespresso. Maggiori controlli (o forse pazienza) da parte di Triplevision e Graffiti Games avrebbero potuto far sì che all'ottimo comparto grafico corrispondesse anche un gameplay più solido e rifinito.

6 / 10

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A proposito dell'autore
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Antonino Fiore

Contributor

Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.
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